venerdì 13 ottobre 2017
Ellen Silva arriva al complesso Waterford con la macchina che Rose ha mandato a prenderla. Non è entusiasta del programma della serata, ma riconosce la necessità di interessarsi, almeno saltuariamente, alle alle attività astruse della sua compagna. Sale al decimo piano e raggiunge la sala dove si tiene il combattimento tra nanobot: una grande stanza organizzata come un teatro anatomico con degli spalti che degradano verso una zona centrale più bassa. La sala e già piena di gente, per la maggior parte studenti vestiti con i colori della due università, e al centro c'è un tavolo con due consolle; ai lati di questo sono schierate le squadre. Ellen vede Rose con un camice bianco in mezzo ai suoi studenti: sta armeggiando con una delle consolle e, anche se le sue parole non sono udibili, sicuramente imprecando. Al centro del tavolo Ellen distingue anche un contenitore che sembra pieno di liquido, sovrastato da un microscopio elettronico: tre maxischermi sono pronti per riproiettare quello che mette a fuoco.
Sospirando la giornalista siede su una delle poltroncine libere, poi, immersa nel brusio delle chiacchiere eccitate dei presenti, chiama con un gesto della mano un venditore di bibite che gironzola per gli spalti e compra una bevanda energetica a base di caffeina ed anfetamina per mantenersi sveglia. Un noiosissimo quarto d'ora dopo un tizio in camice bianco al centro della sala afferra il microfono, presenta le due squadre ed annuncia l'inizio del combattimento. Le tifoserie urlano slogan e i maxischermi si accendono proiettando quelle che sembrano due sfere grigiastre e traslucide in un granuloso campo verde. D'improvviso, mentre le due squadre digitano furiosamente sulle consolle, una delle due palline comincia a contorcersi inglobando granuli, e poi muta forma estromettendo dei filamenti che sembrano le zampe di un ragno. I filamenti crescono rapidamente di numero e dimensioni ed infine vengono scagliati contro l'altra sfera che reagisce prontamente assemblando i granuli attorno a sé a creare uno scudo protettivo. Tutti i presenti esplodono in urla di meraviglia tranne Ellen che sorseggia la sua bevanda senza nemmeno cercare di capire cosa stia succedendo, anche se deve ammettere che l'energia che riempie la stanza è contagiosa.
Nella mezz'ora che segue i due nanobot costruiscono armi assemblando gli atomi intorno a loro e le usano per picchiarsi di santa ragione: dai commenti eccitati che coglie intorno a sé, la giornalista capisce che l'esito del combattimento è molto incerto finché, d'improvviso, la sferetta della squadra di Rose comincia a dividersi in due, e poi in quattro fino a formare un piccolo esercito che circonda l'avversario. Il pubblico è in visibilio ed Ellen stessa comincia a sentirsi piuttosto presa dallo spettacolo, ma – complice la bibita è ha bevuto – è costretta ad alzarsi e guadagnare l'uscita in cerca di un bagno.
Mentre si lava le mani nell'elegante e deserto bagno delle donne al decimo piano, studiando con occhio critico la sua faccia riflessa nello specchio – forse in quella bevanda c'erano un po' troppe anfetamine – Ellen sente dei colpi sordi provenire dal muro davanti a sé. Esce dalla stanza e, passando davanti al bagno degli uomini, si ferma ad ascoltare. Sente una voce minacciosa chiedere:
“Allora, dove cazzo è?”
“Vi giuro che non ne so nulla, avete preso la persona sbagliata..” risponde un'altra voce, implorando. Seguono il rumore di un pugno, ed un gemito soffocato.
“Sappiamo che ce l'hai tu e che non hai ancora effettuato lo scambio. Dove l'hai messa?”
Ellen sbircia dalla porta socchiusa, premurandosi di riprendere quello che vede: c'è un uomo sulla quarantina con la faccia insanguinata, piuttosto magro e pallido, addossato contro la parete di piastrelle blu con sguardo terrorizzato. Lo circondano quattro tizi in completo scuro. Uno di loro ripete, intimidatorio:
“Dicci dov'è oppure per te finisce male”
“Giuro che non so nulla di quella valigetta”
“Tu sai di essere un idiota morto, vero?”
L'uomo contro il muro spalanca gli occhi ed alza le mani – segue il colpo di una pistola silenziata – poi cade a terra, mentre una macchia di sangue si allarga intorno al buco che ha in fronte. Ellen trattiene un grido mordendosi le labbra.
“Sei proprio un coglione” sta dicendo a bocca stretta uno degli uomini in completo scuro al suo collega che ha sparato “Come facciamo adesso? Non abbiamo tempo di ripulire questa merda”
“Dovevamo levarcelo di torno, o no?” risponde l'altro rinfoderando la pistola, senza degnare il cadavere di un'occhiata.
“E sparargli in testa ti è sembrata una buona idea… Lavori proprio come Killex”
“Lo prendo come un complimento”
“Beh, non lo era: lo sai che fine ha fatto…”
Considerando chiusa la discussione, l'uomo che ha parlato per primo si volta in direzione della porta per uscire e gli altri lo seguono. Ellen si infila velocemente nel bagno delle donne ed ascolta i loro passi allontanarsi, poi torna indietro e si accovaccia accanto al cadavere per cercare il suo portafogli. Viene distratta dal rumore della porta che si apre e da un urlo: un uomo di mezza età la guarda portandosi le mani alla bocca, poi fugge dal bagno terrorizzato.
Seduta al tavolino di ghiaccio, immersa nella musica martellante del locale, Sonja mescola per un attimo il suo drink poi rivolge a Rosenbringer un'occhiata complice, prende la valigetta nera e la apre. Sempre sorridendo comincia a tirarne fuori il contenuto disponendolo davanti a sé: ci sono un faldone di plasticarta, una pen drive, una pistola semiautomatica, un meccanismo per clonare carte ed un altro aggeggio di il dottore non conosce la funzione.
“Dovresti rimettere via questa roba” le consiglia lui, un po' allarmato.
Sonja finge di non averlo sentito e si dedica a studiare i fogli, mentre Rosenbriger si affretta a far sparire la pistola. Dopo un po', delusa, lei gli passa il faldone, mormorando:
“Non capisco cosa sia”
Il primo foglio ha stampata una foto ripresa con un teleobiettivo: si vede un uomo di tre quarti. Ha circa quarant'anni, capelli e barba scuri e spessi occhiali da vista sugli occhi assenti; indossa una giacca marrone di buon taglio su una camicia azzurro chiaro, ed una cravatta discreta. Seguono altre foto dello stesso uomo ripreso da diverse angolazioni, poi ci sono delle immagini riprese da telecamere stradali. Nella sequenza si vede una vettura centrata da un camion, poi, da un furgone bianco fermo davanti all'automobile, una sagoma scura spara con un fucile a pompa. Dal furgone scende un uomo, incredibilmente alto e grosso, che afferra il conducente dell'auto e lo carica sul furgone. Il furgone sgomma via. Le immagini recano una data stampigliata in verde sul fondo e si riferiscono ad una notte di sei mesi prima. Rosenbringer guarda a lungo la sequenza delle fotografie, e più le guarda più si rende conto che l'uomo con il fucile a pompa assomiglia a Killex, mentre quello che è sceso a caricare il conducente dell'auto nel furgone è uguale a Fisk. Dai fogli che il dottore tiene in mano cade un biglietto da visita e Rosenbringer si china a raccoglierlo sul pavimento azzurro del locale: ci sono solo un email con un dominio estero ed un numero di telefono.
“Allora, non vieni a ballare?”
Alzando gli occhi il dottore incontra lo sguardo sorridente della sua amante che si sporge attraverso il tavolino prendendogli la mano. Evidentemente si è già disinteressata del contenuto della valigetta.
“Tesoro, sei meravigliosa” risponde frugando nel portafogli ed allungandole una banconota da cinquanta “Perchè intanto non vai a prendere qualcos'altro da bere, così per scaldarci?”
Seduto su un divanetto a bordo piscina, Mark guarda con aria torva Penny sulla pista, in mezzo a uomini e donne che ondeggiano a ritmo di musica. Della mezza dozzina di corteggiatori che la circondavano ne sono rimasti solo due che però sembrano avere successo: uno – un tizio abbronzato e muscoloso che indossa una camicia fluorescente troppo stretta – le tiene già un braccio intorno alla vita, mentre il suo amico con i pantaloni di pelle ed un naso palesemente rifatto è andato al bar a prenderle un altro martini. Dev'essere il quarto. Lei ride con disinvoltura, sembra quasi di sentirla. Killex ha visto questo tipo di scena un sacco di volte e non ha bisogno di immaginarsi come andrà a finire. Strano. Di solito guardare Penny che si dà da fare con gli altri lo infastidisce e lo diverte insieme: in qualche modo confuso sente che lei rimane sua – sua soltanto. Ma da un po' di tempo a questa parte non si diverte più, è incazzato e basta. Incazzato da morire. Circa da quando Penny ha iniziato a frequentare Ragnarsson. Ragnarsson. Questa serata di merda è tutta colpa sua. Un pensiero gli attraversa il cervello, e brucia. Chissà se Penny si comporterebbe allo stesso modo se fosse uscita con lui, anziché con me – che sono solo la sua guardia del corpo.
Furibondo Mark si alza dal divanetto, attraversa la sala a passi pesanti e raggiunge il suo capo che sta ballando, assediata dai due imbecilli che sperano di portarsela a letto. La afferra per un braccio e la trascina via, fino al bagno del locale.
“Ma cosa stai facendo?” balbetta Penny stupita, incespicando sui tacchi. Ha le guance arrossate e gli occhi lucidi.
Killex la spinge contro la parete a specchio davanti ai lavandini tenendola per la nuca, poi le alza la gonna sui fianchi.
"Sei solo una sgualdrina" le mormora contro il collo.
Mentre Sonja ordina da bere, Rosenbringer chiama Penny. Il telefono suona a lungo e, quando lei risponde, si sente in sottofondo una forte musica da discoteca:
“Mi dica, dottore” La ragazza ha la voce impastata e cantilenante
“La nostra piccola vacanza finisce adesso”
“Cosa è successo?”
“Ho una cosa che lei deve assolutamente vedere”
“Va bene. Dove posso incontrarla?”
“Ci troveremo in ufficio il prima possibile”
1 commenti:
Certo che in questo gruppo non ci sia annoia mai!
Da quel che leggo li hai proprio inguaiati per bene Andrea! ;)
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