venerdì 29 aprile 2016
I sistemi di criogenizzazione si spengono a 150.000 chilometri dalla superficie di Marte. Sotto gli occhi appannati degli occupanti della navetta, la visone del Pianeta Rosso è un meraviglioso spettacolo alieno; tutti si accalcano davanti al parabrezza, senza fiato.
La radio gracchia improvvisamente: "Qui è la stazione orbitale Prometheus, state violando il nostro spazio aereo. Prego identificarvi. Qui è la stazione orbitale Prometheus, stat..."
Dur afferra il comunicatore: "Qui è la navetta Bravo Charlie 143 della Planet Express, proveniente dalla Terra".
"Sopravvissuti, vi ordiniamo di invertire la rotta immediatamente! Non siete i benvenuti, ripeto: non siete i benvenuti".
Tra gli sguardi smarriti dei compagni il tecnico risponde: "Stiamo finendo il carburante. Fateci fare rifornimento ed invertiremo la rotta".
"Permesso negato. Per i rifornimenti rivolgetevi al canale 72. Se non uscirete dal nostro spazio aereo il prima possibile, verrete abbattuti. Chiudo".
"E adesso cosa facciamo?" domanda Penny.
"Chiamiamo il canale 72" risponde Dur sintonizzando la radio. "Qualcuno mi riceve? Qui è la navetta Bravo Charlie 143 della Planet Express, proveniente dalla Terra".
"Qui è la città di Elysium, buongiorno, come posso aiutarvi?" risponde una melodiosa voce femminile.
"Possiamo avere le coordinate per attraccare?"
"Mi dispiace Bravo Charlie 143, il vostro arrivo non è stato programmato".
"Ehm, deve esserci sicuramente uno sbaglio".
Una breve pausa poi la voce riprende: "Nessuno sbaglio. Tra l'altro mi risulta che la Planet Epress sia una compagnia della Terra... non sarete mica dei Sopravvissuti? Va bene. La procedura di attracco prevede uno stretto controllo biomedico, ma vi do comunque le coordinate per atterrare, state interferendo con il nostro traffico aereo".
La navetta si posa su una baia di carico a circa dieci chilometri dalla cupola della città di Elysium, su di una piana brulla, coperta di sabbia e roccia. Il vento gelido carico di ammoniaca spazza la superficie del pianeta e fischia violento sulle paratie.
Un mezzo pressurizzato a sei ruote, con a bordo 12 uomini, si ferma ad una ventina di metri: il guidatore gesticola a formare un numero con le dita tese.
"Qui navetta Bravo Charlie 143 della Planet Express, mi ricevete?" sospira nuovamente Dur armeggiando con la radio.
"Roger. Disattivate tutti i sistemi d'arma e preparatevi ad aprire il portellone".
"Il tempo di mettere le tute, ma non abbiamo bombole di ossigeno a bordo..."
"Idioti! E come pensavate di uscire da quel catorcio di navetta? Io odio i Sopravvissuti! Va bene, ve le forniremo noi. Prima però dobbiamo prelevarvi un campione di DNA. I nostri saliranno a bordo".
Tre uomini armati, imponenti nelle tute pressurizzate, entrano nel piccolo vascello. Il primo si toglie il casco, rivelando un viso pallido con una profonda cicatrice che lo solca diagonalmente. "Sono il maggiore Lagen. Benvenuti su Elysium, libera città di Marte" recita con voce piatta. "Per prima cosa dobbiamo prelevarvi dei campioni di DNA. Procedi, Jake".
Un secondo uomo si fa avanti per strisciare dei tamponi di cotone idrofilo all'interno delle guance degli occupanti della navetta, poi li inserisce un dispositivo portatile: una luce verde lampeggia.
"Vedo che siete sani. Ottimo. Adesso la parte divertente!"
Jake si fa avanti con in mano una specie di pistola, la cui canna termina in un lungo ago.
"Ehi! Che cazzo stai facendo?" ringhia Fisk quando il medico gli si avvicina, puntandogli il congegno alla nuca. Un dolore acutissimo lo fa crollare a Terra: vorrebbe urlare, ma gli manca il fiato.
Proprio mentre, terrorizzato, si convince di essere ad un passo dalla morte, il dolore comincia ad attenuarsi: lentamente il cuore riduce i battiti e la cortina nera che gli riempe gli occhi si dissipa. Fisk si alza faticosamente in piedi; i suoi compagni, preoccupati ed impotenti, fanno cerchio intorno a lui.
"Tutto bene Fisk?" chiede Mark, posandogli una mano sulla spalla.
"Starò meglio dopo aver strappato le braccia a quello stronzo!" risponde Fisk, ma dimentica subito il suo proposito accorgendosi di una piccola icona a forma di cuore al margine superiore destro del suo campo visivo. Infastidito agita le mani davanti agli occhi: l'icona, selezionata, si ingrandisce ed il solitario vede, attraverso il viso di Mark che lo guarda interdetto, una tabella con i suoi parametri vitali: altezza, peso, battito cardiaco, pressione sanguigna, frequenza respiratoria.
"Dovete farla anche a noi quella cosa?" domanda Penny spaventata.
"Sì, se volete rimanere ad Elysium. E' l'impianto per l'iper-realtà" risponde il maggiore Lagen.
"Ma noi abbiamo già gli innesti per la connessione alla rete..." spiega Penny e scosta i capelli mostrando la nuca.
"Quella roba è obsoleta: vi consiglio di farvela rimuovere da un buon chirurgo".
"Ehm, solo un momento allora. Innanzitutto: perché ci chiamate Sopravvissuti? Cos'è successo alla Terra? Abbiamo viaggiato per ventiquattro mesi senza comunicare con nessuno".
Il maggiore Lagen estrae una razione di cibo dalla tasca della sua tuta. "Vedete? Questa era la Terra quando voi siete partiti" spiega, poi lascia cadere la confezione e la calpesta. "E questa è la Terra oggi".
"E com'è successo?"
"Ci sono diverse ipotesi, ma non sarò io ad illustrarvele. Adesso avanti il prossimo!"
lunedì 25 aprile 2016
005 - il lungo addio
Seguono cinque settimane di lavoro, lavoro e ancora lavoro. Accampati in un piccolo hangar al confine sud est della cupola, tutti si sfiancano per riadattare la navetta, riempiendosi di caffè e cocaina. Mentre Dur, Mendoza e Mark lavorano sul velivolo, Fisk e Penny girano per la città in cerca di pezzi di ricambio. Ogni giorno portano guaine, cavi, attrezzi, ma soprattutto brutte notizie: i sistemi di pagamento sono offline, i negozianti accettano solo pagamenti in oro, le camionette blindate della OCP intimano ai cittadini di barricarsi in casa, la sede della NNY Bank è stata assaltata e di essa ormai non rimangono che macerie fumanti. I semafori nelle strade, il condizionamento termico, le serre idroponiche hanno smesso di funzionare. Tutto ha smesso di funzionare. La temperatura nella città scende sotto zero. Gli impiegati rimasti si sono trincerati nella sede centrale della Infocorp e sparano a chiunque si avvicini al grattacielo; lo sprawl rigurgita caos e violenza tra le strade di Nuova New York senza che la OCP riesca ad arginare il problema. Nell'East Side di Manhattan è un unico susseguirsi di rapine, saccheggi e omicidi.
Preoccupati da un possibile attacco, Dur e Mendoza montano il cannoncino dello Stryker sulla navetta, mentre Mark e Fisk si alternano nei continui turni di guardia. Penny sente acutamente la mancanza del suo parrucchiere.
Infine una gelida mattina, poco prima dell'alba, la navetta si alza in volo sopra la città sconvolta dalla violenza: dagli oblò si distinguono due eserciti che si scontrano su una grande breccia della cupola. Un'orda di booster ciberpsicotici è riuscita a penetrare a Nuova New York e la sta conquistando metro su metro, morto su morto. Mentre la navetta si allontana dall'hangar, dei colpi di armi pensanti le sibilano intorno: Dur riesce a rispondere al fuoco abbattendo un cannoncino, ma improvvisamente un urto violento manda il velivolo fuori rotta. Kolev bestemmia tentando di riprendere il controllo.
"Meglio portare via il culo, il più in fretta possibile!" urla, zigzagando tra le esplosioni in direzione dell'apertura.
L'impianto criogenico, programmato per disattivarsi ogni settimana di viaggio, sveglia Dur per permettergli di fare i controlli di routine. Il tecnico apre gli occhi lentamente, le membra irrigidite e formicolanti. Sotto la cupola di metallo della navetta, nel ronzio dei sistemi automatici di pilotaggio, i suoi compagni dormono composti nelle loro bare d'acciaio. Fuori dall'oblò, a poppa, la Terra scintilla lontana, verdazzurra ed apparentemente intatta.
Dur si alza sospirando, si sgranchisce e comincia a prepararsi un caffè. Siede poi al posto di comando, sorseggia grato la bevanda ed osserva lo spazio vuoto dal parabrezza.
Dopo una decina di minuti passa a controllare i sistemi di navigazione, poi verifica i letti criogenici. Fisk, la barba scintillante di brina, giace immobile, il suo stato corporeo riassunto su di un piccolo monitor.
Giorno 315 post lancio, anno duemilasettantaequalcosa.
Per la quarantacinquesima volta la procedura di risveglio dalla criostasi - a me piace definirla "funzione defrost a 160 Watt" - ha funzionato correttamente, per cui per un'altra settimana non siamo destinati ad un'orribile morte nelle profondità dello spazio.
Ormai il mio corpo si è abituato ad essere scongelato ogni sette giorni; ho avuto solo un paio di conati, le mie dita si flettono alla perfezione e l'uccello mi tira come al solito.
Tutto bene, insomma.
Forse dipende dal fatto che ho smesso di mangiare i fagioli in scatola di Fisk. Sono meglio delle razioni militari di Killex e non posso nutrirmi con le pillole di Penny. E non ho la minima intenzione di toccare i ramen di Sagara! Mi sa che dovrò pensare ad una scusa per tranquillizzare Fisk; quando si sveglierà e non troverà più metà delle sue scorte private, quello psicopatico potrebbe dare in escandescenze. E questo vuol dire solo una cosa: mi strapperà le braccia e me le infilerà in gola. Una fine ingloriosa per lo stronzo che li sta conducendo sani e salvi su Marte!
Ho controllato le calibrazioni dei sistemi di guida automatici e sembra tutto ok, anche la diagnosi dei sensori esterni non ha rilevato nessuna anomalia. Meglio così, non avevo la minima voglia di farmi una passeggiata nello spazio.
Mi chiedo perché cazzo continuo a scrivere su questo olo-diario... ogni registrazione è uguale alla precedente! Beh, tranne quella in cui ho scoperto che la centralina del tubo criogenico di Killex era andata in palla e stava per friggerlo. Fortunato bastardo! Se non me ne fossi accorto in tempo, la settimana prossima avrei avuto una nuova voce sul mio variegato menu: solitario in crosta. Ora mi deve almeno una cassa di birra.
Dur si sgranchisce la schiena, poi riprende a digitare.
Mi sto annoiando. Tanto. Lo spettacolo all'esterno è sempre lo stesso, stelle e stelle su fondo nero. Marte non è ancora in vista. Penso che mi dedicherò un po' ai "documenti" che ho recuperato dagli harddisk di Sagara, poi tornerò in criostasi.
venerdì 22 aprile 2016
004 - caos e nostalgia
Il palazzo InfoCorp è in preda al caos: i pochi impiegati rimasti, ignorando la gravità della situazione, si aggirano per le stanze senza sapere che fare. I dirigenti introvabili e la mancanza di connessione li rendono inquieti e desolati come cani senza padrone; la segretaria Mary tenta inutilmente di controllare la posta del mattino, mentre nell'ufficio stampa gli addetti alle pubblicazioni, dopo aver rinunciato ai loro compiti, ammazzano il tempo con una partita a strip poker.
Al trentunesimo piano Mark, ancora incredulo, infila i suoi fucili preferiti in un borsone da viaggio. Questo sì che si chiama far carriera pensa stralunato, vent'anni di onorato servizio e poi finisco a fuggire in fretta e furia dalla Terra come un profugo di guerra. Salvato dalla piccola Janine. Non so nemmeno cosa portare: probabilmente i miei soldi non varranno un cazzo, su Marte. E poi cosa metto nella valigia? Il vestito buono e tre paia di calzini?
Improvvisamente si accorge che sentirà la mancanza di Nuova New York: le lunghe serate fumose al Solitaire con Fisk, la corona e le partite a biliardo e il vecchio maxischermo che trasmette le partite di rollerball. E gli appostamenti nella sua mustang, nel freddo della notte, aspettando qualche malvivente prezzolato per poterlo prendere a pugni prima di consegnarlo alla OCP. E il grande letto rotondo di Penny, odoroso di fiori sì, che non si sa mai se sia lei a profumare o le lenzuola. Mi mancherà persino quel figlio di puttana di Cheng, quel russo bastardo e il suo locale del cazzo dove il martedì sera si traffica carne fresca, ed armi il mercoledì. Mi mancherà cucinare chili la domenica pomeriggio, prendendo per il culo Sagara e la sua puzza di Ramen. Mi mancherà la mia vita qui. È davvero il caso di partire, sull'onda dell'allarmismo, per un attacco informatico? Ma cosa mi racconto? Non rimarrà nulla da rimpiangere. La Terra è fottuta, lo sappiamo tutti. È solo che non vogliamo ammetterlo.
Alle 14.30, al piano terra, si presenta un uomo di mezz'età, assolutamente anonimo, mingherlino e pallido: "Io sono Kolev" dice tendendo la mano a Dur che è sceso con Mark, Fisk e Penny ad aspettarlo. "Siete voi il mio contatto?"
"Siamo noi. Quanto ci costerà andare su Marte?"
"Non ho bisogno di soldi. Janine mi ha parlato di un tecnico. Mi serve un tecnico: io me la cavo come pilota, ma di impianti non capisco nulla. Chi di voi è il mio uomo?"
"Sono io, ma loro partono con me" risponde Dur indicando gli altri. "Ci servirà qualcuno che ci guardi il culo quando arriveremo su Marte".
"Loro sono ok, ma la ragazza?" chiede Kolev guardando Penny, le sue unghie lunghe ed i vestiti provocanti.
"Lei è il mio apprendista" taglia corto Dur. "Vediamo questa navetta".
L'uomo porge un tablet e Dur analizza rapidamente le specifiche della piccola nave da guerra, riadattata per il viaggio interplanetario: ci sono sei letti criogenici, una sala comandi ed una piccola cucina. I sistemi di pressurizzazione vanno però aggiustati e ci sono molte altre migliorie da fare.
"Ci vorranno un paio di mesi di lavoro per renderla efficiente" commenta Dur. "Se vuole abbiamo un altro tecnico che può aiutarci, ovviamente in cambio di un passaggio".
martedì 19 aprile 2016
003 - fatemi le vostre condoglianze
Nel garage sotterraneo, umido e semideserto, Mendoza si pulisce le mani su uno straccio lurido, seduto accanto ad una lattina di birra aperta. Vedendo arrivare il gruppo sorride del suo sorriso rotto, incorniciato dalla barba disordinata.
"Mendoza!" esclama Killex rispondendo al sorriso di benvenuto.
"Hola! Que pasa?"
"Hai avuto ordine di preparare molte macchine oggi?"
"Como al solito, senor".
"E gli autisti dei dirigenti? Sono usciti?"
"Securo. Todas las auto tranne la vostra".
Bene pensa Mark infilandosi nello Stryker al posto di guida, avevo ragione. Nello specchietto retrovisore, dietro gli ottiscudi, i suoi occhi sono stretti da un cattivo presentimento: "Fisk, tu ti siedi in torretta: sarà una lunga giornata" esclama avviando il motore.
Il vecchio Stryker si avvia stridendo su per la rampa e poi fuori nelle strade, in direzione est. L'hangar si trova in una zona industriale semi-abbandonata: nei dintorni c'è solo la sede di una piccola corporazione di trasporti, la Planet Express. L'asfalto screpolato è macchiato di varia immondizia e l'edificio sporco è perfettamente silenzioso, ma l'occhio allenato di Mark distingue dei riflessi sul tetto almeno un cecchino disteso ad osservarli; dall'altra parte della strada un uomo vestito di scuro sta vuotando un cassonetto con un fucile d'assalto sulla schiena, sul collo gli scintilla un vecchio laringofono. Lo Stryker si ferma lungo la strada che conduce al cancello che blocca l'accesso all'hangar e Dur sintonizza lo scanner della radio cercando le frequenze dell'uomo.
Dalla botola Mark lancia una lattina di birra vuota in direzione dello spazzino.
"Granata!" urla questi, fuggendo a nascondersi dietro l'angolo di un edificio.
La lattina rotola tintinnando sull'asfalto, finendo la sua corsa contro il bidone.
"E' solo una lattina" dice l'uomo nella radio. "Credo che mi stiano prendendo per il culo..." si interrompe nuovamente, ascoltando, poi aggiunge: "Un vecchio Stryker mimetico, grigio e nero, con a bordo degli stronzi".
Lo spazzino si avvicina al veicolo alzando il fucile e Fisk risponde puntandogli contro il cannoncino calibro .50; l'uomo sospira, posa il fucile ed alza le mani.
Dur accende l'altoparlante. "Quali sono le vostre intenzioni?"
"Veramente vorremo conoscere noi le vostre..."
"Siete voi che avete fatto saltare i nostri sistemi di comunicazione?" chiede Penny sporgendosi dalla botola sul tetto.
L'uomo borbotta qualcosa nel laringofono poi si rivolge al gruppo: "Io sono solo qui per proteggere un cliente, non ne so nulla".
Dur abbassa il portellone e fa cenno all'uomo di avvicinarsi: "Di solito preferisco parlare con la gente faccia a faccia. Muoviti, vieni qui".
L'uomo si sposta dietro al mezzo, poi si porta l'indice all'orecchio ed ascolta qualcosa. "Scendete e venite con me".
"Fisk, tu rimani qui e controlla la situazione" borbotta Killex, prima di scendere in strada.
I quattro oltrepassano la rete metallica ed entrano nell'hangar. L'ingresso è sorvegliato da tre uomini armati, mentre all'interno due tecnici si stanno affannando intorno ad una grande nave con stampigliati i loghi della Planet Express.
Da un ballatoio scende una grossa guardia seguita da una giovane donna molto elegante. Penny le corre incontro: "Janine!"
"Ciao Janine!" esclama Killex, facendo un cenno con la mano.
"Vedo che siete venuti a trovarmi!" commenta la ragazza con un mezzo sorriso.
"E' tua tutta questa roba?" chiede Dur guardandosi intorno.
"Di mio marito" si schermisce lei. "Stiamo per abbandonare la Terra, ci trasferiamo su Marte... Per caso Andrea vi ha mandato da me con lo Stryker dicendovi di bombardare o qualcosa del genere?"
"Ci ha detto che state disturbando il nostro sistema di comunicazioni" conferma Mark.
"Simpatica. Memo per me: se mai Andrea dovesse arrivare su Marte, prepararle una calda accoglienza" dice Janine parlando al suo smartphone, poi si rivolge a Dur: "Cosa sapete di quello che sta succedendo?"
"Che è un gran casino?" si intromette Penny.
"A quanto pare la ZetaTech ed altre corporazioni minori hanno lanciato un attacco informatico ai computer che controllano le comunicazioni: i vostri smartphone non funzioneranno per molto tempo. Senza contare i danni alla gestione degli altri servizi. Nuova New York sarà presto nel caos".
"Ci consigli partire per Marte, quindi?" domanda il tecnico, incredulo.
"Marte ha chiuso ogni comunicazione con le Terra tre settimane fa e non so cosa troverete... In ogni caso, piuttosto che rimanere qui... Visto il compito che vi è stato affidato dubito che Andrea si aspetti di vedervi tornare, anzi direi che siete stati ufficialmente licenziati". Janine si osserva le unghie smaltate di viola, come riflettendo, poi aggiunge: "Del resto vi devo un favore".
"Devo assolutamente trovare il modo di chiamare papà a Londra" si inquieta Penny. "Come posso fare?"
Janine la guarda con commiserazione. "Nessuno ti ha detto nulla, miss Penny?" dice allungandole un tablet. Sullo schermo un lungo articolo celebra la fondazione di una nuova società su Marte. In seconda pagina un primo piano del coraggioso fondatore, Simon Clarke.
Penny si rigira il tablet tra le mani, la voce le trema: "Papà non farebbe mai una cosa del genere, lasciarmi qui se ci fosse davvero pericolo..."
Mentre Janine si allontana per telefonare, Mark e Dur cercano invano di asciugare le lacrime di Penny.
Janine ritorna pochi minuti più tardi. "Ho trovato chi vi può aiutare. Il mio amico Kolev ha un paio di posti liberi nella sua navetta: partirà non appena finito di sistemarla. Gli ho detto di venire questo pomeriggio alla InfoCorp per incontrarsi con voi. Adesso, se volete scusarmi, ho un sacco di affari che mi attendono".
"Grazie Janine, ci vediamo su Marte... Stai brava eh?"
"Cazzo, cazzo, cazzo no!" urla un tecnico uscendo di corsa dalla navetta. "Signora Janine, non so come dirlo, ma l'impianto di criogenizzazione numero uno ha avuto un guasto... temo di non poter fare niente e suo marito..."
"Oh, è terribile" sospira Janine. "Fatemi le vostre condoglianze: sono appena rimasta vedova".
venerdì 15 aprile 2016
002 - i piani per la giornata
Dopo aver recuperato un dottore ed averlo indirizzato al loro appartamento, Penny e Mark lasciano i due compagni a controllare lo stato del netrunner e raggiungono l'ufficio di Andrea, molti piani più in alto. La saletta d'attesa pavimentata di vero legno è vuota e la scrivania della segretaria deserta. Penny si pettina i capelli con le dita e sistema il colletto della camicia, controllando il suo aspetto sul riflesso di una finestra. Fuori dalle ampie vetrate il cielo limpido è solcato dalle scie di numerosi velivoli che scintillano nel sole pallido: una mattina tranquilla a Nuova New York. Una delle ultime.
"Chi è?"
"PennyLane e Mark, capo".
"Entrate pure".
L'ufficio è stranamente silenzioso ed Andrea, seria ed elegante come sempre, sta infilando degli hard disk dentro una voluminosa cartella.
"Capo, hanno fulminato Sagara!"
"Mi dispiace" commenta Andrea in tono neutro, continuando a riempire la borsa.
"Abbiamo trovato Shadow in stato confusionale per le scale!"
"Poverino".
"Ma siamo sotto attacco: tutte le linee sono saltate e anche i telefoni... Capo, sta facendo le valigie?"
"Assolutamente no, cara. Ho una riunione ai piani alti per discutere di questo attacco. Aspettavamo qualcosa del genere e Sagara ci stava lavorando sopra. Prima di lasciarci ha identificato il luogo da cui è partito..."
"E noi adesso dobbiamo andare a prendere quegli stronzi" conclude per lei Mark.
Andrea annuisce e mostra loro un pad: sullo schermo è visualizzata la mappa di un'area industriale al confine est della città; al centro si vede un hangar apparentemente abbandonato.
Molti piani più in basso, Penny ragguaglia il gruppo riguardo la nuova missione; il medico intanto non può fare altro che somministrare un calmante a Shadow e constatare la morte di Sagara.
"Mi dispiace. Il cervello è completamente bruciato" li informa il dottore, staccando i suoi strumenti dal corpo ricomposto sul letto sfatto. "Anche se ci fosse dell'attività cardiaca residua non potrei fare nulla".
"Povero Sagara" singhiozza Penny accostandosi al cadavere, "lo abbiamo trattato molto male. Stava sulle palle a tutti!"
"Mi mancheranno i suoi ramen ed il suo tè" cerca di consolarla Dur, "mi mancherà guardarlo battere tutti gli altri netrunner a tetris!"
"Era il nostro cazzone di riferimento..."
"Parliamo di cose serie" borbotta Mark, inquieto. "Andrea aveva l'aria di chi sta per partire. Aveva una riunione, ha detto, ma non ci ha neanche guardati in faccia. E la segretaria non c'era... Tutto ciò non mi piace, non mi piace per nulla".
"Sia come sia, adesso abbiamo da fare. Prepariamoci" taglia corto Fisk, soffiando una nuvoletta di fumo dal suo sigaro. La cenere volteggia cadendo sulle lenzuola, accanto al viso immobile di Sagara.
martedì 12 aprile 2016
001 - morto a colazione
Alle nove di quella che dovrebbe essere una tiepida mattina di primavera, sulla piana gelata di Nuova New York, Dur si sveglia nell'appartamento 313 bis, al trentunesimo piano del grattacielo sede della InfoCorp. Tutto il suo corpo intorpidito dalla fatica reclama ulteriore riposo, ma un leggero e persistente odore di carne marcita invade la stanza ed il tecnico si alza in fretta domandandosi cosa possa essere successo in cucina. Mark dorme accasciato sul divano con il giubbotto antiproiettile ancora addosso e la cucina, inutilizzata da giorni, scintilla discreta di cromature ed effluvi di detersivo. Dur si ferma davanti alla porta della stanza di Sagara ed improvvisamente si rende conto che non vede il suo collega netrunner da diversi giorni – anche considerando i rispettivi turni di lavoro, un brivido gli scende lungo la spina dorsale.
"Svegliati Killex! Ho paura che sia successo qualcosa a Sagara!"
Mark salta su dal divano puntando d'istinto un revolver alla fronte del tecnico, poi lo riconosce, abbassa l'arma e borbotta: "Dur, la prossima volta che mi fai uno scherzo del genere ti sparo, giuro. Perchè cazzo mi hai svegliato?"
"Per Sagara. Lo hai visto, ultimamente?"
"Non mi sembra, grazie a dio".
"Ecco: annusa un po' intorno... Lo senti anche tu questo odore di bistecca andata a male?"
"Cazzo, Sagara".
I due forzano la porta della camera del netrunner, che è completamente buia ed emana un odore composito di polvere, salsa di soia e marciume. Sagara, gli occhi spalancati, siede collegato ai suoi computer mediante gli spinotti di interfaccia; il biomonitor segna due linee continue: non respira, le pupille non hanno riflesso, il polso non è percepibile.
Mark fa scattare l'allarme: una sirena squarcia il silenzio del mattino invadendo l'appartamento; subito la porta del bagno si spalanca con violenza e Fisk, la faccia insaponata ed un asciugamano tra le grandi mani metalliche, irrompe nel corridoio. "Cosa cazzo sta succedendo?!?"
"Hanno fritto Sagara, siamo sotto attacco" risponde Dur, urlando per sovrastare il rumore dell'allarme. Mark tira fuori la pistola e va a controllare l'ingresso.
Penny emerge nuda e scarmigliata dalla sua camera, abbracciando un cuscino. "Ho sonnooh. Ditemi che avete fatto scattare l'allarme per sbaglio..." sbadiglia.
"Magari. È successo qualcosa a Sagara" ribatte il tecnico, osservando distrattamente le forme della donna.
"Merda. Avete chiamato un medico?" domanda Penny, cercando di attivare il cellulare mastoidale.
"Le linee sono saltate, capo".
"Allora bisogna andare a cercarne uno".
"Ehm... Penny, ti consiglio di metterti prima questa".
Penny si infila la camicia bianca lanciatale da Dur, esce e prende di corsa le scale verso l'infermeria. Fatte un paio di rampe si imbatte in una figura mezza svestita che si trascina giù tenendosi stretta al petto una pesante valigetta. Vari cavi gli pendono dalla nuca, il passo è incerto e barcollante.
"Shadow! Stai bene? Dove stai andando? Siamo sotto attacco!"
Il netrunner ride istericamente: "Sto bene, bene, bene!"
"Forse hai bisogno anche tu di un medico..."
"No no no. Devo andare: ho un appuntamento molto molto molto importante".
"Shadow, aspetta! Abbiamo bisogno di te: temo che abbiano fritto Sagara!"
"Hahahahaha" sghignazza il netrunner, continuando a scendere le scale.
Dur e Fisk li raggiungono e bloccano Shadow prendendogli i polsi.
"Tu vieni con noi, bello" esclama il tecnico. "Sei probabilmente l'unico hacker ancora vivo alla Infocorp".
"Devo andare vi dico, ho un appuntamento..."
"Cosa cazzo sta succedendo qui dentro?" lo interroga Penny.
"Chi se ne frega di qui dentro!" ribatte il netrunner, cercando invano di divincolarsi.
Dur lo colpisce allo sterno, poi gli prende il braccio e controlla il biomonitor: tutti i valori sono sballati, il battito cardiaco vicino alla fibrillazione.
lunedì 11 aprile 2016
the story so far
Nell'anno 2040 la Terra conosce una nuova glaciazione: i governi mondiali investono ogni risorsa a loro disposizione per cercare di mettere in sicurezza i cittadini; in breve tempo, però, arrivano sull'orlo del collasso economico e perdono ogni potere.
Solo le megacorporazioni possono far fronte ad una simile richiesta di soldi, personale, materiali e tecnologie. Quando tutta la ricchezza mondiale si trasferisce nei loro conti offshore, i governi si ritrovano schiavi dei debiti contratti con esse e devono dichiarare bancarotta. Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite può solo arginare il crollo di grandi e piccole nazioni; per evitare l'anarchia a livello globale viene data piena libertà di potere ai governi locali, ricreando, de facto, il sistema delle "città stato" dell'antica Grecia.
Da questo nuovo sistema politico-economico emergono cinque superpotenze, che rappresentano semplicemente la divisione delle aree di influenza di potere e alleanze tra le megacorporazioni che ora governano il pianeta: l'UCN (Unione delle Città del Nord America), la CCCS (Confederazione delle Città Cino Sovietiche), il NCB (Nuovo Commonwealth Britannico), l'UCE (Unione delle Città Europee) e il NIG (Nuovo Impero Giapponese).
Il pianeta blu è ormai diventato un'enorme palla di ghiaccio inospitale alla vita; la razza umana, sopravvissuta allo sconvolgimento climatico, si rinchiude in enormi città divise per livelli e sormontate da cupole bio-climatiche.
Scaraventati in un mondo suddiviso in gironi danteschi e dominato dall'influenza delle megacorporazioni, gli uomini si ritrovano a lottare per la sopravvivenza tra tecnologia, intrighi politici, violenza e lavoro sporco. Solo chi può permetterselo alla fine potrà arrivare a rivedere le stelle. Gli altri saranno destinati a soccombere.
Il un mondo dominato dalla violenza, in cui la vita umana ormai non vale più nulla, l'accesso ad informazioni sensibili e la loro sicurezza diviene la vera fonte di potere. La maggior parte delle megacorporazioni attive sul mercato difende i propri dati con le proprie forze o si affida ad altre società per tutelare i propri interessi o carpirli ai propri rivali commerciali e politici.
In questo scenario, la InfoCorp Security & Intelligence diviene in breve tempo la maggiore erogatrice di tali servizi e può contare uffici in tutto l'UCN, il NCB e l'UCE.
La sede principale, un maestoso palazzo al centro di Nuova New York, ospita la maggior parte dei team operativi, gran parte dei corporativi di alto livello ed il consiglio di amministrazione. Le squadre vengono impiegate per far fronte alle varie richieste, che spaziano dalla protezione di figure di spicco dell'economia e della politica alla risoluzione di contrasti tra corporazioni, passando per ogni altro genere di operazione.
Negli ultimi anni la OCP, la forza di polizia che gestisce la sicurezza di Nuova New York, mal equipaggiata e dallo scarso personale, non riesce a far fronte alle ondate di criminalità che dilagano per i vari livelli della città, capeggiate da squilibrati carichi di impianti cybernetici ed armati di tutto punto. Le squadre della InfoCorp vengono impiegate sempre più spesso in affiancamento ai tutori dell'ordine; le perdite non vengono rimpiazzate abbastanza in fretta, costringendo i vari team sopravvissuti a fare doppi e tripli turni.
La situazione ormai è tragica, le defezioni sono sempre più numerose. Solo il Team Alpha resiste alla pressione, rimanendo di fatto l'ultimo gruppo operativo della InfoCorp.