lunedì 26 febbraio 2018
Fisk scende al reparto Sicurezza, al primo terra. L'ufficio di Yvette Galkina è vuoto, così il solitario si affaccia nella palestra in fondo al corridoio: il braccio sintetico piegato dietro la schiena, Yvette è appesa ad una sbarra per trazioni e si solleva per poi lasciarsi ricadere senza sforzo apparente. Quando Fisk entra nella stanza la donna salta a terra, voltandosi verso la porta. Riconosce il solitario, accenna ad un sorriso e raccoglie da una panca un asciugamano che usa per detergersi il sudore dal viso.
“Buongiorno, Fisk”
“Ciao Yvette. Non volevo disturbarti”
“Tranquillo: sono in pausa pranzo. Cosa può fare la Sicurezza per voi dell'Internal Audit?”
“Dunque: abbiamo in programma di tendere un'imboscata a dei tizi che rapineranno un furgone portavalori sulle highway al quarto livello...”
L'unico occhio azzurro di Yvette sorride
“Continuo a pensare di aver fatto domanda di assunzione all'ufficio sbagliato. Com'è che voi vi divertite mentre io sto qui a fare da buttafuori?”
“L'ultima volta che sei venuta in missione con noi sei finita in infermeria…”
“Un po' di movimento fa bene, ogni tanto”
“Abbiamo bisogno di mezzi, uomini ed armi”
“Tempistiche?”
“Dodici ore al massimo. Credo la prossima settimana”
“Dovrei poter fare a meno di otto uomini…”
“Ben preparati spero”
“Non ti preoccupare, li addestro io stessa. Avete intenzione di fare l'assalto in corsa o da una postazione fissa?”
“In corsa, probabilmente”
“Quindi armi leggere, immagino. Fucili d'assalto, va bene?”
“Credo di sì. Magari anche qualche mitraglietta. A mezzi come stiamo?”
“Dovrei sentire Mendoza. Credo che un paio di furgoni e due o tre macchine blindate ci siano”.
Dur bussa alla porta dell'ufficio di Penny.
“Avanti!”
In piedi, accanto alla scrivania, Killex si sta riabbottonando la camicia, mentre Penny è accoccolata sul divano, nuda e scarmigliata, e sta scrivendo qualcosa su un tablet:
“Dur, stiamo facendo una lista di quello che ci servirà nell'operazione “caccia ai fantasmi”. Per il momento abbiamo: giubbotti antiproiettile, granate fumogene e granate stordenti, e pistole spara-reti, oltre alle armi personali… Tu hai qualcosa da suggerire? E, a proposito, vuoi essere dei nostri?”
Il tecnico concede uno sguardo distratto al corpo del suo capo, domandandosi oziosamente se Killex gli permetterebbe di montare delle telecamere nell'ufficio di Penny. Penny e il suo esibizionismo probabilmente non avrebbero problemi.
“Mi piacerebbe. Sto ammuffendo in questo ufficio…”
“Dobbiamo anche trovare un posto sicuro dove interrogare il tizio che cattureremo. Qui non possiamo portarlo…” interviene Mark specchiandosi alla finestra per sistemare il colletto “Ti viene in mente qualcosa?”
“Facciamoci prestare un camion dalla Road Speeder e interroghiamolo lì…”
“Ottima idea! Ci serviranno un tavolo di metallo ed un paio di sedie, e il kit del buon interrogatorio…”
“A proposito: Shadow mi ha risposto. Dice che in questo periodo hanno pochi trasporti perché stanno lavorando principalmente all'estero. C'è però una piccola spedizione in programma, tra cinquantasei ore: il furgone di una ditta che fa ricerche biomediche passerà per la highway diretto ad un magazzino InfoCorp. Il contenuto è top secret, ma è prevista poca scorta, principalmente perché nessuno è così stupido da rubare alla InfoCorp…”
“Cinquantasei ore? Dovremmo farcela” Penny salta giù dal divano e si stiracchia senza riguardo “Dur, vedi di contattare i Ghost Thirteen per il lavoro. Nel modo più anonimo possibile, mi raccomando. Io mi faccio una doccia e vado a parlare con Andrea”.
“Mi sembrava il caso di informarla, capo, che sto mettendo in piedi un'operazione un po' rischiosa, ma che ci permetterà di mettere le mani su chi sta cercando di incastrarci”
“Quanto rischiosa?”
“In termini di denaro non molto, in termini di vite umane forse un po' di più…”
Andrea annuisce e digita qualcosa nell'aria: Penny riceve una notifica
“Fai firmare questo a tutti quelli che parteciperanno al lavoro”
È un contratto di assunzione di responsabilità che svincola l'azienda dal dover pagare per la vita dei suoi dipendenti: agli eredi degli eventuali caduti in azione è garantita una semplice liquidazione come da termini di contratto.
“A proposito” continua Andrea “Quando prenderete quei figli di puttana voglio che li portiate da me, chiaro?”
Killex siede ad un tavolo apparecchiato con posate d'argento, in una delle salette private de La Terrazza. L'ambiente è impeccabilmente elegante e perfettamente silenzioso: si sente appena, discreto, il gorgheggiare di un quartetto d'archi. Il pavimento di legno lucido riflette le macchie di luce dei led e le porcellane scintillano. Una cameriera si avvicina per offrirgli un aperitivo, ma lui, sebbene tentato, rifiuta. Improvvisamente la porta della saletta di apre ed, accompagnata da un maitre in giacca bianca, Samantha Rowling si avvicina al suo tavolo. Indossa un vestito blu che rende smagliante la sua pelle di porcellana. Nel vestito, nell'acconciatura e nel trucco non c'è traccia di civetteria, ma solo la tranquilla grazia che è naturale in una bella donna. Killex si alza, sorride:
“Buonasera capitano”
Lei gli fa appena un cenno, consegna la giacca al maitre e si siede, guardandosi intorno. La cameriera di materializza accanto al tavolo.
“Gradite qualcosa da bere, per cominciare?”
“Niente per me, grazie” risponde Samantha Rowling con voce secca “Berrò acqua”
Mark darebbe qualunque cosa per un whisky, ma si sente in dovere di borbottare:
“Acqua anche per me”
La cameriera annuisce e torna poco dopo con una bottiglia con cui riempie i loro bicchieri. Un silenzio affatto rassicurante tende l'aria intorno al tavolo: Killex si sforza di trovare qualcosa di gentile da dire:
“La ringrazio di essere qui… Allora, cosa vogliamo ordinare? Preferisce carne o pesce?”
“Sono vegetariana” risponde lei, poi vedendo Mark impallidire, si concede un mezzo sorriso “Carne andrà bene”
“I miei complimenti capitano: è la terza volta che ci incontriamo ed è la terza volta che rischio un infarto… Spero almeno che il locale le piaccia”
“Direi di sì. Non c'ero mai stata… Sembrava più grande da fuori”
“Questa è una sala privata”
“Ah, capisco. I soldi, del resto, comprano tutto”
“Aspetti un momento… Lei crede che io sia uno di quei corporativi imbottiti di banconote che si liberano dei contrattempi a colpi di mazzette…”
“Perchè, non è così?”
“Le assicuro che sono disperatamente povero. Non posso permettermi nemmeno il vestito che indosso. Il mio stipendio…”
Il solitario tace mentre due piatti con bocconcini di quaglia selvatica in salsa di nocciole su letto di rucola vengono posati sul tavolo. Samantha Rowling non degna la sua pietanza di uno sguardo, gli occhi piantati in faccia al suo interlocutore:
“Il suo stipendio non mi interessa. Vuole dirmi perché sono qui?”
“Innanzitutto mi lasci dire ancora una volta che mi dispiace per come sono andate le cose tra noi…Stavano cercando si incastrarci, e dovevo tirare fuori la mia squadra in qualche modo…”
“Cioè facendomi fare la figura della cretina”
Killex posa la forchetta su cui aveva appena infilzato un boccone di quaglia. Sospira:
“Mi dispiace infinitamente, capitano, ma nel mio lavoro sono inconvenienti che succedono. Lasci che le spieghi cosa sta succedendo: stiamo indagando per risalire all'organizzazione che vuole incastrarci…”
“Che è la InfoCorp, no?”
“È probabile che sia così. Per il momento siamo risaliti ad un gruppo paramilitare: i Ghost Thirteen, li conosce?”
“Ne ho sentito parlare. Con i mezzi che abbiamo a disposizione la OCP è completamente impotente contro gente come quella”
“Quando riusciremo a mettere le mani su di loro le garantisco che lei ne avrà il merito. Quello che mi serve è una finestra di tempo per agire sulle highway, e magari qualche mezzo della polizia…”
Samantha Rowling sorride:
“Dopo aver usato come copertura l'agenzia federale, lei mi sta dicendo che adesso vuole usare la OCP? Un bel tentativo, ma non funzionerà. Le highway sono strade private, a pagamento, noi non interveniamo a meno che non ci chiamino. E non ci chiamano mai: le corporazioni preferiscono arrangiarsi a lavare i panni sporchi”
“Lei mi procuri qualche distintivo, io le farò avere tutto quello che caveremo da questa operazione…”
“Potrei anche farlo. Ma voglio che sia chiaro che i suoi metodi non mi piacciono. Questa città ha bisogno di un servizio d'ordine che sia pubblico, efficiente, e che garantisca la sicurezza di tutti. Mi sono stancata di essere tenuta sotto scacco dagli interessi economici della gente per cui lavorano quelli come lei…”
Killex non riesce a trattenere un sorriso: la giovinezza e l'idealismo di Samantha Rowling gli sembrano commoventi. Improvvisamente si ricorda di quello che è: un assassino a pagamento. Lui il mondo non ha mai cercato di cambiarlo, nella sua vita c'è sempre stato qualcosa di più urgente da fare.
“Sono sicuro che lei sarà un ottimo sindaco”.
venerdì 23 febbraio 2018
115 - preparare il terreno
“Sì, chi parla?”
“Buongiorno capitano R…”
“Lei! Come cazzo ha avuto questo numero?”
“Ma dal suo legale, ovviamente” mente Killex “L'accordo che lei ha richiesto sta venendo stilato sotto il controllo del mio capo: glielo faremo avere in giornata”
“Umpf… Va bene, cosa vuole?”
“Stiamo lavorando sulla questione che lei sa, ed avremmo bisogno di svuotare un paio di magazzini al Maastricht Complex per conto di un nostro informatore. Le assicuro che non si tratta di armi, droga od altri cadaveri”
“Rimangono fuori solo un paio di centinaia di attività illegali”
“Beh, se vuole glielo dico: si tratta di alcool di contrabbando da vendere nello sprawl”
“Preferivo non saperlo. Comunque mi ricordi perché cazzo dovrei aiutarla”
“Perchè sono il suo primo sostenitore, nonché l'uomo che le servirà su un piatto d'argento il caso che farà decollare la sua carriera politica”
Sospiro
“Mi faccia controllare… Di turno al Maastricht Complex questo pomeriggio ci dovrebbe essere Robertson… Lo chiamerò. Diciamo che avete mezz'ora: dalle 15 alle 15.30. I piantoni si gireranno dall'altra parte”
“Perfetto. La ringrazio moltissimo e la prego di non salvare questo numero sotto GranFigliodiPuttana”
“Troppo tardi”
Da sopra il suo bicchiere, Cheng guarda Killex con nuovo, divertito rispetto:
“Spassiba. Io no sapeva che tu aveva amichetta in OCP”
“Ci sto lavorando sopra” ghigna Mark “Comunque puoi mandare i tuoi uomini a svuotare i magazzini oggi tra le tre e le tre e mezza. Cercate di non dare troppo nell'occhio”
“Adesso vuoi dirci come arrivare ad Andrew Malone?” chiede Penny finendo il suo bicchiere ed appoggiandolo su una cassa polverosa accanto al divanetto su cui è seduta. La vodka di Cheng è limpida e fresca: va giù come l'acqua e le intorpidisce subito i pensieri.
“Molto difficile che voi trova lui. Lui è ottimo soldato e sa come fare perdere tracce. Più probabile che voi trova qualcuno che sa dove lui nasconde. Io dà voi consiglio: io conosce Ghost Thirteen e non vuole avere nulla a che fare con loro…” dice Cheng, riempiendosi di nuovo il bicchiere
“Sono così cattivi?” si stupisce Fisk
“Loro si atteggia a banda di booster, ma è squadra militarizzata. Loro ha tredici capi: nessuno sa loro nomi” il russo ridacchia “Io stesso potrebbe essere uno di loro. Tutti ex militari di servizi segreti di est Europa”
“E stai cercando di farci credere che degli ex agenti dell'FSB si siano dati alle consegne a domicilio?”chiede Killex alzando un sopracciglio
“Niet. Quello è lavoro di loro truppe di carne da macello. Quelli semplici stronzi, ma se voi vuole arrivare a loro luogotenenti sarà cazzi da pelare…”
“Cheng, ti stai confondendo: si dice…” comincia Penny ridendo, ma viene zittita da Mark
“Se voi vuole fregare loro, io consiglia voi di non lasciar scoprire per nessun motivo vostre identità. Altrimenti voi è più fottuti di culo di puttana, Ghost Thirteen ha già bruciato più di una corporazione”
“Sono suoi clienti per caso?” chiede Rosenbringer
“Niet. Ma io ha usato loro servizio di recupero merce qualche volta. Molto efficiente. Loro assalta carichi su highway a quarto livello” Cheng posa il suo bicchiere e controlla l'orologio – un grosso rolex d'oro massiccio: “Voi vuole essere miei ospiti per pranzo? Io dopo ha affari urgenti da sbrigare”
Killex e Fisk si alzano. Rosebringer, che non ha neanche toccato la sua vodka, chiude il taccuino con uno scatto, poi spazzola accuratamente la polvere dello sprawl dai suoi bei pantaloni.
“Grazie Cheng, ma è meglio che andiamo. Sarà per un'altra volta” sorride Penny e, un po' malferma sulle gambe, si sporge in avanti per dare al russo un amichevole colpetto sulla spalla. Complici la vodka e i tacchi alti perde l'equilibrio: rapido, Cheng la afferra per le spalle e la rimette in piedi. Le assesta quindi sorridendo una pacca sul sedere:
“Quando tu vuole, Penny”
Killex, Fisk, Dur e Penny pranzano nella loro sala riunioni: Rosenbringer, che durante il viaggio di ritorno ha ricevuto una chiamata ed è diventato scuro in volto, è salito in fretta su un taxi ed è sparito.
“Perchè ci ostiniamo ad andare a mangiare in mensa?” borbotta Fisk a bocca piena “Lì servono solo quelle porcherie salutiste… Le bistecche di Sandler sono decisamente un'altra cosa”
“Mangiate in mensa” risponde Penny seria “Perchè per chiedere alla cucina un servizio extra bisogna compilare ogni volta un permesso. E poi quelle non sono porcherie, è cibo sano e bilanciato. Dovreste stare più attenti alla vostra alimentazione: non siete più dei ragazzini e tu, Fisk, dovresti dimagrire un po' per il tuo matrimonio”
Killex ghigna, poi addenta il suo pollo fritto e lo butta giù con un sorso di birra.
“Ne ho anche per te, Mark. Stai bevendo troppo, ultimamente” Con uno sospiro divertito, il solitario afferra Penny per la vita e se la tira a sedere sulle ginocchia. Le accarezza i capelli:
“Va bene, mammina”
Lei, offesa, fa il gesto di dargli uno schiaffetto sulla guancia: lui le blocca il polso e la bacia a lungo sulla bocca imbronciata.
“No, eh? Potete almeno aspettare che io finisca di mangiare?” chiede Fisk, scocciato “Tra l'altro: abbiamo del lavoro serio da organizzare...”
Dur, che è rimasto in pensieroso silenzio per tutto il pranzo, allontana il piatto vuoto, si versa un caffè e dice:
“Se volete io un'idea ce l'avrei: chiediamo ai Ghost Thirteen un lavoro. Ordiniamo un furto su uno dei furgoni della Road Speeder e poi li becchiamo con le mani nel sacco. Ci basta prenderne uno vivo per interrogarlo”
Penny stacca la bocca dalla bocca di Mark, e si volta a guardare il tecnico:
“È un buon piano, ma mi sembra rischioso” commenta, pensierosa “Vediamo… Innanzitutto dobbiamo ingaggiarli anonimamente, diciamo… per un furto ad un furgone della InfoCorp, magari…”
“Ci facciamo dare un po' di uomini da Yvette, e quando loro colpiscono ne preleviamo uno vivo. A farlo parlare ci penso io” conclude Fisk scostando la poltroncina dal tavolo con aria soddisfatta e scegliendo un sigaro.
“Dur, per favore: contatta Shadow e fatti dire se alla InfoCorp hanno in programma dei trasporti straordinari nei prossimi giorni, qualcosa che passi per le highway al quarto livello. E informati sui percorsi e sugli orari” chiede Penny, allontanando con un sorriso le mani di Mark dalle sue gambe. Il tecnico annuisce e si alza, diretto al suo ufficio.
“L'ideale” mormora Killex, con la bocca sul collo del suo capo “Sarebbe non avere la OCP tra i piedi mentre facciamo tutto questo casino… Mi sa che dovrò chiedere un altro favore all'adorabile capitano Rowling”
Il telefono squilla a lungo prima che la donna risponda, con voce seccata:
“Mi dica”
“La disturbo, capitano?”
“Lasci perdere i convenevoli e mi dica cosa cazzo vuole”
“Invitala a cena…” sussurra Penny all'orecchio di Mark. Il solitario la guarda, interdetto “Ti sto solo suggerendo di essere gentile con lei: la sua collaborazione ci serve…”
“Con chi sta parlando?” chiede Samantha Rowling
“Con nessuno, mi scusi… Dicevo: ho delle novità per lei, cosa ne direbbe di parlarne questa sera?”
“È un invito a cena?”
“È un invito a cena?”
“Beh…”
“Non ci penso nemmeno”
“Non si faccia pregare, capitano: sarà una tranquilla cena d'affari. E in un buon ristorante, glielo garantisco”
“Chiariamoci una volta per tutte. Lei non mi piace, quindi gradirei averla tra le palle il meno possibile. Se ha bisogno di dirmi qualcosa mi mandi una mail”
“Lo so che non le piaccio, ma dato che abbiamo un obiettivo comune dovremo imparare a collaborare… Mi conceda una cena, non se ne pentirà”
“E va bene. Mi faccia sapere dove e a che ora”.
“Questa è la segreteria telefonica di John Briatore, in questo momento sono impegnato in qualcosa di meglio. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico…”
“John, testa di cazzo, rispondi è importante!”
In sottofondo alla telefonata si sente suonare una canzoncina languida, che subito viene spenta. Una voce femminile, tenera ed impastata, mormora:
“Uhm… Lascia stare il telefono, Johnny, e preparamene un'altra. Lo sai che quando sono abbastanza fatta…”
La frase rimane a metà, subito dopo Briatore esclama:
“Dimmi carissimo!”
“È della massima urgenza che questa sera ci sia un tavolo libero per me ed il futuro sindaco di Nuova New York. Colgo l'occasione per avvisarti che la signora è anche un capitano della OCP, quindi ricordati di tenere sotto chiave la bamba”
“Tu e il tuo amico mi date sempre un sacco di tempo per organizzarmi, eh? Vediamo… Saletta privata, menù vip, due bottiglie… Cosa volete? Carne o pesce?”
“Tutti e due, non possiamo sbagliare”.
lunedì 19 febbraio 2018
114 - gli affari sono affari
Il mattino dopo, alle nove, la squadra alpha si trova nella sala riunioni al settimo piano. Killex e Fisk portano stampati addosso i segni di un sonoro dopo-sbornia: occhi acquosi, sguardo assente e pelle opaca. Penny, che non sa nulla della loro lunga serata al Solitaire – ha passato la sua lunga serata nell'ufficio di Kristjan –, li guarda preoccupata.
“State bene voi due?”
“Fisk si sposa” annuncia Mark per tutta risposta, stravaccandosi su una poltroncina bianca. Le reazioni a questa rivelazione si accavallano:
“Grazie Killex. Magari volevo dirlo io” borbotta Fisk e
“Che bello! Adoro i matrimoni!” esclama Penny e
“Brutti stronzi! siete andati a fare baldoria senza invitarmi!” si lamenta Dur. Rosenbringer alza gli occhi dal suo taccuino e guarda con un mezzo sorriso Penny che, alzandosi in punta di piedi, cerca di baciare Fisk su una guancia, senza riuscirci.
“Non occorre baciarmi, miss Penny…” si schermisce il solitario
“Ma dobbiamo festeggiare! Chiamo subito la cucina e faccio portare su una caraffa di Mimosa e dei pasticcini…” ribatte lei digitando nell'aria
“Veramente avremo del lavoro piuttosto urgente” le ricorda Rosenbringer “Siamo qui per ascoltare i risultati delle ricerche del signor Dur su Andrew Malone”
“Va bene” sbuffa lei “Intanto cominciamo”
Tutti prendono posto intorno al tavolo e guardano il tecnico che si schiarisce la voce scorrendo qualcosa qualcosa su un tablet. Le sue occhiaie, più profonde del solito, testimoniano un'altra nottata in bianco:
“Il lavoro è stato più difficile del previsto… Tutto quello che sono riuscito a trovare è che Malone fa parte di una banda, i Ghost Thirteen. Sono dei motociclisti e gestiscono un'attività pseudo legale, occupandosi principalmente di consegne celeri. Oltre a questo sono molto attivi in altri campi: recupero materiale illegale, furti su commissione, omicidi. Operano principalmente assaltando i convogli di merce sulle highway, e fanno lavori molto puliti. Ho un sito nel deepweb che consente di mettersi in contatto con loro. Questo è tutto”
“Effettivamente non è molto” commenta Mark pensieroso “Ma potremmo fare un salto nello sprawl, e chiedere a Cheng…”
Le sue parole sono interrotte da un discreto bussare: la porta della stanza si apre ed entra Ralph Sandler, il cuoco, spingendo un carrellino su cui tintinnano piattini e bicchieri da cocktail.
“Buongiorno signori” dice, gioviale “Ecco quello che avete ordinato. Posso chiedere cosa festeggiate?”
“È perché Fisk si sp…” comincia Penny raggiante, ma viene zittita da una gomitata del solitario
“Un semplice successo sul lavoro, signor Sandler”.
“Credo che dovrei fare un regalo a Dur” dice Penny pensierosa, mentre lei, Fisk, Killex e il dottore scendono in macchina verso lo sprawl “Lavora praticamente sette giorni a settimana, senza contare che ci ha davvero salvato, l'altro giorno”
“Potresti procurargli una puttana” ghigna Mark dal posto di guida. Fisk, le labbra strette intorno al suo sigaro, sorride.
“Pensavo più a qualche giorno di ferie pagate… Magari un soggiorno in una spa di lusso… Lei che ne pensa dottore?”
“In linea generale, lo sa bene, penso che lei dovrebbe essere più autoritaria con i suoi dipendenti, anziché elargire regali. Nel caso particolare, tuttavia, la sua è una buona idea. Il signor Dur mostra i classici segni di una sindrome da bornout per sovraccarico di lavoro…”
“Ottimo! Chiamo subito la signorina Symanski e le chiedo come fare per avere il permesso” lo interrompe Penny, digitando nell'aria. Mark si disinteressa a quanto avviene sul sedile posteriore. Finalmente sa cosa significa la sigla che ha visto tatuata sulle tempie degli uomini nel suo sogno. La sensazione di pericolo collegata a quell'immagine è sempre forte, insieme ad un senso di freddo e di luce intensa. Deve aver avuto a che fare con i Ghost Thirteen da qualche parte, fuori della cupola. Un lavoro sporco per Simon Clarke, senza dubbio. Ma cosa ci faceva una banda di motociclisti nella innevata desolazione del mondo esterno? E cosa centrano con il suo lavoro attuale?
Il retro del magazzino che ospita il FACTORIYA è stato sgomberato per lasciare posto ad un poligono di tiro. Su un lungo tavolato di metallo, sulla destra, sono accatastate decine di armi di ogni calibro ed ogni tipo, ed una dozzina di uomini di diversa età e fisionomia - tutti chiaramente poco raccomandabili – sono raccolti lì intorno: esaminano e soppesano questo o quel fucile, scambiandosi pareri ad alta voce, per coprire il rumore degli spari. Sul fondo dello stanzone, ad una cinquantina di metri, sono stati fissati una mezza dozzina di cadaveri su dei supporti di compensato, e contro questi bersagli alcuni clienti si stanno divertendo a provare le armi prima di acquistarle. Cheng viene incontro al gruppo impugnando un pacchianissimo fucile a pompa automatico con caricatore a tamburo. Sembra di buon umore:
“Dabrò pozhalovet! Voi è venuti per mio mercato di armi?”
“Ciao Cheng!” sorride Penny “Ti presento il dottor Rosenbringer: lavora con noi” I due uomini si squadrano per un attimo, poi il russo abbassa il fucile lungo il fianco e tende una mano al dottore, che la stringe con un mezzo sorriso.
“Io crede che conosce dottore, almeno di fama. Lui è miglior chirurgo di sprawl”
“Lei mi lusinga, ma sta esagerando: sono solo un dermatologo”
“Dermatologo? Io ha problema con ferita da shrapnel che non chiude bene” dice Cheng sollevando il vecchio maglione militare e mostrando, sul torace pallido, glabro e muscoloso, una costellazione di piaghe rossastre.
“Uhm” commenta Rosenbringer osservandolo “Temo stiano facendo infezione. Dovrò pulirle, e darle degli antibiotici… Ha fatto il richiamo dell'antitetanica di recente?”
“Tu è gentile, dottore!” ghigna il russo “Noi dopo fa visita. Prima affari, da?”
Killex e Fisk, intanto, lanciano occhiate curiose al tavolo ingombro di armi.
“Mi farebbe comodo un fucile da cecchino, Cheng, hai qualcosa di speciale per me?” chiede Mark. Il russo annuisce, poi raccoglie dal pavimento di cemento accanto al muro una valigetta di cuoio piuttosto malridotta e la porge al solitario. Dentro c'è un dragunov smontato, in perfette condizioni: solo, sul legno del calcio, è stata incisa una scritta in cirillico.
“Oh! Questo sì che è un bel pezzo” si entusiasma Mark “Vecchia e affidabile meccanica russa! Posso provarlo? Quanto viene?”
“Solo perché è tu duemilacinque. Tu prova pure”
Dando prova di una certa abilità, Killex assembla il fucile, lo soppesa e ne regola l'ottica. Si posiziona sulla linea di tiro improvvisata – una striscia di scotch da pacchi incollata al pavimento –, prende attentamente la mira e preme il grilletto: il proiettile perfora l'occhio sinistro di uno dei cadaveri, attraversandone il cranio come fosse un panetto di burro.
Stravaccato su un divanetto del suo “ufficio”, Cheng inghiotte la pastiglia che gli ha dato Rosenbringer con l'aiuto di un sorso di vodka. Fa poi cenno alla ragazza bionda che è entrata con un vassoio di riempire i bicchieri dei suoi ospiti.
“Cosa può fare per voi?”
“Ci servono notizie su un uomo che forse conosci” sorride Penny
“Io è sempre felice di aiutare. Purtroppo questo è periodo difficile, mio locale è quasi a secco! Fottuta OCP ha bloccato miei magazzini a Maastricht Complex… Se io trova figli di puttana che ha fatto soffiata io strappa loro braccia, cuoce su brace e poi fa mangiare loro!”
Penny guarda Mark, vagamente allarmata, ma lui le fa un cenno rassicurante e torna ad osservare con aria soddisfatta il suo nuovo fucile, che tiene gelosamente sulle ginocchia.
“I poliziotti sono sempre una cazzo di spina nel fianco” commenta Fisk, conciliante “Comunque ti pagheremo per le informazioni, come al solito”
“Stiamo cercando un tizio che si chiama Andrew Malone e che milita nei Ghost Thirteen” dice Penny
“Malone?” Cheng sorride svagato “Io dice voi gratis che io so che lui sta nascondendo perché qualcuno cerca lui. Io non ha molti contatti con Ghost Thirteen, ma può provare ad informare…”
“Beh, se hai bisogno di liquore, Cheng, potremmo provare a far togliere i sigilli dai tuoi magazzini…” butta lì Killex
“Beh, se hai bisogno di liquore, Cheng, potremmo provare a far togliere i sigilli dai tuoi magazzini…” butta lì Killex
“Buona idea… Voi deve fare me offerta che io non può rifiutare. Voi deve pagare me più di quanto può pagare Malone…” ghigna il russo
“Cheng! Questo non è gentile da parte tua!” si indigna Penny
“Io non ha mai pensato di essere gentile, mia piccola Penny, io è uomo di affari…”
venerdì 16 febbraio 2018
113 - healty juicy safe
Mark, Penny e Rosenbringer raggiungono in macchina la sede degli uffici del partito Repubblicano, al sesto livello. Sulla facciata di pietra dell'edificio campeggia una gigantografia di Patrick Dwight con il motto “HEALTHY, JUICY, SAFE. We'll make the Apple good for You again”. Il parcheggio è pieno di auto, e davanti all'ingresso, sono stati montati dei gazebo da cui giovani uomini e donne in completo blu distribuiscono ai passanti spillette, volantini e limonata. Penny ha, nella borsetta, una carta di credito su cui Andrea le ha messo a disposizione cinquecentomila eurodollari e, lontana dall'idea di sfiorare il ridicolo, indossa una camicetta di seta con stampati degli elefantini a stelle e strisce. I tre guadagnano l'ingresso, una sala pavimentata di marmo con, appesi sul fondo, i ritratti dei più famosi sindaci Repubblicani della città. C'è un discreto viavai di persone, ma Rosenbringer si dirige deciso verso il bancone dell'accoglienza e sorride con sussiego all'impiegato:
“Buongiorno. Siamo qui per fare una donazione, ci potrebbe indicare l'ufficio finanziamenti?”
“Buongiorno a lei. Segua il corridoio fino al terzo ufficio a destra. E grazie per il vostro impegno!”
Il terzo ufficio sulla destra è una grande stanza divisa in quattro salottini da dei tramezzi: in ognuno di essi ci sono una scrivania con un computer, delle sedie imbottite ed una sorridente segretaria in tailleur blu. Tre dei quattro vani sono già occupati da cittadini ansiosi di contribuire alla campagna elettorale di Patrick Dwight, ma dall'ultimo sulla destra si sporge una donna bionda e graziosa che invita il gruppo ad accomodarsi.
“Vorremmo parlare con il suo responsabile” annuncia Rosenbringer. “Si tratta di una questione, come dire, riservata…”
La donna lo guarda per un attimo senza capire, poi sorride e alza la cornetta di un telefono vecchio modello. “Aspetti un attimo, vi annuncio”.
Penny, Killex e il dottore vengono condotti nell'ufficio accanto, dove li accoglie un uomo sulla quarantina, bruno ed elegante. Ha l'aria stanca ed un braccio sintetico ultimo modello, con le componenti meccaniche a vista. L'uomo tende la mano a Penny:
“Buongiorno, sono Julian Reyes. Cosa posso fare per lei?”
“Buongiorno signor Reyes. Io e i miei colleghi rappresentiamo la E.G.O. Inc e la nostra società è interessata a finanziare la vostra campagna…”
“Sappiamo che la donazione legalmente accettabile è di cinquantamila eurodollari” si intromette Rosenbringer. “Ma noi siamo disposti ad impegnarci per dieci volte tanto…”
Sul viso stanco dell'uomo si allarga un sorriso. “Perchè non vi accomodate, intanto? Posso offrirvi qualcosa?”
Penny siede su una delle poltroncine in similpelle di fronte alla scrivania ed accavalla le gambe con aria soddisfatta. “Un caffè andrà benissimo”.
Reyes chiama la sua segretaria, che compare quasi immediatamente con un vassoio, quattro tazzine, una caffettiera e dei dolcetti alle mele. Rosenbringer e Killex prendono posto ai lati di Penny, e il dottore rimescola il suo caffè guardando il responsabile dell'ufficio raccolta fondi con un sorriso svagato.
“La mia società, le dicevo, ha particolarmente a cuore la buona riuscita della vostra campagna elettorale, e ci sono – non so se lei mi capisce – altri modi in cui potremmo offrirci di aiutarvi…” Rosenbringer non riesce a terminare il suo discorso, perché la porta dell'ufficio viene aperta con una certa violenza e un attimo dopo Mark sente la canna di una pistola premergli sulla nuca: “Marcus Kramer, o qualunque cazzo sia il suo nome, lei è in arresto”.
Reyes spalanca gli occhi e la bocca, attonito mentre Penny, voltandosi lentamente, vede il profilo severo di Samantha Rowling ed il suo braccio teso a puntare un revolver sulla testa di Mark. Il solitario non si scompone: “Non credo che mi arresterà oggi, capitano. Sono la sua possibilità di essere il prossimo sindaco di Nuova New York”.
Si sente un click – il cane viene armato, o disarmato – ma l'arma non si sposta di un millimetro.
“Perchè non posa la pistola e siede con noi a parlare della sua campagna elettorale?” continua Killex in tono amichevole.
“Ci permetta di fare la donazione, signorina Rowling. Poi potremo parlare con calma di tutta questa storia” si intromette Rosenbringer. Il capitano abbassa la pistola, senza rinfoderarla, e fa un cenno a Reyes; questi porge a Penny un tablet con mani tremati. “Compili questo modulo per la donazione legale, signorina. Le invierò poi un numero di conto corrente di una società di copertura su cui versare il resto del denaro…”
Samantha Rowling appoggia le spalle alla porta dell'ufficio di Reyes, chiudendola. Continua a tenere la pistola in mano.
“Sto aspettando…” dice con voce gelida.
“Vede, capitano, l'unica cosa su cui le ho mentito ieri mattina è la mia vera identità. Come lei stessa ha potuto constatare, ho alle spalle una società che dispone di una certa libertà d'azione…”
“A cui in molti tentano di mettere i bastoni tra le ruote…” precisa Penny.
“Il caso su cui le sta indagando – quegli omicidi – sono un caso di cui ci stiamo occupando anche noi. E si tratta probabilmente soltanto della punta dell'iceberg. Le sto offrendo un caso davvero clamoroso su un piatto d'argento. Oltre al nostro appoggio alla sua candidatura a sindaco…”
Sulla faccia di Samantha Rowling passa una successione di emozioni complesse, ma la mano che regge il revolver rimane salda.
“Noi pensiamo sinceramente che lei – la sua integrità e il suo impegno – sia quello di cui questa città ha bisogno” sorride Penny. “E ci dispiace che i nostri rapporti siano cominciati con il piede sbagliato ma, vede, stavano tentando di incastrarci…”
“Reyes” chiede il capitano piantando gli occhi in faccia all'uomo che siede, ancora confuso, dietro alla scrivania. “A chi va la tua lealtà?”
“Ma a lei, Samantha” balbetta.
“Allora tieni bene a mente quello che sto per dire” comanda, poi si rivolge a Penny. “Non voglio nessun fottuto scheletro nel mio armadio. Voglio un contratto depositato da un notaio di mia fiducia. E, sia chiaro: voi mi avete fregata una volta – onore al merito – ma, se ci riprovate, io fotterò voi e le vostre generazioni per…”
“Stiamo giocando a carte scoperte, signorina Rowling. Consideri che avremmo potuto ucciderla in qualsiasi momento” la interrompe Rosenbringer. Il capitano annuisce, rinfodera la pistola e tira fuori dal portafogli un biglietto da visita. “Questo è il contatto del mio legale. Parlate con lui, poi ci risentiremo. Adesso scusatemi. Ho una campagna elettorale da riorganizzare”.
Stravaccato sulla poltrona del suo ufficio, davanti ad un bicchiere di whisky – forse ultimamente sta bevendo un po' troppo, ma da un po' di tempo a questa parte il suo stress è fuori controllo – Killex ascolta il tamburellare della pioggia sui vetri. Penny, dichiarando di avere urgente bisogno di una seduta dall'estetista, si è presa il pomeriggio libero; Dur sta lavorando freneticamente per cercare qualsiasi notizia su Andrew Malone: da quando Skyroot è in coma, il lavoro dell'ufficio Sicurezza Informatica sembra triplicato. Rosenbringer è sparito e Fisk è stato intrattabile fin dal mattino. Dovrebbe lavorare, invece svuota il bicchiere in un sorso e si spara in cuffia un vecchio album degli Staind, “Break the Cycle”: ottimo grunge d'inizio secolo. Il suo intorpidimento viene spezzato dall'arrivo di un messaggio di sua sorella Rose.
“Potevi dirmelo, stronzo!”
“Di cosa stai parlando?”
“Lo sai benissimo! Non si può mai contare su di te per le cose importanti!”
“Rose, non so davvero a cosa ti riferisci. Puoi spiegarmi?”
Nessuna risposta. Killex si versa un altro whisky: sta per far ripartire la musica quando sente bussare alla porta.
“Avanti”.
Fisk entra e, con aria imbronciata, siede di fronte alla scrivania. Sospira, poi si aggrappa con le mani al bordo di vetro del tavolo, e, allargando i gomiti in fuori, si sporge verso Mark e borbotta:
Fisk entra e, con aria imbronciata, siede di fronte alla scrivania. Sospira, poi si aggrappa con le mani al bordo di vetro del tavolo, e, allargando i gomiti in fuori, si sporge verso Mark e borbotta:
“Sai quelle cose che non ti aspetti di fare mai nella vita? Beh, Killex, pensavo che sarebbe mai successo, ma mi hanno incastrato…”
“InfoCorp? Arasaka? Militech?”
“No. Dana. Credo che ci sposeremo”.
Sulla faccia di Mark si succedono nell'ordine: stupore, invidia, una punta di tristezza. Infine sorride.
“Congratulazioni, allora…”
“Beh, grazie”.
“Credo che dovremo berci sopra”.
“Mi sembra una buona idea”.
lunedì 12 febbraio 2018
112 - una scelta semplice
Fisk si sveglia nel letto di Dana, tra le lenzuola che profumano di vaniglia e portano stampata la riproduzione di un quadro di Georges Braque. Nel dormiveglia si sente strano e confuso, leggermente angosciato. Rigirandosi e stiracchiandosi, con gli occhi ancora chiusi, cerca di ricostruire il sogno che lo ha messo a disagio, poi un'illuminazione gli attraversa il cervello: non si è trattato di un sogno! Salta a sedere sul letto, completamente sveglio, e si guarda intorno. Dalla finestra, tra le tende color verde mela, entra la luce polverosa di un nuovo mattino di pioggia e grosse gocce battono contro i vetri; ai piedi del letto, su una poltroncina di pelle dello stesso colore delle tende, i suoi abiti aspettano ordinatamente ripiegati. Dana non c'è, ma si sentono, attutiti, dei rumori provenire dalla cucina: un rubinetto che si apre, padelle posate sul fuoco, sportelli richiusi, ed una voce che canticchia il terzetto dei soldati dal primo atto del “Così fan tutte” di Mozart. Fisk si lascia ricadere sui cuscini, sospirando. Ricostruisce quanto è successo.
Dopo essere tornato dalla centrale della OCP, Fisk prenota un tavolo per due a La Terrazza, ricattando John Briatore per avere la cena gratis: deve farsi perdonare da Dana per non aver risposto ai suoi messaggi e alle sue chiamate negli ultimi due giorni. Si sente leggermente in colpa, nonostante in questi due giorni effettivamente l'abbiano inseguito in dei vicoli oscuri, abbiano tentato di ucciderlo, di incastrarlo, di accusarlo di omicidio. Sono stati due giorni praticamente insonni. Non appena si riprende, verso la metà del pomeriggio, manda a Dana un messaggio con scritto “Tesoro ti porto fuori a cena per scusarmi. Passo a prenderti alle sette e mezza”. Non riceve risposta, ma ugualmente si lava, si veste con cura e si ferma lungo il tragitto a comperare dei fiori. Cinquecento eurodollari di fiori! Dana gli apre la porta con un grembiule da cucina sopra un vestitino nero, con stampati sulla gonna ampia grandi arabeschi colorati. Ha i capelli bianchi e viola acconciati con eleganza in soffici boccoli ed un paio di scarpette di vernice a tacco alto, ma il suo guardo è severo. Nell'aria aleggia un buon profumo di carne grigliata, di patate, di rosmarino.
“Ciao tesoro!” dice lui, porgendole i fiori con un sorriso che spera convincente “Non hai ricevuto il mio messaggio?”
“Non ho guardato il cellulare, oggi” risponde seccamente lei, slacciandosi il grembiule e lanciandolo in direzione della cucina.
“Beh, non siamo in ritardo: ho prenotato un tavolo e…”
Lei lo afferra per la cravatta e lo tira nell'ingresso; chiude la porta e ce lo spinge contro con una certa violenza.
“Cioè, tu ti presenti qui come se niente fosse… Brutto stronzo!” esclama, mollandogli un sonoro ceffone. Fisk non fa in tempo a protestare perché le sberle si moltiplicano, alternate a pugni sulle spalle e a graffi sulla camicia:
“Sparisci per giorni e io non so nemmeno se sei vivo o morto in un vicolo! È sempre la stessa storia… Brutto stronzo, stronzo insensibile… non hai nessun rispetto per la tua vita! Io lo so – lo so! - prima o poi riceverò una chiamata da Penny o da Killex che mi avvisano che qualcuno ti ha fatto saltare la testa!” urla Dana. Fisk cerca di ripararsi dai colpi, invano: non ha paura che lei possa fargli davvero male, ma la faccia gli brucia e la sua bella camicia ha già il colletto strappato. La prende per i polsi:
“Tesoro, calmati per favore…”
“Stai zitto!” gli grida contro Dana, divincolandosi “Se proprio devo avere il compito di seppellire e piangere qualcuno, non sarà un signor nessuno! Pretendo che sia mio marito!”
Il senso delle parole di lei, come una valanga che travolge i colori del paesaggio, lasciando solo bianco e silenzio, piomba tra loro raggelando entrambi.
“Oh!” balbetta Fisk, e la lascia andare, attonito. Anche Dana sembra essersi calmata: fa un passo indietro, incrocia le braccia sul petto e lo squadra:
“È tutto quello che hai da dire?”
Confuso, lui cerca di prendere tempo:
“Dana ehm… La mia vita è difficile…”
“Dimmi qualcosa che non so”
“Ho un gran brutto carattere…”
Lei lo guarda con sufficienza
“Io, ecco… Non ho mai pensato di farmi una famiglia… Mi trovo veramente bene con te, benissimo, ma… non è semplice, Dana, e ti metterei in pericolo…”
“È molto semplice, invece: o mi sposi o te ne vai”
Lei gli dà le spalle e sparisce in cucina, lasciandolo lì, con le spalle alla porta e la sensazione di aver preso una mazzata in testa. Fisk raccoglie il mazzo di fiori caduto sul pavimento, sospira. Un milione di pensieri gli girano per la testa, però su tutto emerge la percezione che Dana sia qualcosa di importante nella sua vita, di luminoso e dolce. L'idea di non vederla più fa più male della paura di essere incastrato. Cosa perderebbe, poi? La sua vita rimarrebbe quella di sempre, lei non è il tipo di donna che cercherà di cambiarlo. In cucina Dana è china sui fornelli, sta salando e mescolando un enorme piatto di patate al forno. Ha gli occhi asciutti, ma un'ombra di angoscia sul viso: pur sentendolo entrare non si volta. Fisk la prende per le spalle, la attira a sé, la bacia sulle labbra.
“Va bene tesoro. La mia risposta è sì. Fidanziamoci. Hai fatto qualcosa che nessuno è mai riuscito a fare: prendermi vivo…”
Killex arriva presto alla E.G.O. Inc, con due tazze di caffè della New Grind Coffee. Saluta Mendoza, stravaccato davanti al televisore, e prende l'ascensore fino al settimo piano. L'ufficio è silenzioso, eccettuato il sottofondo di una musichetta languida e trita che viene dall'ufficio in fondo al corridoio. Il solitario bussa alla porta della stanza di Dur: il tecnico è già al lavoro, chino su delle stringhe di codice. Il grande schermo a parete mostra, con abbondanza di particolari anatomici, una confusa ammucchiata di corpi maschili e femminili che si muovono al ritmo convulso di un amplesso.
“Sei stato grandioso, ieri” dice, porgendogli una tazza “Ci hai salvato letteralmente il culo”
Dur sorride, un ghigno che tende le cicatrici sul suo volto sfregiato.
“Magari il mio lavoro fosse sempre così interessante come quando mi chiamate voi. Qui di solito mi rifilano i lavori più stronzi e più noiosi”
“A proposito di lavori noiosi: avrei bisogno che mi facessi un altro favore. Tirami fuori tutte le informazioni disponibili su Samantha Rowling. E il suo numero privato”
“Ci avevo già pensato” risponde Dur. Fruga nel caos della sua scrivania, trova un tablet e lo porge a Killex “È tutto qui”.
Alle nove la squadra si raccoglie nella sala riunioni. Penny beve caffè seduta sul tavolo, dondolando le belle gambe e discutendo con il dottore. Rosenbringer sta cercando di convincerla ad aumentare le sue sedute di analisi, lei risponde enumerando gli infiniti impegni che glielo impediscono: parrucchiere, estetista, sedute di massaggi, yoga, palestra, shopping. Killex passeggia nervosamente su e giù per la stanza. Fisk è in ritardo: quando finalmente arriva – sono quasi le nove e mezza – tutti si voltano a guardare la sua espressione stravolta e il suo colletto strappato. Il solitario fa finta di nulla, prende posto al tavolo e si accende meticolosamente un sigaro.
“Dobbiamo parlare di Samantha Rowling” annuncia Killex
“Intendi dire che dobbiamo farla fuori” lo corregge Fisk, smorzando la cenere su un piattino.
“Forse no. La mia domanda è: ci è più utile un capitano della OCP morto oppure un futuro sindaco alleato?”
“Certo che ci farebbe comodo l'amicizia del sindaco, ma non vedo come…” si intromette Penny
“Samantha Rowling, tra l'altro, non è il candidato sindaco. È solo nella lista dei consiglieri per il Repubblicano Patrick Dwight…” osserva Rosenbringer che sta scorrendo su un tablet la lista dei concorrenti per la giunta di Nuova New York
“Questo è solo un dettaglio” lo interrompe Mark “La Rowling sta facendo di tutto per fare bella figura, ha bisogno di cavalcare un caso di clamoroso… che tra l'altro – stando alle informazioni che ha raccolto Dur – è l'unico tipo di cavalcata che si concede…”
“Non divaghi, Killex”
“Dicevo: io e Fisk abbiamo mentito solo riguardo le nostre identità. Stiamo davvero indagando per incastrare la InfoCorp, è per questo che Andrea ci ha assunti. Se noi riusciamo ad offrire al capitano Rowling un caso più grosso con cui farsi pubblicità…”
“Mi sembra un piano un po' ardito. Come hai intenzione di avvicinarla tra l'altro?” chiede Penny
“Questo è semplice” sorride Rosenbringer “In campagna elettorale tutti i candidati cercano finanziamenti…”
“Questo è semplice” sorride Rosenbringer “In campagna elettorale tutti i candidati cercano finanziamenti…”
“Buona idea, dottore! Se riusciamo a fare una donazione consistente, Samantha Rowling non potrà decentemente esimersi dall'incontrarci, in un luogo pubblico” Penny salta giù dal tavolo “Provo subito a chiamare il capo e le spiego il nostro piano”.
venerdì 9 febbraio 2018
111 - una fredda notte d'estate
Penny si sveglia sul divano del suo ufficio. Era così stanca che, una volta rientrata alla E.G.O. Inc – e dopo un rapido ma teso colloquio con Andrea –, si è addormentata senza nemmeno togliersi le scarpe. I suoi sogni sono stati angoscianti e confusi, e le hanno lasciato addosso un diffuso senso di malessere. Il senso di colpa per quello che è successo a Skyroot la schiaccia. E non è ancora finita. Quanto tempo ci metterà quel maledetto capitano Rowling a scoprire il loro inganno? Qual è la pena per un reato del genere? Senza contare che ci sono là fuori, da qualche parte, un certo Shimitzu ed un certo Andrew Malone che vogliono incastrare la sua squadra. Si alza e si strappa di dosso i vestiti, fermandosi per un attimo a guardare i segni rossi che le fascette le hanno lasciato sui polsi. L'orologio in alto a destra del suo campo visivo segna le venti e quaranta: l'ora giusta per uscire, divertirsi e bere fino a dimenticare tutto. Digitando nell'aria, scrive sulla sua pagina in un social network: “Qualcuno ha voglia di portarmi fuori questa sera?”, poi si infila sotto a doccia.
Penny indossa un vestito di lana color salvia, piuttosto corto: la stoffa è così morbida e sottile che le aderisce addosso come un guanto, dando una maliziosa impressione di nudità. Sceglie un paio di stivali di cuoio con il tacco, alti sopra il ginocchio, e si trucca con attenzione per nascondere le ombre della stanchezza e dell'angoscia. Ha ricevuto una dozzina di inviti, e li sta vagliando per scegliere il suo amante di una notte, quando il telefono nella sua testa comincia a squillare:
“Oh, Kristjan…”
“Ciao Penny, come stai?”
“Bene” mente con forzata allegria “E tu?”
“Io sto bene, tu invece sembri un po' giù di morale… Ascolta: lo so che noi non usciamo insieme, ma sono bloccato qui in ufficio tutta la notte ad aspettare una spedizione importante dal Giappone. Ed ho una bottiglia di champagne e delle fragole. Perchè non passi da me? Possiamo parlare un po'”.
Penny sa molto bene cosa vogliono gli uomini da lei – non che le dispiaccia - ma Kristjan sembra diverso. Non le sbava addosso. Continua a corteggiarla con discrezione ed eleganza. La ascolta parlare di sé. La accarezza con tenerezza. Di fronte alla pacata sicurezza di lui si sente inerme, e non le è mai successo di sentirsi così con un uomo. Improvvisamente Penny ha voglia di piangere e, subito dopo, ha paura che lui se ne accorga. Sente delle parole salirle nella gola, insieme ai singhiozzi, ma ricaccia giù tutto. Si sforza di sorridere:
“Magari riesco a fare un salto”.
Un'auto aziendale, con a bordo Mark, Penny e Rosenbringer, si ferma in una strada dall'asfalto screpolato, nella zona sud dello sprawl. È notte e l'unica fonte di luce è quella dei rari lampioni sfarfallanti lungo la strada. Dur, con un colpo di fortuna, è riuscito a rintracciare delle registrazioni che collocano Andrew Malone in quella zona. Sulla destra della strada c'è un parcheggio pieno di motociclette ed in fondo al parcheggio sorge un vecchio bar, il “GREEN BUBBLE TANK”, con un'insegna al neon ed un'enorme vetrata rattoppata con grate e lamiere. Il piazzale è deserto, ad eccezione di un gruppo di barboni che si riscaldano intorno ad un bidone in fiamme, e che non alzano nemmeno gli occhi verso la loro automobile. Improvvisamente la porta del bar cigola e ne escono tre uomini, che si fermano a parlare sotto l'insegna al neon: due indossano camice di flanella e giacche di pelle, ed hanno, sulle tempie rasate, vistosi tatuaggi, una scritta arancione bordata di nero che dice “G13”. Portano dei fucili a canne mozze legati alla cintura e Killex, osservando il loro portamento, ha l'impressione di trovarsi davanti a dei soldati. Il terzo uomo è più giovane e più mingherlino, indossa una felpa nera e sembra disarmato. Andrew Malone.
Penny, Killex e il dottore attraversano cautamente il parcheggio: nonostante sappia che il suo capo ha intenzione di parlare amichevolmente con Malone, magari pagandolo per avere delle informazioni, Mark è felice di avere con sé, legato alla schiena, un fucile a pompa. Sentendoli arrivare, i tre uomini si voltano a guardarli con diffidenza:
“Cosa ci fate voi fighetti da queste parti?” chiede aggressivamente uno di loro allungando la mano verso il fucile, il cranio nudo che riflette la luce verde dell'insegna del bar.
“Siamo a caccia di informazioni” sorride Penny
“Beh, forse ho un paio di minuti per ascoltare la proposta di una bella donna” ghigna lui, allontanando la mano dall'arma e squadrandola “Cosa vuoi?”
“Cerco Andrew Malone”
In un attimo, i due tizi in giacca di pelle le stanno puntando contro i fucili. Rosenbringer fa un passo indietro, ma Killex scatta in avanti per mettersi tra Penny e le armi, estraendo il revolver dalla tasca della giacca. Sente il click delle sicure dei fucili che vengono disinserite. Andrew Malone fa cenno ai suoi di fermarsi, e questi abbassano un poco le armi, pur continuando a tenerli sotto tiro.
“Tieni a cuccia il tuo cagnolino, bella” dice a Penny “Cosa vuoi da me?”
Lei mette una mano sul gomito di Mark, poi lo supera e, tenendo alte le braccia, si avvicina lentamente a Malone. Continua a sorridere.
“Come ho detto voglio solo parlare: sto cercando delle informazioni. Magari posso offrirti una birra, intanto”
“Birra ne abbiamo bevuta più che a sufficienza. Se ti stai offrendo di farci un pompino potrei anche accettare. Quanto alle informazioni, quando avremo finito con te vedremo se te le meriti”
“Bada a come parli” ringhia Killex
“Non riesci proprio a stare al suo posto, eh?” lo schernisce Malone “Qualcuno dovrebbe insegnarti a stare zitto quando il tuo capo tratta di affari. Cosa c'è? Non hai avuto la tua razione di biscottini oggi?Ragazzi, qualcuno di voi ha un biscotto per un cagnolino un po' nervoso?”
I due uomini in giacca di pelle sghignazzano
“Te lo infilo su per il culo e te lo faccio uscire dalla bocca, il biscottino. Pezzo di merda”
“Provaci…” sorride Malone
“Manteniamo la calma” si intromette Rosenbringer “Siamo qui con le migliori intenzioni…”
“Tu puoi anche fare a meno di parlare, dottore, di te non me ne frega un cazzo. Mi sono stancato di giocare con voi… Quanto a PennyLane Clarke, visto che si è offerta spontaneamente…” Malone afferra la ragazza per un polso, tirandola a sé, poi fa un cenno ai suoi che alzano i fucili su Killex e Rosenbringer. Mark vede Penny trascinata via, verso il retro del bar, vede che cerca disperatamente di divincolarsi, invano. Mira alla testa del più vicino dei due uomini in giacca di pelle e preme il grilletto. Click. Il suo nemico rimane in piedi: il revolver ha sparato a salve, il caricatore è vuoto. In un impeto di sgomento e furore il solitario lascia cadere la pistola e si getta a testa bassa contro Malone. Sente dei proiettili fischiargli vicino, ma non si ferma: i due uomini rotolano a terra, urtando malamente l'asfalto. Mark afferra Malone per il bavero della felpa e gli assesta un pugno sulla bocca: vede il suo viso contrarsi in una breve smorfia di dolore, poi sorridere con le labbra insanguinate:
“Sei fottuto, Killex”
Il solitario aspetta lo scoppio di un colpo di fucile contro la schiena, - la sua giacca è antiproiettile, ma l'urto farà male - invece tutto intorno a lui tace. Alza la testa e guarda Penny: in piedi a pochi metri, la ragazza ha estratto la pistola e sta cercando di prendere la mira su Malone. Un puntino rosso le brilla sulla fronte. Mark sente il cuore contrarglisi nel petto, lascia andare il suo nemico e, incespicando, si alza e si lancia su Penny. L'ha quasi raggiunta, sfiora già con le dita protese la stoffa del suo vestito. Per un attimo i loro occhi si incontrano, poi la testa di lei esplode ed il suo corpo si accascia scompostamente ai piedi di Killex, in una pozza di sangue. Lui crolla a terra. Urla, e urla ancora.
Un'esplosione di luce.
Killex si sveglia gridando, sul divano rosso del salotto. È coperto di sudore gelato e scosso da brividi. Lentamente riprende contatto con la realtà che lo circonda: l'appartamento è buio e silenzioso, solo dalla cucina arriva il ronzare discreto del frigorifero, e lampi di luce provenienti dalla strada attraversano a tratti le finestre. Si alza, con le ginocchia che gli tremano ancora, e percorre il corridoio fino alla stanza di Penny. La porta è aperta, il grande letto vuoto ed intatto, nell'aria un leggero ma persistente odore di verbena.
L'orologio segna le due e dieci del mattino, ed ha ricevuto due messaggi: “Vado da Dana, ci vediamo domani in ufficio. Fisk” e “Non disturbatemi nemmeno in caso di apocalisse nucleare. Sarò felice di dormire da morto. Dur”. Nessun segno da Penny.
Killex raggiunge la cucina – passando davanti alla porta di Janine da sotto la quale filtra una lama di luce – e si versa un whisky abbondante. I contorni del sogno che ha fatto stanno già svanendo, ma due particolari sono ben impressi nella sua mente. Primo: la sigla che ha visto tatuata sulle tempie degli uomini che accompagnavano Malone, “G13”, gli ricorda qualcosa. Fruga nella sua memoria trovando solo una sensazione di freddo, di disagio, di luce. Chiederà a Dur di fare qualche ricerca. Secondo: il caricatore del suo revolver vuoto. Killex sa, con l'onnisciente sicurezza che si ha nei sogni, che prima di scendere nello sprawl per incontrare Malone, è passato a prendere le armi al reparto Logistica. Sa che quel caricatore glielo ha dato Ragnarsson. Se raccontasse il suo sogno al dottore nella seduta del martedì, questi tirerebbe in ballo qualche allusione freudiana alla sua gelosia o alle sue ansie da prestazione. Ma questa spiegazione non lo convince del tutto. Si versa un altro whisky. Ha problemi più urgenti, per esempio Samantha Rowling. Bella donna, molto pericolosa. Fare in modo che rimanga coinvolta in un incidente sarebbe la soluzione più rapida, tuttavia...
lunedì 5 febbraio 2018
110 - la grande beffa: terzo atto
La tensione nella stanzetta è palpabile, e tutti tacciono mentre il capitano Rowling allunga il cellulare a Mark, senza dire una parola.
“Signore?”
“Mi dicono che state facendo casino con la OCP” risponde una voce strascicata e sussiegosa che il solitario non ha mai sentito. Chiude gli occhi augurandosi disperatamente che il suo interlocutore sia Dur.
“Chiedo scusa, signore” gracchia con parole rotte dall'ansia. La voce sconosciuta ride:
“Così mi piaci. Stiamo ricostruendo il documento spedito due giorni fa. A chi avremmo dovuto mandarlo?”
Killex vorrebbe piangere e ridere insieme. Deglutisce per mascherare la sua emozione.
“Al capitano Dodge, signore”
“Bene. Ripassami la Rowling che abbiamo poco tempo. E voi fate i bravi”
Sorridendo, Mark restituisce il cellulare al capitano.
“A quanto pare due giorni fa questi idioti hanno mandato una richiesta al capitano Dodge. Sono dei cani sciolti, cosa vuoi farci?” dice la voce di Michignan
“Puoi inviarmene una copia?”
“Lo faccio subito, Samantha”
“A parte questo: io adesso cosa faccio? Ho qui quaranta uomini ed ho fatto una richiesta a McMullen per un mandato…”
“Tranquilla, faremo in modo che tu ne esca pulita. Entrerai sola in quel box accompagnata dai miei agenti, poi loro prenderanno in consegna il caso. Tu verrai sollevata dalle indagini per ordine della polizia federale, e tutto andrà a posto”
“Va bene, ricordati di mandarmi le carte necessarie al passaggio di consegna. E ricordati che i tuoi mi devono delle scuse”.
Killex e Fisk si scambiano un'occhiata d'intesa. Passata l'imminenza del pericolo, la recita comincia a divertirli.
“Allora, Fisher, dato che la copertura è saltata, vogliamo occuparci di questi due? Tu ammanetti il dottore e io mi prendo la stronzetta?” dice Mark tirando fuori delle fascette di plastica ed avanzando verso Penny e Rosenbringer, seduti in un angolo.
“Fai come vuoi, eri tu che te la sbattevi”
Samantha Rowling, appoggiata alla scrivania a braccia conserte, guarda Killex piuttosto male.
“Sotto copertura si fanno cose anche peggiori, capitano, non mi dica che non lo sa” risponde lui con un ghigno, poi, le mani sui fianchi, si rivolge a Penny “Avanti, bella, tira fuori le chiavi di quel magazzino!”
“Ma ti sembra il modo di parlarmi?” protesta lei con voce stridula. La tensione che ha accumulato è talmente tanta che fingere una reazione isterica non le costa alcuna fatica. Mark la solleva prendendola bruscamente per la spalla, le piega le braccia dietro la schiena e la ammanetta.
“I giochi sono finiti, tesoro” le sussurra sulla nuca, infilandole le mani nella tasca della giacca per prendere la chiave magnetica. Rosenbringer, ammanettato da Fisk alla sedia accanto, protesta vivacemente.
“Non potete trattarmi così! Conosco i miei diritti! Di cosa sarei accusato, poi? Pretendo di chiamare subito il mio avvocato, questo è un abuso di potere da parte vostra…”
Nessuno fa caso alle sue lamentele che vengono tra l'altro interrotte dall'arrivo di un poliziotto:
“Capitano, è arrivato il mandato che aveva richiesto” dice, consegnando a Samantha Rowling un plico. La donna lo scorre velocemente e poi lo fa riprendere dalla telecamera di uno degli agenti. Killex si avvicina e controlla il mandato, annuendo con aria professionale.
“Mendelson e Callaway, voi a controllo del perimetro. Steele, tu ed Elliot rimanete qui a sorvegliare Rosenbringer e la Clarke. Muoviamoci” ordina il capitano, poi esce seguita dai due solitari.
“Come se potessi muovermi!” sbuffa il dottore. Fisk, con un certo sadismo, gli ha legato la mano destra e la caviglia sinistra al telaio della sedia.
Killex, Fisk e Samantha Rowling sono davanti alla porta del box 2148: dopo essersi guardato intorno, per assicurarsi che il corridoio sia deserto, Mark inserisce la chiave magnetica nella serratura facendo scattare la porta. Mentre il suo collega si infila nel magazzino crudamente illuminato dalle luci al neon, Fisk si appoggia allo stipite della porta, impedendo il passaggio al capitano, e le dice in tono un po' contrito:
“Capitano, sono mortificato per il mio comportamento… Ho dovuto interpretare la parte dello psicopatico per così tanto tempo che ormai ho difficoltà a gestire la rabbia… Io e l'agente Kramer siamo sopra questo caso da diversi anni, e vederlo saltare così… Comunque la prego di accettare le mie più sentite scuse…”. Samantha Rowling lo guarda ed il suo cipiglio si addolcisce un poco
“Va bene, agente Fisher. Adesso entriamo”
Mark è in piedi al centro della stanza, con già indosso un paio di guanti di lattice. L'ambiente è umido e sconfortante, l'unico rumore il ronzare dei frigoriferi a pozzo:
“Allora, apro?” chiede Killex afferrando una maniglia. Il frigo si apre lasciando uscire una nuvoletta di vapore ed un piccolo oggetto cade sul pavimento di cemento, con rumore metallico.
“Cos'è?” chiede il capitano e, infilandosi i guanti, si china a raccoglierlo. È una spilletta rotonda con incise un I ed una C rovesciata: lei la osserva per un attimo e poi la passa a Fisk.
“Come sospettavamo” borbotta il solitario. Samantha Rowling si avvicina al frigorifero e guarda dentro, poi tira fuori la testa mozzata di un cadavere cui mancano entrambi gli occhi.
“Un bel lavoro” commenta asciutta, rimettendo a posto il cranio “Bene, agenti, adesso aspettiamo solo il passaggio di consegne da parte del vostro direttore, poi potrete andare…”
“Dato che qui abbiamo finito, perché non lascia che le offriamo un caffè?”.
Ricevuto il documento contraffatto da Dur, Samantha Rowling si dimostra finalmente collaborativa ed ordina ai suoi uomini di aiutare Killex e Fisk a caricare sul furgone i frigoriferi sigillati; si offre inoltre di spedire all'ufficio federale le prove raccolte nel box 2147.
“Abbiamo trovato cocaina, sangue, e polvere da sparo, tra le altre cose” dice, seduta alla scrivania del piccolo ufficio con davanti una tazza di caffè fumante. Allunga a Fisk un documento con i rilievi della scientifica; il solitario lo sfoglia corrucciato:
“Ci farebbe comodo avere subito queste prove, capitano”
“Non c'è problema: vi accompagno in centrale, vi faccio firmare due carte e ve le consegno”.
Sotto la supervisione di Killex, Penny e Rosenbringer vengono prelevati dall'ufficio, accompagnati fino al parcheggio e fatti salire poco gentilmente dal portellone posteriore del furgone. Lei non ha più detto una parola, lui continua a protestare per il trattamento subito.
“Grazie agenti” dice Mark distrattamente ai poliziotti che stanno ammanettando il dottore ed il suo capo alle barre laterali: ha notato che, tra le guardie in tenuta antisommossa schierate ai cancelli del Maastricht Complex per tenere lontana la stampa, c'è Hank. Hank lo guarda fissamente, con una luce omicida negli occhi. Il solitario si caccia in bocca una gomma da masticare e, le mani sprofondate nelle tasche della giacca, gli si avvicina e finge di leggere la targhetta sul giubbotto antiproiettile:
“Qualche problema, detective… Polanski?” chiede sorridendo
“Nessuno, signore” risponde questi, digrignando i denti
“Volevo ringraziare lei e i suoi colleghi. Ci siete stati straordinariamente utili, non può immaginare quanto…”
Il furgone senza loghi della E.G.O. Inc, preceduto e seguito da due volanti, sale al quinto livello, verso la centrale della OCP. I quattro occupanti viaggiano in silenzio, Penny e Rosenbringer piuttosto scomodi e leggermente sballottati, nello spazio ridotto lasciato libero dai frigoriferi.
“Ah, dottore, sappia mi dispiace di averla maltrattata” dice improvvisamente Fisk, accendendosi un sigaro e soffiando il fumo fuori dal finestrino.
“Ne dubito. Comunque non si preoccupi, ne riparleremo martedì”
“Io non posso dire lo stesso. Mi è piaciuto molto ammanettarti, capo” sorride Mark cercando lo sguardo di Penny nello specchietto retrovisore.
“Parlerete di questo più tardi” si intromette secco Rosenbringer “Adesso avete un problema: dovrete entrare nella centrale della OCP e firmare i documenti. Ci saranno di sicuro delle telecamere interne”
“Può occuparsene Jenkins, se riusciamo a connettere un jack ad uno dei loro computer” suggerisce Fisk “Basta trovare una buona scusa. Intanto la chiamo…”
Killex e Fisk, con il Samantha Rowling e tre agenti, entrano nella centrale della OCP. È un edificio imponente, con una luminosa facciata di vetro strutturale: essendo quasi ora di pranzo, nell'ampio ingresso c'è un certo via vai di poliziotti in divisa ed in borghese, cui si mescola il brusio discreto proveniente da un bar che si apre sulla destra. Il capitano congeda i suoi uomini, poi guida i due solitari oltre il banco dell'accettazione, protetto da vetro antiproiettile, ed oltre una sala d'attesa, raggiungendo gli ascensori. Inserisce una chiave nel tastierino, poi seleziona il quinto piano ed infine accompagna Killex e Fisk lungo un corridoio, fino al suo ufficio.
“Accomodatevi” dice, sedendo alla scrivania e prendendo il telefono “Chiamo subito la scientifica e vi faccio portare quelle prove” Fisk si lascia cadere su una poltroncina di sintopelle nera, mentre Killex si guarda intorno: l'ufficio di Samantha Rowling è piuttosto spartano, ma spazioso e luminoso; sotto la vetrata che occupa tutta la parete di fondo c'è un tavolino di plastilegno con computer in standby.
“Capitano, già che sono qui potrei… uhm… controllare la mail privata della Clarke? Ho l'accesso e la controllo ogni mattina, ma oggi, per via della vostra indagine a sorpresa…”
Lei lo guarda, per un attimo dubbiosa, ma Mark sorride:
“Preferisco farlo da un dispositivo fisico, per problemi di firewall. Ci metterò un attimo”
Killex siede al computer, apre la casella di posta aziendale di Penny ed aspetta che l'arrivo di un agente della scientifica distragga il capitano per inserire il jack nel computer. Samantha Rowling intanto prende dalle mani di un uomo in camice bianco uno scatolone sigillato e lo consegna a Fisk. “Ecco le vostre prove. Dovete solo firmare un paio di documenti”
Una finestra sfarfalla un paio di volte sullo schermo, poi Killex riceve un messaggio da Jenkins:
“Sono dentro. Cosa devo fare?”
“Cancella me e Fisk dalle registrazioni delle telecamere della centrale. Cancella anche le nostre firme digitali”
“Ottimo. Da quando mi disconnetti avete tre minuti per andarvene”.
venerdì 2 febbraio 2018
109 - la grande beffa: secondo atto
I minuti passano lenti. Non fidandosi della propria voce, Penny tace: la consapevolezza di aver facilitato il lavoro al capitano e l'immagine dei tre cadaveri fatti a pezzi che ha visto nei frigoriferi l'hanno fatta sprofondare in una confusa disperazione. Se avesse detto che il box apparteneva alla E.G.O. Inc, il mandato di perquisizione sarebbe stato più difficile da ottenere: un giudice non autorizza con leggerezza indagini sugli affari di una corporazione, così invece… Mark e la sua fedina penale non proprio pulita hanno appena vinto un soggiorno in un carcere di massima sicurezza, trent'anni come minimo. Mai più si addormenterà con il respiro di lui sulla nuca, le sue braccia intorno. E non può nemmeno chiamarlo, dirgli di scappare. Quanto a loro, cioè lei, Fisk e Rosenbringer, il diavolo sa di cosa saranno accusati. Andrea probabilmente troverà il modo di svincolare la sua azienda dall'indagine, sacrificandoli… In ogni caso il suo lavoro è perso. E la sua carriera è finita: nessuna corporazione si sognerà di assumerla, dopo uno scandalo del genere. Come sarà deluso, suo padre! Lui non ha mai fatto un errore così idiota, anzi probabilmente non ha mai fatto errori in generale…
Penny si sente addosso lo sguardo del capitano, anche se non ha il coraggio di alzare gli occhi dalle scarpe.
“Forse vuole confessare qualcosa, miss Clarke?” suggerisce Samatha Rowling “Una dichiarazione spontanea renderebbe più leggera la sua posizione in tribunale…”
La ragazza lancia un'occhiata a Rosenbringer: in piedi accanto a lei, con la solita aria compassata, il dottore stringe le labbra.
“N-non ho niente da confessare, capitano”
“Come preferisce, vuol dire che aspetterò ancora un poco…”
Nella stanza torna il silenzio, rotto solamente dal ticchettare di un vecchio orologio alla parete: la Rowling riprende a sfogliare il documento che le ha inviato Rosenbringer, i quattro agenti sulla porta sono impassibili. Dopo qualche minuto – a Penny sembra passata un'eternità – si sente di nuovo bussare.
“È arrivato il mandato?” chiede il capitano senza riuscire a nascondere una certa impazienza.
“Nossignora. Ma potrebbe uscire un attimo? Sembra che abbiamo un problema…” balbetta il poliziotto che si è affacciato nell'ufficio. Lei si alza, spazientita, ed esce, chiudendosi la porta alle spalle.
“Non ci credo nemmeno per un secondo! Comunque faremo dei controlli, chiamerò Michigan. Voi
intanto cercate di tenerli occupati: non voglio quei due cazzoni tra le palle…” la sente imprecare Rosenbringer attraverso il muro, poi Samantha Rowling rientra nella stanza e torna a sedersi alla scrivania.
“Un contrattempo, capitano?” sorride il dottore “Dovrebbe sapere che non è facile mettersi contro una corporazione…”
“Non me ne frega un cazzo della sua azienda da quattro soldi”
“Giusto. Lei vuole solo fare carriera, anche a discapito del lavoro altrui… Dell'innocente lavoro altrui…”
“Innocente? Lei probabilmente non è nemmeno nato innocente. Nel box abbiamo trovato tracce di sangue e polvere da sparo, oltre alla cocaina” lo interrompe Samatha Rowling. La sua voce, però, è tesa.
Si sentono dei passi nel corridoio, poi la porta si apre ed un agente mormora:
“Mi dispiace, capitano, ma non sono riuscito a trattenerli…”
Fisk e Killex lo superano e si piazzano al centro della stanza, esibendo due tesserini identificativi.
“Vorrei chiarire, capitano Rowling, che per colpa sua è appena saltata un'indagine federale riguardo attività illegali da parte della InfoCorp” comincia Mark in tono di esasperata calma “Questo è piuttosto fastidioso perché sono anni che io e l'agente Fisher ci facciamo il culo come infiltrati…”
“Crede che ci faccia piacere fare quello che abbiamo fatto?” si intromette Fisk, a muso duro “Crede che mi faccia piacere uccidere le persone?”
Lo sguardo di Samantha Rowling passa dall'uno all'altro: squadra Fisk dalla testa ai piedi
“Io direi di sì”
“E direbbe una cazzata. C'è un motivo se io sono un agente federale e lei un semplice capitano della OCP!”
“Questo è tutto da verificare”
“Bene. Dato che ci avete fatto saltare la copertura, vuole continuare a pestarci i piedi o vogliamo cominciare a collaborare?”
“Stiamo da anni dietro a Simon Clarke ed abbiamo dovuto farci assumere come dipendenti di sua figlia per riuscire ad arrivare a lui…” spiega Killex, ma viene interrotto dall'ingresso di un poliziotto che porge a Samatha Rowling un cellulare dicendo:
“Capitano, c'è in linea il direttore Michigan”
Lei allunga un braccio ma Fisk, più rapido, afferra il telefono e, con un gesto rabbioso, lo stritola nella sua mano metallica. Il capitano spalanca gli occhi e fa un passo indietro, gli agenti sulla porta estraggono le pistole e gliele puntano addosso.
“Ma chi si crede di essere?” lo aggredisce la Rowling “Ero al telefono con il suo capo!”
“Chi mi credo di essere? Al diavolo il mio capo! Avevamo mandato una fottutissima comunicazione alla OCP specificando che questa mattina avevamo degli affari qui! Sono sicuro che quel coglione del capitano Dodge ha volutamente ignorato questa informazione, e mandato lei a beccarsi la rogna di interferire in un'indagine federale… Adesso sparatemi pure, fantaccini, ma vi ricordo che farlo è un reato federale!” righia Fisk. Il capitano Dodge, all'epoca dei fatti un semplice detective, ha dei trascorsi piuttosto burrascosi con il solitario, avendolo fermato un paio di volte: gli avvocati della InfoCorp l'hanno tirato fuori di galera per il rotto della cuffia. Nonostante la tensione del momento, Killex non può fare a meno di ammirare la prontezza di spirito del suo amico.
Samantha Rowling si copre gli occhi con una mano, sospirando; gli uomini sulla porta continuano a tenerli sotto tiro, ma ad almeno un paio di loro tremano le mani.
“Voi volete davvero disturbare il direttore? Perchè non chiamate prima quella centrale da videogioco che vi ritrovate e non cercate la nostra comunicazione?” continua Fisk nello stesso tono rabbioso, approfittando del vantaggio guadagnato. Killex intanto gira le spalle al capitano e invia rapidamente un messaggio sulla linea di emergenza di Dur:
“Direttore federale Michigan. Dirottare chiamata in arrivo. Confermare al capitano Samantha Rowling della OCP che Kramer e Fisher sono suoi agenti sotto copertura”.
Il tecnico salta a sedere sul suo divano, svegliato dal messaggio che legge sbadigliando. Gli occhi gli si spalancano, ma le dita stanno già digitando il numero dell'ufficio Sicurezza Informatica:
“Jenkins, ho bisogno di te, immediatamente!”
Mentre aspetta che l'hacker lo raggiunga, Dur trova in rete delle videoconferenze del direttore della polizia federale di Nuova New York e le fa campionare da un programma di distorsione vocale di sua invenzione. Lancia anche una ricerca incrociando i nomi di Samatha Rowling e di Robert Michigan per scoprire quali siano i loro rapporti. È talmente immerso nel lavoro che l'apertura della porta del suo ufficio lo fa sobbalzare: lui e Jenkins si guardano, entrambi stupiti. Dur siede alla scrivania nudo ed arruffato, mentre Jenkins tira su con il naso, asciugandosi con le dita gli occhi pieni di lacrime.
“Cosa succede, Melanie?”
“Skyroot” risponde lei con un singhiozzo “L'hanno beccato dentro il sito della polizia federale. Adesso è in infermeria, in coma farmacologico. Probabilmente gli hanno fritto il cervello”
“Merda!” gli occhi del tecnico vagano per un attimo nella stanza, mentre il peso della notizia gli preme sullo sterno “Merda, merda, merda!”
Jenkins ricomincia a piangere, Dur sospira.
“Adesso, Melanie” dice mettendole una mano sulla spalla “Devi trovare un telefono e prenderne il controllo per me. Abbiamo fretta”.
“Robert?”
“Ciao Samantha, ci sono problemi?”
“Ho qui due dei tuoi uomini sotto copertura che sostengono che il tuo ufficio ha mandato una comunicazione alla mia centrale, avvertendoci di stare lontani dal Maastricht Complex oggi. È vero?”
“Sinceramente non ne ho idea, non seguo tutte le indagini dei miei, specialmente quelli sotto copertura…”
“Gradirei che tu la mi dessi una risposta in fretta. Va bene la collaborazione, ma essere minacciata dai tuoi agenti non mi piace. Non mi piace per nulla”
“Sono addestrati per essere stronzi. Se vuoi passarmeli ci parlo io”
“Hai accesso ai database delle operazioni? Voglio il numero di protocollo di questa richiesta. Devo scoprire come è successo questo casino”
“Te lo cerco subito. Posso parlare con loro, intanto? Passami quello meno arrabbiato”.