lunedì 26 giugno 2017
Equipaggiati per scendere nello sprawl, Killex, Fisk e Penny, con Ellen Silva al seguito, raggiungono il Maastricht Complex, un vecchio, enorme deposito al secondo livello. Il complesso è recintato da un'alta rete metallica ed agli ingressi ci sono delle telecamere ed una guardiola con pareti di cemento:
ricordando le raccomandazioni di Andrea, il gruppo fa un giro intorno all'isolato fino a trovare un punto in cui la recinzione è stata divelta e poi sistemata con delle fascette metalliche. Fisk strappa le chiusure e solleva la rete, permettendo agli altri di entrare nel complesso. Raggiunta con circospezione la zona dei box, i quattro entrano nell'edificio e cercano la porta numero 2147. Dopo essersi guardato intorno per accertarsi che nessuno faccia caso a loro, Killex apre il grosso lucchetto che chiude il portone.
L'interno del box è freddo, umido e spoglio, con il pavimento di cemento. Non ci sono finestre, ma solo una parete coperta da scaffalature vuote ed un tavolo con sopra una vecchia valigetta di cuoio. La valigetta contiene un pad, una busta, due chiavi ed un rotolino di banconote. Nella busta ci sono cinque tessere identificative della Hazard Tech MD, con false identità. La tessera di Penny recita “ricercatore medico” e quella di Fisk “capo della sicurezza”.
“Tu saresti il mio capo?” chiede Killex a Fisk, guardando la sua tessera con su scritto “sicurezza”.
“Riga dritto, Miller” ghigna Fisk sbirciando la targhetta che Mark si sta appendendo alla giacca.
Sul pad c'è un documento che Penny legge attentamente:
“Dobbiamo spacciarci per un gruppo di ricerca della Hazard Tech MD, una società che fa analisi statistiche in medicina. Dobbiamo andare in una clinica nello sprawl, amichevolmente chiamata il Mattatoio e gestita dalla dottoressa Lorraine Bentley. A lei dobbiamo chiedere di poter visionare le cartelle cliniche per selezionare i pazienti più adatti alle nostre ricerche. Ci servono demenza fronto-temporale, malattie infettive, tumori, e cyberpsicosi. Abbiamo a disposizione un furgone ed un utilitaria che troveremo nel parcheggio di questo magazzino.”
“C'è una tessera anche per il dottor Rosenbringer” dice Fisk “Effettivamente se andiamo a frugare in mezzo a cartelle mediche potremo aver bisogno di lui”.
“Prova a telefonargli allora”.
Al telefono del dottore risponde la segreteria, ed il solitario gli lascia un messaggio.
Recuperati i veicoli, i quattro scendono nello sprawl entrando da un piccolo ingresso secondario: una spessa grata di metallo, imbullonata ad un recinto di filo spinato, interrompe la strada e ci sono tre uomini armati a sorvegliarla. Killex si sporge dal finestrino del furgone ed allunga alla guardia il suo tesserino della Hazard Tech MD con arrotolata intorno una banconota da cinquanta eurodollari.
“Qual è il motivo della vostra visita?” chiede l'uomo intascando il denaro senza battere ciglio
“Ricerche mediche” risponde il solitario.
“Buona fortuna” dice laconica la guardia, facendo cenno ai suoi colleghi di aprire la grata.
Lungo la strada dissestata non c'è quasi nessuno, ed i veicoli avanzano verso sud est, fino a raggiungere una zona che prima della glaciazione doveva essere un parco o un bosco: adesso dai finestrini si vedono sfilare solo tronchi di alberi morti, terreno bruciato e sparute costruzioni di legno pericolanti. Sulla destra un laghetto ghiacciato e chiazzato di immondizia, circondato da vecchie panchine intorno a cui giocano dei bambini infagottati in vecchi cappotti troppo grandi. Ad un tratto una berlina nuova di zecca, dipinta di vernice perlata da cui esce musica a palla, li supera facendo stridere il clacson: Killex e Fisk, alla guida dei due mezzi bestemmiano, ma non raccolgono la provocazione.
Segue una zona di ex fabbriche abbandonate, molte delle quali deserte, alcune occupate da relitti di umanità perduta: davanti agli ingressi sono ammucchiati cumuli di immondizia e materiale vario, i muri sono crepati dal tempo e crivellati qui e là da colpi di proiettile. Nonostante sia giorno, il cielo è talmente lontano, su oltre i tetti dei grattacieli dei livelli sovrastanti, che l'unica fonte di illuminazione è data dai lampioni che tremolano ai lati della strada. Lo spettrale panorama deprime il gruppo che prosegue in silenzio fino a svoltare in una laterale a sinistra che finisce in un piazzale. C'è un alto edificio dal tetto piano, con piccole finestre chiuse da spesse grate e con parcheggiati davanti numerosi veicoli in diversi stadi di conservazione. A guardia dell'ingresso ci sono due uomini pesantemente armati.
“Dobbiamo pagare qualcuno perché ci guardi le macchine” dice Penny a Mark mentre questi fa manovra per parcheggiare il furgone. Killex si guarda attorno e nota un gruppo di ragazzi che parlottano nel parcheggio davanti all'edificio, probabilmente degli spacciatori di droghe e farmaci illegali. Fisk scende dalla macchina, si avvicina al capannello di giovani e confabula un po' con loro: alla fine consegna loro delle banconote e torna indietro. Il gruppo percorre il vialetto fino all'ingresso.
“Non sembrate granché malati” li apostrofa una delle guardie, puntandoli con un fucile a pompa. Penny non si fa intimorire:
“Buongiorno a lei, sono la dottoressa Cazares della Hadard Tech MD. Avrei bisogno di avere un colloquio con il vostro responsabile” risponde sorridendo e mostrando il tesserino.
“Entrate pure allora, ma dovete consegnare le armi”.
Scambiandosi un cenno d'intesa, i due solitari consegnano il fucile a pompa, ma non le pistole celate sotto la giacca. L'interno dell'edificio è vecchio e rovinato, ma meticolosamente pulito. C'è una sala d'attesa con una decina di persone sedute ed un bancone, dietro ad una spessa grata metallica. I pazienti sono stravaccati su delle seggiole imbullonate alle pareti: un paio hanno segni di ferite d'arma da fuoco ed i vestiti sporchi di sangue, ma conservano un'espressione strafottente, gli altri guardano fisso il pavimento e non alzano nemmeno gli occhi. Un'infermiera dall'aria stanca, con una vistosa fasciatura sul braccio sinistro, si avvicina a loro:
“Cosa posso fare per voi?” chiede con voce gutturale.
“Siamo ricercatori della Hazard Tech MD e vorremmo parlare con il vostro responsabile” risponde Penny. L'infermiera annuisce e si avvia ciabattando lungo un corridoio sulla destra, prende una piccola radio dal taschino del camice e la accende. Silva si guarda attorno e cerca di fare delle riprese con la fotocamera impiantata nei suoi occhi, ma si accorge che nell'edificio non c'è copertura e che tutti i suoi sistemi di comunicazione sono offline. Dopo cinque minuti, l'infermiera torna e fa loro cenno di seguirla lungo il corridoio, su per una scala, fino ad una stanzetta con una scrivania dietro a cui siede una donna di mezza età con folti capelli ricci e gli occhiali sulla punta del naso che sta scrivendo qualcosa su un blocchetto di carta. Sul tavolo davanti a lei ci sono un computer ed una pila di cartelle cliniche cartacee.
“Buongiorno dottoressa Bentley, è un piacere conoscerla” dice Penny, avanzando verso la donna per stringerle la mano.
“Buongiorno a voi” risponde la dottoressa alzandosi dalla scrivania “Come posso aiutarvi?”.
“La nostra società” dice Penny in tono professionale “La Hazard Tech MD, sta conducendo degli studi statistici su alcuni tipi di patologie, vorremmo sapere se la sua struttura è disponibile a partecipare”.
“Questa è una struttura privata” risponde la donna con aria scettica “E non è nostra abitudine rilasciare dati all'esterno...”.
“Ma la sua struttura è un'eccellenza a questo livello” la lusinga Penny “E noi abbiamo bisogno soltanto di un campione ben selezionato di pazienti: tratteremo solo i dati di chi è disposto a collaborare. Siamo poi naturalmente disposti a pagare per il disturbo”.
A queste parole gli occhi della dottoressa si accendono di interesse: “E quanto paghereste?” “Diciamo duemila eurodollari a paziente?”.
“Mi sembra un buon prezzo”.
“Quindi lei saprebbe indicarmi un elenco di pazienti in base alla lista che le darò?”
“Posso darvi accesso all'archivio…”.
Accompagnati dalla segretaria della dottoressa Bentley, I quattro raggiungono l'archivio del Mattatoio, una stanza piena di scaffalature di metallo cariche di cartelle cliniche.
“Qui” dice la segretaria indicando una scansia “Sono le cartelle cliniche dei pazienti ricoverati, qui quelli appena dimessi”.
“Abbiamo contanti per sei pazienti” ricorda Penny alla squadra.
“Ma qui ci saranno un centinaio di persone ricoverate!” dice Ellen scorrendo le cartelle “A quanto pare al secondo piano sono ricoverati pazienti con malattie infettive... Ma non vedo casi di cyberpsicosi”
Improvvisamente, dal piano inferiore si sentono risuonare dei colpi d'arma da fuoco.
venerdì 23 giugno 2017
048 - un nuovo incarico
Domenica mattina Janine sveglia Penny lanciandole un tablet sul letto:
“È uscito l'articolo su di voi!”
Penny mugola qualcosa si avvoltola nelle lenzuola rosse di raso, ignorando il pad aperto sulla pagina del NNY Chronicles. Sbuffando, Janine setta la sveglia sul comodino a “la Cavalcata delle Valchirie” per un paio di minuti dopo ed esce dalla stanza. In cucina, Killex, Fisk e Dur bevono caffè guardando le notizie sportive. Il tecnico mostra una faccia assonnata e profonde occhiaie bluastre, dovute ai turni incessanti di lavoro della settimana passata; Mark ha l'aria impensierita: non ha ancora detto una parola.
“Killex, cosa succede?” chiede Fisk
“Sono un po' preoccupato per mia sorella. Mi ha mandato un messaggio strano: si scusa per avermi trattato male… probabilmente è nei guai… Credo che andrò subito da lei. Volete venire con me?”.
“Io passo” risponde Dur “Ho bisogno di dormire. Speriamo che non mi chiamino dall'ufficio anche oggi”
“E andiamo” risponde invece Fisk accendendosi un sigaro.
Nell'appartamento esplode la musica ad altissimo volume: un minuto dopo, scarmigliata e nuda, Penny entra in cucina.
“È rimasto un po' di caffè?” chiede sbadigliando.
“Vuoi venire con me e Fisk a trovare Rose?” le chiede Mark dandole una pacca sul sedere prima di allungarle una tazza.
“Non posso: ho un appuntamento più tardi” risponde lei sedendosi su uno sgabello e sistemandosi i capelli sulla fronte.
“Devo far preparare una macchina? Dove andiamo?”.
“Non ho bisogno che tu venga con me. Pranzo con Kristjan Ragnarsson dell'ufficio Logistica”.
Killex e Fisk arrivano all'appartamento di Rose, e suonano il campanello. Dopo una decina di minuti, e dopo che Mark ha suonato di nuovo, la donna risponde al citofono:
“Cosa vuoi?”
“Sono venuto a trovarti, stai poco bene…”
“Non ti ho detto che sto poco bene, è tutto a posto”
“Non mi fai neanche entrare? Ti ho portato delle fragole”
“E va bene, sali” sbuffa Rose. I due solitari salgono al quindicesimo piano: la porta dell'appartamento è socchiusa e si sentono provenire dei rumori dalla cucina. Quando Mark entra nella stanza il suo cuore dà un balzo doloroso: Rose, intenta a sistemare qualcosa nell'acquaio, è pallida e molto magra, con delle brutte chiazze scure sulla pelle del viso. Il solitario appoggia le fragole sul tavolo e fissa la sorella con fare inquisitorio.
“Devi dirmi cos'hai”
“Niente. In questo periodo sono un po' stressata per il lavoro. Ciao Fisk” risponde lei, poi apre il frigorifero e mette davanti agli uomini due birre. Un po' imbarazzato e un po' preoccupato Fisk apre la lattina, beve un sorso e si guarda attorno: la piccola cucina, con due file di pensili laccati di bianco ed il pavimento di piastrelle chiare, è perfettamente pulita ed ordinata, ma nel lavandino ci sono due tazze da caffè, una delle quali sporca di rossetto. Il solitario si alza in piedi e si sporge nel salotto per controllare: la stanza è deserta, ma accanto al divano è abbandonato un paio di stivali con il tacco alto. Fisk entra nel soggiorno annusando l'aria in cerca di tracce del dopobarba di un eventuale ospite e scrutando la stanza.
“Cosa stai facendo?” chiede Mark dalla cucina.
“Lasciami fare Killex, lo sai che sono per un quarto spinone” ribatte il solitario che ha sentito un profumo stranamente familiare, ma non ricorda a chi appartiene “Rose, se hai ospiti e vuoi che ce ne andiamo basta che lo dici”
“Non c'è nessuno, è solo che ora ho molto da fare” ribatte lei recisa, ma decisamente a disagio.
“C'è qualcuno che ti minaccia?” ribatte Fisk insospettito, estraendo la pistola ed avviandosi lungo il corridoio.
“Ehi! Metti via quell'arma e non azzardarti ad entrare nella mia camera!” gli grida dietro Rose, rincorrendolo, ma il solitario è già nella stanza da letto: dà un occhiata intorno e, pistola alla mano, si dirige deciso verso verso l'armadio. Dentro, tra le giacche e i cappotti spunta Ellen Silva con aria attonita e colpevole.
“Oh!” balbetta Fisk perplesso.
“Ehm, io stavo per andare” dice la giornalista uscendo dall'armadio.
“Quindi voi vi conoscete...” e
“Quindi voi andate a letto insieme...” dicono all'unisono Fisk e Killex piuttosto increduli.
“Questi sono affari miei” taglia corto Rose. Ellen nel frattempo raccoglie le sue cose e, senza salutare nessuno, si defila rapidamente verso l'ingresso.
“Silva, non occorre che te ne vai…” le urla dietro Killex, ottenendo in risposta soltanto il rumore di una porta che si chiude.
“Pensa che tu voglia scorticarla viva e metterla sotto sale” sospira Rose con i pugni piantati sui fianchi.
“No, perché? Ha scritto un buon articolo…” balbetta Mark, sempre remissivo quando ha a che fare con lei.
“Lo so, l'ho letto. Guai a te se le fai qualcosa” ribatte Rose, puntandogli un dito sul petto.
“Rose, io e Silva abbiamo avuto delle piccole divergenze di opinione, ma…”.
“Adesso levatevi dai piedi, ho molto da fare” lo interrompe lei in tono stanco. Mark guarda la sorella, nuovamente colpito dal suo aspetto malato.
“Va bene, ce ne andiamo. Ma tu fammi sapere come stai. Ti chiamo domani”
Quel pomeriggio, la squadra viene convocata al nono piano.
“Non ti ho più chiesto com'è andato il tuo appuntamento” dice Mark a Penny mentre la ragazza, davanti al grande specchio della sua camera, si dà un'ultima passata di mascara sulle ciglia e ne controlla l'effetto arricciando le labbra.
“Appuntamento?”
“Il tuo pranzo. Con Ragnarsson”
“Oh, ma non è stato un appuntamento. Cioè, abbiamo fatto un pic nic in un orto botanico, e questo è stato molto carino. Ma non ha nemmeno tentato di baciarmi… Probabilmente non gli piaccio” risponde lei con aria mortificata.
“Penny, solo tre categorie di uomini possono permettersi ti non trovarti attraente: i ciechi, i pazzi e i gay. Ma nelle prime due categorie ci sono sicuramente delle eccezioni”.
“Sei gentile” dice Penny, alzandosi in punta di piedi per baciarlo e lasciandogli una leggera traccia di rossetto sulla guancia “Adesso andiamo, Andrea ci aspetta”.
I due escono dalla stanza e raggiungono Fisk che li sta attendendo all'ingresso, poi tutti vanno alla E.G.O. Inc e salgono con l'ascensore all'ultimo piano. Andrea li riceve immediatamente e, contrariamente al solito, ha quasi un'espressione bonaria.
“Accomodatevi” dice, indicando l'unica poltroncina libera di fronte al grande tavolo bianco. Penny si siede, Killex e Fisk rimangono come al solito in piedi alle sue spalle.
“Volevo informarvi che nell'ultimo mese il lavoro di Thang ha permesso di sbloccare le ricerche del dottor Carey. Abbiamo prodotto un siero sperimentale, una formula con dei nanobot che possono eseguire diagnosi e, se correttamente programmati, risolvere numerosi problemi. Inutile dirvi che questo siero potrebbe farci guadagnare milioni e che la sua esistenza è per ora una notizia strettamente riservata”
“Abbiamo fatto tutti i test preliminari, bruciando qualunque tappa possibile. Ora dobbiamo provare il siero in vivo su degli esseri umani: ci serve del materiale genetico interessante per massimizzare i profitti e ridurre al massimo i costi di ricerca. Voi avete il compito di fornirmi questo materiale” “Cioè dobbiamo trovare qualcuno oppure ci userà come cavie da esperimento?” mormora Fisk preoccupato. Andrea finge di non averlo nemmeno sentito.
“Non vi occuperete di questa missione con le vostre vere identità. Per nessun motivo, di questa operazione, dovranno essere fornite informazioni a chicchessia. Il vostro obiettivo è entrare in una clinica nello sprawl, trovare i pazienti e portarli qui. La procedura nel dettaglio è spiegata nel plico che ho fatto preparare per voi. Questa” continua Andrea mettendo una chiave sul tavolo “Apre un magazzino al secondo livello dove troverete quello che vi serve. Avete domande?”.
“No, direi di no, per il momento” dice Penny.
“Ah, tenete aggiornata miss Silva. Ci servirà pubblicità quando le sperimentazioni saranno terminate, ma fino ad allora non deve uscire una sola parola”.
“Farò preparare un accordo di riservatezza al nostro ufficio legale” mormora Penny.
lunedì 19 giugno 2017
047 - interludio
Con il contratto firmato da William Jackson, Penny e Fisk tornano da Perea, ottenendo in cambio la liberazione di Debbie. Il proprietario del casinò li invita alle serate di combattimenti clandestini nel suo nuovo magazzino, e loro fingono di partecipare con entusiasmo fino a quando una sera, grazie ad una soffiata di Killex alla OCP, la polizia irrompe nel locale, arrestando tutti i presenti. Penny e Fisk passano un notte in prigione e poi vengono processati per direttissima, ottenendo di scontare la pena all'interno della loro azienda. Albino Perea e i suoi collaboratori invece vanno incontro ad un lungo iter giudiziario: rischiano vent'anni di reclusione.
Nguyen Thang e Debbie Cruz si fidanzano ufficialmente e vanno a vivere in un piccolo appartamento di proprietà della E.G.O. Inc; sotto la guida del dottor Carey, il giovane ricercatore riesce a sbloccare le ricerche su cui si era arenato l'ufficio Ricerca e Sviluppo. Killex cerca di ingraziarsi la signorina Symanski regalandole cibo a giochi per il suo adorato gatto, ed ottiene un nuova tessera del Trauma Team. Penny redige un rapporto della missione per Andrea, elogiando il lavoro della squadra: Andrea la rimprovera per il tono entusiastico – nessun sottoposto può essere definito fondamentale - ma poi convoca tutti al nono piano e concede loro una gratifica nella busta paga. Ellen Silva scrive il primo di una serie di articoli, parlando della dedizione al lavoro del gruppo e della loro capacità di cavarsela in qualsiasi situazione, ma lasciandosi la possibilità di sputtanarli nel prossimo pezzo.
“Si accomodi pure signor Fisk”.
Lo studio del dottor Rosenbringer è morbidamente illuminato dalle lampade a led ed odora di profumo per ambienti al mango. Ma perché proprio al mango? si domanda Fisk. Il dottore siede tranquillo sulla sua sedia dietro alla scrivania in “vero legno” Dubito che sia DAVVERO vero legno, almeno stando a quanto dice Miss Penny balza subito alla mente del solitario. Varcata la soglia dello studio, Fisk non trova il modo di sopprimere una forte sensazione di disagio, che dura solo un attimo. Non mi piacciono i dottori, pensa l’uomo, specialmente QUESTO dottore, l’ennesimo che vuole capire cosa c’è che non va nella mia testa. Che poi è al suo posto. Sulle spalle. Avanzando sul pavimento rivestito di moquette i pesanti anfibi da combattimento risuonano ovattati nella stanza: non appena Fisk afferra lo schienale di una delle due sedie di fronte alla scrivania si accorge che il dottor Rosenbringer gli indica con la mano un divano lungo rivestito in tessuto verde acqua.
“Sul divano?” domanda il solitario.
“La chaise longue” risponde il dottore.
“Ah, l’ottomana!”
Senza dire nulla Rosenbringer agita pigramente la mano come per dire continua pure a sparare stronzate, ma ti prego siediti su quel cazzo di divano. Divertito dalla reazione del dottore Fisk prende posto sulla chaise longue, sedendosi sul bordo e guardando l’uomo dietro la scrivania.
“Non così signor Fisk” dice mollemente il dottore “Si deve sdraiare. Si distenda”.
Senza dire nulla il solitario solleva le gambe e si distende. È una visione un po’ buffa, con le gambe che sporgono dal bordo del divano.
“Dottore” dice Fisk appena si sdraia.
“Sì?”.
“No. Intendevo dire che mi può dare del Dottore. Lei non mi sta sparando, quindi non siamo così in confidenza. Continui pure a darmi del Lei e mi chiami Dottore, grazie” dice il solitario, con la faccia seria e guardando il soffitto.
Visibilmente seccato, il volto di Rosenbringer si distorce in una smorfia di fastidio:
“Va bene dottor Fisk. Potrebbe iniziare col raccontarmi dove e in cosa lei ha ottenuto il suo dottorato” replica mentre prende da un cassetto un tablet ed inizia a prendere appunti sulla seduta. Con tutta tranquillità l’omone sulla chaise longue risponde:
“Art Academy di Londra. Sono dottore in Arte Contemporanea”.
Rosenbringer inarca un sopracciglio per lo stupore ma continua a pigiare sullo schermo del suo tablet. “E come mai questo interesse verso l’arte?”
Sbuffando per la domanda, Fisk dice:
“Bof. Mi è venuto naturale, ecco”.
“Ed i suoi genitori l’hanno supportata in questo percorso di formazione accademica?” chiede il dottore richiamando sul tablet il file personale di C. W. Fisk ed andando a spulciare le informazioni circa la famiglia. Riflettendoci il solitario risponde
“Suppongo di sì, anche se a malincuore”.
“Perché a malincuore?”
“Vede dottore, i miei genitori erano… lavoravano nel settore privato”.
“Sì” dice Rosebringer “Nel suo file personale vedo che i suoi genitori erano due criminali con un curriculum piuttosto vario”.
“Sì, vabbè” taglia corto il solitario “Immagino che sperassero di vedermi entrare nell’azienda di famiglia. Prima o poi”.
Infastidito dalle domande sul lavoro dei suoi genitori rimane per un po’ in silenzio. Il dottore interrompe la pausa del solitario interloquendo:
“Già. Ma poi c’è stato quello spiacevole incidente”
Come se l’avessero svegliato Fisk chiede:
“Intende dire quando i miei sono stati assassinati da una famiglia rivale?”
“Non l’avrei messa giù proprio in questi termini, ma sì, assassinati”
“Beh, vede dottore” continua Fisk stiracchiandosi “La sera dell’incidente mio fratello era venuto a prendermi all’università. Long story short durante il tragitto verso casa siamo stati speronati da un’auto, probabilmente appartenente ad alcuni sicari della famiglia rivale, e durante l’inseguimento entrambe le macchine sono finite fuori strada. Mio fratello era morto, io ero ancora vivo ma ferito ed i sicari morti. Credo. Comunque io da lì sono fuggito e, grazie a quel poco che avevo imparato dalla mia famiglia, sono riuscito a far perdere le tracce e rifugiarmi da un amico”.
Il dottor Rosenbringer pigia sullo schermo del tablet senza guardarlo, continuando ad osservare Fisk per registrarne i movimenti e le espressioni facciali. Alzando lo sguardo sullo psichiatra il solitario fa appena in tempo a cogliere il movimento della testa del dottore che torna a guardare fisso il tablet. La sua fronte si aggrottata in segno di fastidio a quella reazione repentina ma, prima che possa dire alcun ché il Rosenbringer riprende con le domande.
“E questo suo amico chi era?”
Mantenendo l‘espressione infastidita Fisk continua:
“Irving Spatz, il pittore. Era un compagno di università. Avevamo frequentato parecchi corsi insieme ed avevamo diviso un appartamento durante gli studi. Durante il mio dottorato lui aveva già completato gli studi e si era trasferito nell’Irlanda del Nord per “far decollare la sua carriera” come diceva”
“Mh mh” mormora il dottore continuando a prendere appunti sul suo pad “E mi dica, come mai un amico e non un’amica?”
Perplesso Fisk chiede: “Ma che razza di domanda è?”
“Sto solo sondando il terreno, dottor Fisk”
Ti sonderei io qualcosa con dei proiettili pensa il solitario ma trattiene la lingua
“Dottore, lei è mai stato in pericolo di vita?” domanda seccato tirandosi su e mettendosi a sedere “Ha mai dovuto fuggire da qualcuno che voleva ucciderla e non poter nemmeno contare sulla propria famiglia perché sono tutti morti?”.
Visibilmente alterato l’uomo alza il tono della voce. Mantenendo il suo aplomb, Rosenbringe lo ammonisce:
“La prego dottor Fisk, non si alteri. Posso comprendere il suo disappunto ma la invito nuovamente alla calma. Io sono qui per valutare il suo stato psicologico” cosa che ovviamente ho già fatto, scimmione corazzato “e questo mi obbliga a farle molte, moltissime domande. E non tutte le piaceranno. Sia gentile, mi lasci continuare e si controlli”.
La faccia di Fisk si corruga in un’espressione pensierosa e di sospetto. So cosa pensi, strizzacervelli incravattato, ma tanto sai a che gliene frega al capo?
“Dovrò fidarmi...”
“Ha problemi di fiducia? Ha sofferto per un tradimento?” interviene immediatamente Rosenbringer, con un luccichio negli occhi. Sospirando per controllarsi Fisk dice:
“Dottore, è così fondamentale per la seduta oppure posso tornare alla storia della mia vita? Se andiamo avanti così facciamo notte ed io ho una riunione di lavoro fra un po’”.
Battendo sul tablet il dottore dice
“Certo, certo. Approfondiremo nella prossima seduta”.
Un sorriso si allarga sulla faccia del solitario: No, se per mia fortuna tiro le cuoia nella prossima missione. Fisk si distende nuovamente sulla chaise longue e riprende a parlare:
“Ebbene come le avevo detto mi rifugiai da Irving sperando che si calmassero le acque. Siccome non voglio annoiarla troppo con i dettagli mi lasci dire che ho vissuto con lui per tre o quattro anni. Vede, Irvin era molto bravo nei concept e nel workshop ma aveva un carattere decisamente ostico”.
Rosenbringer inarca le sopracciglia.
“Sì, sì, lo so. Chi sono io per dirlo” dice il solitario mentre si mette a ridere “Così mi sono offerto di fargli da agente. Tenevo per lui i contatti coi committenti, gli prendevo gli appuntamenti per le serate eccetera”.
“Insomma, gli faceva da segretario”.
Sbuffando Fisk replica “Bah, segretario è riduttivo, ma se vogliamo semplificare allora mettiamola così”
“E le sue relazioni con Irving, erano buone?”
“Eravamo vecchi amici, sì”.
Rosenbringer guarda dritto negli occhi il solitario “Amici intimi?”
Fisk rimane zitto per un momento “In un certo senso…”.
Schioccando la lingua il dottore dice “Allora mi spieghi il senso, dottor Fisk. Avevate rapporti sessuali?”.
“Questa è una domanda molto personale dottore”.
“Sì, e questa è una seduta, cioè una conversazione molto personale... Nulla di quello che mi dice uscirà da questo ufficio” risponde sorridendo Rosenbringer.
Come no cervellone “Non voglio scendere nei dettagli, ma la sua ragazza era … espansiva. Ed una volta” più di una a dire il vero “Ci ha convinto a provare una cosa a tre” Mentre spiega la cosa Fisk non riesce a non arrossire.
“Mh mh, certo certo” mormora il dottore. Visibilmente imbarazzato il solitario rimane in silenzio, le braccia metalliche incrociate Riesco a spezzare braccia e gambe senza battere ciglio ma non riesco a raccontare una cosa simile senza imbarazzarmi. C’è davvero qualcosa che non va nella mia testa. “Ed il suo tatuaggio c’entra qualcosa con questo?”
Alzandosi di scatto Fisk guarda fisso il dottore e ringhia “Come fa a sapere del tatuaggio?”
“E’ scritto nella sua cartella clinica e nel documento di identità: tatuaggio di una donna sulla schiena” Deficiente. Colto in fallo l’uomo mantiene lo sguardo truce ma si rimette a sedere:
“Il tatuaggio è la commemorazione del… di quel momento. La donna del tatuaggio è proprio la ragazza di Irving: Alice”
“Perché è tatuata solo la donna?”
Nuovamente imbarazzato Fisk prosegue “Alice era quello che ci impediva di scannarci a vicenda nei momenti più duri”
“Allora mi racconti come mai la vostra collaborazione è terminata. C’entra per caso Alice?”.
Punto per me, impiccione impomatato pensa il solitario “No, dottore. Purtroppo Irving ha fatto un passo più lungo della gamba. Ha rifiutato di creare un’opera per un uomo ricco e potente. Ha rifiutato l’offerta più e più volte nonostante i miei consigli. Alla fine il cliente si è presentato nel suo studio accompagnato dalle sue due guardie del corpo. E si è occupato personalmente di Irving” Fisk sospira “Io per fortuna sono riuscito a cavarmela nascondendomi e fuggendo mentre gli uomini saccheggiavano le opere di Irving. Pochi giorni dopo, dopo aver avvertito Alice, mi sono rifugiato a New New York per farmi una nuova vita. A Nuova New York è stato difficile per i primi tempi, ma…”
Il tablet del dottore si mette a trillare “Dottor Fisk, il tempo a nostra disposizione è scaduto” Sollevato, il solitario si alza dal divano e, senza salutare il dottore, guadagna la porta dello studio.
“Ci vediamo martedì prossimo” gli ricorda Rosenbringer.
venerdì 16 giugno 2017
046 - siglare l'accordo con William Jackson
Penny entra nell'ufficio di Killex e lo osserva per un attimo mentre, stravaccato su un divanetto, sta lanciando palline di plasticarta dentro il cestino.
“Ho un lavoro per te”.
Il solitario si alza e si sistema giacca e cravatta: “Chi devo uccidere?”
“No, devi far firmare un contratto all'amministratore delegato della Arc Sextant” dice lei porgendogli il tablet con l'accordo. Mark guarda lo schermo aggrottando la fronte.
“Penny, tu mi sminuisci”.
“Lo so, ma abbiamo a che fare con qualcuno che non fa firmare contratti alle donne: il signor Jackson. Andrai con Fisk, nel caso la situazione diventi problematica”.
Fisk appare sulla porta. “Io ho serie perplessità riguardo questa storia… Comunque è meglio se lei viene con noi, miss Penny, nel caso ci fossero delle domande tecniche a cui rispondere: io e Killex non sappiamo nulla di legalese. Lei potrebbe essere l'assistente di Killex e io la sua guardia del corpo”.
Mark guarda il suo capo con un luccichio divertito negli occhi. “Mi piace questo gioco! Penny, tesoro, trova un abbigliamento adatto alla segretaria di un corporativo molto importante. E che sia sexy”.
Penny fa un giro in rete e scopre che William Jackson è l'amministratore delegato della Arc Sextant, un'azienda che si occupa ufficialmente di edifici agli alti livelli ma che, evidentemente, ha grossi interessi anche ai piani bassi: una mezza dozzina di corporazioni, in pratica, si spartiscono i grossi magazzini fatiscenti del primo livello, e la Arc Sextant è una di queste. Jackson è effettivamente noto per essere un misogino ed anche un uomo molto riservato: su di lui non si trova nulla al di fuori della pagina ufficiale della ditta. Non invitata, Ellen si unisce al gruppo e si fa spiegare quali sono le condizioni di Perea per lasciar andare Debbie.
“Ma perché dovrebbe rimetterci duecentomila eurodollari per una firma?” chiede infine, piuttosto stupita.
“Perché qualcuno lo sta sorvegliando, tipo la OCP” dice Penny.
“O perché sospetta una trappola” risponde Fisk.
“Una trappola in un'agenzia immobiliare?” chiede Killex.
“Sia come sia, dobbiamo avere quella firma” conclude Penny. “Del resto sono due giorni che mi lavoro Perea: adesso vi vestite come si deve, mentre io cerco di avere un appuntamento”. Attaccandosi lungamente al telefono, Penny riesce ad avere un incontro con l'amministratore delegato della Arc Sextant per quella sera: manda Killex dal suo parrucchiere e procura per lui un completo grigio di sartoria ed un nuovo paio di scarpe di cuoio.
“Vedi di entrare in parte” dice, sistemandogli il nodo della cravatta di seta.
“Ma io sono perfettamente in parte, miss Clarke” risponde lui, mettendole una mano sul sedere e chinandosi a baciarla. Lei sorride e si aggrappa alla sua camicia.
“Adesso chiudo la porta e vediamo se sei in parte anche…”
“Allora siete pronti?” chiede Silva entrando nell'ufficio con un elegante completo giacca e pantaloni color crema al posto dei soliti jeans e dell'impermeabile. La donna si è raccolta i capelli scuri e si è truccata con cura.
“Ma lei ha intenzione di venire con noi?” chiede Killex, contrariato.
“Certamente. Devo sempre scrivere un articolo su di voi: vediamo se siete bravi anche a parlare, oltre che a sparare”.
Nella luce incerta del tramonto, i quattro salgono in auto al settimo livello, diretti alla sede principale della Arc Sextant che si trova in un imponente edificio di pietra bianca. L'ingresso del palazzo è ampio come un piazzale, e sotto il pavimento di vetro trasparente scorre dell'acqua cristallina gorgogliando tra ciottoli bianchi. La temperatura è mantenuta costante a venticinque gradi per consentire la fioritura delle piante tropicali che fiancheggiano le pareti. Un po' intimiditi dallo sfarzo che li circonda, Killex, Fisk, Ellen e Penny raggiungono la reception dove li attende impassibile un giovane che sembra un fotomodello, il corpo ben delineato da un completo chiaro.
“Buonasera, signori, desiderate?”
“Ho un appuntamento con il signor Jackson alle diciannove, a nome Killex” risponde Mark.
Il ragazzo controlla qualcosa su un tablet e poi consegna dei pass per salire ai piani superiori. Passati i controlli della sicurezza, i quattro salgono al terz'ultimo piano in un ascensore di vetro trasparente che si apre su una grande stanza chiara con il pavimento di legno, ampie vetrate ed una scrivania bianca a cui siedono due segretari che stanno digitando qualcosa su dei terminali ultimo modello e che non alzano nemmeno la testa.
“Il signor Jackson vi aspetta” dice uno dei due a Killex. Un altro uomo in completo chiaro li accompagna fino ad una porta bianca e bussa, poi li fa entrare. L'ufficio di William Jackson è una larga stanza finestrata su tre lati, elegante ma asettica, e il suo proprietario è un uomo sulla sessantina, distinto e giovanile, con penetrati occhi chiari.
“Buonasera, signor Killex”.
“Buonasera a lei”.
“Mi ricordi perché è qui”.
“Per farle firmare un contratto per l'affitto di uno stabile al primo livello a nome di Albino Perea” dice Mark, poi si rivolge a Penny che sta in piedi alle sue spalle. “Miss Clarke, il contratto”.
La ragazza fruga nella borsa da ufficio che tiene in mano e ne tira fuori il tablet che le ha dato il proprietario del casinò.
“Ah, sì. Mi ricordo di quel contratto... Accettate tutte le clausole?”
Un dubbio vago percorre la mente del solitario – nessuno di loro ha letto con attenzione le numerose pagine piene di clausole a cui rimandava l'accordo, alcune delle quali recavano degli asterischi – ma questo non è il momento per i ripensamenti, quindi risponde: “Il signor Perea ha già firmato: non credo ci sia altro di cui discutere”.
“Bene” dice Jackson allungando un tablet a Killex. “Allora firmatemi questo”.
È un accordo di riservatezza, piuttosto lungo e complesso, che Mark passa a Penny con aria di sufficienza.
“Miss Clarke, si renda utile e mi legga questa roba” dice, poi si rivolge a Jackson. “Almeno così le pago per qualcosa”.
“Miss Clarke, si renda utile e mi legga questa roba” dice, poi si rivolge a Jackson. “Almeno così le pago per qualcosa”.
L'uomo stira appena le labbra in un mezzo sorriso condiscendente.
“L'accordo prevede che qualunque cosa venga detta o fatta all'interno dell'edificio della Arc Sextant sia da considerarsi strettamente riservata. La penale per la divulgazione di queste notizie è di dieci milioni di eurodollari più il rimborso ex ante delle spese per ripulire il nome dell'azienda Arc Sextant, oltre alla reclusione in un carcere privato” dice Penny scorrendo il documento.
“Mi sembra che si possa fare” dice Mark, firmando con l'impronta digitale con finta aria tranquilla e poi dando il tablet agli altri perché firmino a loro volta.
“Bene” dice Jackson compiaciuto, recuperando i tablet dalle mani di Penny. Dopo aver inoltrato la notifica dell'accordo ad una mailing interna, l'uomo si alza e, leggermente zoppicando, gira attorno alla scrivania.
“E' fatta” mormora Killex a Penny, poi si volta per stringere la mano all'immobiliarista ma incontra solo l'aria. I suoi occhi cercano quelli di Jackson, ma l'uomo sta guardando verso il basso.
Nel momento in cui il solitario abbassa lo sguardo per vedere cosa stia attirando la sua attenzione, i pantaloni di Jackson scivolano lungo i fianchi, seguiti subito dopo dalle mutande.
Solo il nervoso colpo di tosse che Fisk non riesce a trattenere rompe l'imbarazzato silenzio.
“E' fatta” mormora Killex a Penny, poi si volta per stringere la mano all'immobiliarista ma incontra solo l'aria. I suoi occhi cercano quelli di Jackson, ma l'uomo sta guardando verso il basso.
Nel momento in cui il solitario abbassa lo sguardo per vedere cosa stia attirando la sua attenzione, i pantaloni di Jackson scivolano lungo i fianchi, seguiti subito dopo dalle mutande.
Solo il nervoso colpo di tosse che Fisk non riesce a trattenere rompe l'imbarazzato silenzio.
“Il contratto di locazione per un edificio al primo livello con finalità di attività illegale prevede, come dichiarazione di intenti” dice Penny trattenendo a stento una risata, dopo aver letto più attentamente le clausole con asterisco sul fondo del contratto di riservatezza, “che chi porta il contratto faccia un… ehm… servizietto all'amministratore delegato”.
Mark rischia di soffocare con la sua stessa saliva. “Cosa?!?” tossisce.
Mark rischia di soffocare con la sua stessa saliva. “Cosa?!?” tossisce.
Jackson lo guarda sospirando. “Immagino che le clausole non fossero abbastanza chiare per lei. Ha un'ora per pensarci” dice accennando ad una porta sul lato dell'ufficio ed iniziando a tirarsi su i pantaloni.
Nella stanzetta accanto all'ufficio di Jackson, Mark finge di fare una scenata alla sua segretaria: “E le clausole, miss Clarke? Quando pensava di leggerle? Per cosa la pago? Solo perché ha un bel culo! Ma che figure di merda mi fa fare? Lei non è capace a nulla! Si consideri licenziata!”.
In realtà finge soltanto di essere arrabbiato perché ha appena avuto un'idea per uscire dalla situazione sgradevole in cui si trova: tra un insulto a Penny e l'altro, sussurra a Fisk di mettersi in contatto con Sagara e di dirgli di creare un falso ricordo sensoriale per Jackson. Lui e Fisk fingeranno di accettare la clausola del contratto e, al momento opportuno, innesteranno il ricordo all'amministratore delegato tramite la presa che questi ha sulla nuca.
Il solitario, trattenendo il disgusto, inizia a scrivere un messaggio per il netrunner virtualizzato.
“Sagara siamo nei guai. Devi assolutamente creare un falso ricordo in cui Killex pratica una fellatio all'amministratore delegato della Arc Sextant mentre io lo sorreggo da dietro. Hai un'ora di tempo: fatti aiutare da Dur che è esperto in queste cose…”
La risposta arriva quasi istantanea. “Temo che il messaggio sia stato decrittato male. Cosa dovrei fare assieme a Dur?”
“Purtroppo hai capito benissimo” replica secco Fisk.
“Sagara siamo nei guai. Devi assolutamente creare un falso ricordo in cui Killex pratica una fellatio all'amministratore delegato della Arc Sextant mentre io lo sorreggo da dietro. Hai un'ora di tempo: fatti aiutare da Dur che è esperto in queste cose…”
La risposta arriva quasi istantanea. “Temo che il messaggio sia stato decrittato male. Cosa dovrei fare assieme a Dur?”
“Purtroppo hai capito benissimo” replica secco Fisk.
Mezz'ora dopo Fisk riceve un messaggio da Sagara. “Collegati con un jack, così carico il ricordo”.
Fisk si collega lo spinotto alla nuca e sente la sgradevole e familiare sensazione di calore che prova sempre quando qualcuno carica dei ricordi dal suo cervello.
“Upload completato. È importante che riusciate ad innestarlo al primo colpo, e che siate vicini a lui quando lo fate. Se c'è troppa discordanza nelle transizioni capirà che l'avete fregato”.
Killex esce dalla stanzetta, seguito da Fisk che ha il jack nascosto nella mano. William Jackson si alza dalla scrivania e va loro incontro.
“Allora?” chiede sorridendo.
“Dato che un contratto è un contratto… Lei mi deve scusare, ma quella cretina della mia segretaria non ha fatto il suo lavoro: la licenzierò per questo. Solo una cosa: vorrei che partecipasse anche la mia guardia del corpo… Per rendere la cosa più interessante”.
Jackson annuisce. Fisk si mette alle spalle dell'uomo, lo abbraccia e gli accarezza il collo, mentre Mark si inginocchia davanti a lui, slacciandogli i pantaloni. Cercando di trattenere i conati, Fisk mordicchia l'orecchio dell'immobiliarista e, con un gesto fulmineo, infila il jack nella presa sulla sua nuca. Gli occhi dell'uomo si rovesciano, diventando bianchi.
Dalla porta della stanza Penny ed Ellen guardano la scena faticando a trattenere le risate.
Dalla porta della stanza Penny ed Ellen guardano la scena faticando a trattenere le risate.
lunedì 12 giugno 2017
045 - il prezzo per Debbie
“Ciao tesoro! Come va la tua giornata? Hai tempo per un caffè?”.
“Ne ho ancora per una mezz'ora, poi se vuoi ci troviamo al solito bar, per pranzo”.
“Ottimo. Ti sono mancata?”.
“Molto. È stata una settimana difficile”.
Ellen Silva si fa accompagnare dal taxi fino ad un piccolo locale al quinto livello. È un grazioso ambiente riscaldato ed illuminato da lampade a spettro completo, che permettono ai clienti di godere per qualche quarto d'ora dei benefici di una pseudo luce solare, con le pareti dipinte di colori vivaci e fiori freschi in sottili vasi di ceramica artisticamente disposti sui tavolini. Ellen saluta la barista, una bella ragazza con folti capelli tinti di rosso e numerosi piercing sulla faccia, e siede al solito posto, aspettando: neanche un quarto d'ora dopo Rose Killex entra nel locale e si avvicina al suo tavolo. Ellen si alza per andarle incontro e le due donne si baciano teneramente prima di sedere una di fronte all'altra, tenendosi le mani.
“Allora, cos'è successo?”
“Avrai saputo degli attentati all'università, no? Ci è anche andato di mezzo un amico di mio fratello…”
“Ecco, appunto, tuo fratello: non me ne hai mai parlato…”.
“Quello stronzo non mi chiama mai, e si è fatto vivo ultimamente dopo una vita…”
“E, dimmi, dove lavora?”.
La barista si avvicina al tavolo portando due menù con una sana selezione di insalate miste e centrifugati di verdura.
“Scusa, dicevi?” chiede Rose ad Ellen, da sopra il menù aperto.
“Ti stavo chiedendo del lavoro di tuo fratello…”
“Non ci vediamo da quasi una settimana e tu vuoi parlare di mio fratello? Sei strana forte, sai?”.
“Ti ho solo chiesto dove lavora… cos'è, devo pagarti come faccio con gli informatori?”.
“Mmm potrebbe essere un gioco di ruolo interessante”.
Silva sorride, tira fuori dalla borsa una banconota da cinque eurodollari e la allunga a Rose attraverso il tavolo.
“Adesso dimmi dove lavora tuo fratello”.
Rose guarda Ellen con gli occhi socchiusi:
“Metti via via quei soldi, prima che te li infili dove sai”
Ellen ride “Sei nervosa oggi, tesoro?”
“Hanno fatto esplodere l'università, ed hanno rubato le domande del mio esame, non posso essere nervosa?”
“Beh, a me hanno provato ad uccidere…”.
“Cosa?!?”.
“Ma ritorniamo al vecchio discorso… “
“No, adesso mi dici che cosa è successo” dice Rose in tono che non ammette repliche, un tono che, evidentemente, è prerogativa di famiglia.
“Sono finita in uno scontro a fuoco…Tuo fratello lavora per caso alla E.G.O. Inc?”
“E tu come fai a saperlo?”
“Può darsi che qualcuno abbia degli articoli da scrivere e che negli ultimi due giorni abbia dovuto passare molto tempo con una persona molto spiacevole che porta il tuo stesso cognome…”
“Spiegati meglio”
“Mi hanno affidato ad una squadra che doveva essere quella di punta dell'azienda…”
“Se è la squadra di Mark, di sicuro è quella di punta”
“Ma sono dei pazzi! Ho rischiato di morire e l'amico di tuo fratello ha picchiato un uomo con un cadavere… In due giorni che sono stata con loro, non sono stata un minuto al sicuro. E tuo fratello mi ha minacciato!”
“Cosa ti ha detto esattamente? Non vedo l'ora di farci un discorsetto...”
“Adesso non voglio scendere nei dettagli, tesoro, è una cosa che posso gestire da sola e non voglio mescolare lavoro e vita privata…”.
“L'hai appena fatto… Vabbè, intanto tieni questo” dice Rose frugando nella tasca dei jeans e consegnandole una tessera del Trauma Team.
Due ore dopo la squadra si ritrova nella sala riunioni per fare il punto della situazione.
“Dunque dobbiamo trovare un posto in cui Perea possa organizzare i suoi combattimenti clandestini e poi fare una soffiata alla OCP. Silva potrà scrivere l'articolo in esclusiva e noi riporteremo Debbie a casa” dice Mark passeggiando su e giù per la stanza con le mani in tasca.
“Il problema è trovare un posto adatto” risponde Fisk sedendosi con un sospiro “Qualcuno ha una buona idea?”
“L'importante è che, quando la soffiata va in porto, Perea non sospetti che l'abbiamo fatta noi” dice Penny rivolgendosi a Mark “Dovresti dire al tuo amico alla OCP che arresti anche me, per sicurezza”.
“Tranquilla. Non è la prima volta che io e Hank facciamo questo giochetto”.
“Qual è un posto in cui nessuno sospetterebbe dei combattimenti clandestini?” chiede Silva “Perchè non proporre lo stesso magazzino? È già bruciato…”
“In realtà non sappiamo esattamente cosa Perea sta cercando, magari vuole cambiare attività” dice Penny “Io e Fisk torniamo a parlargli”
Penny e Fisk tornano all'Exchange Palace con un'auto aziendale. Il casinò è pieno di clienti anche nel primo pomeriggio e i due devono mettersi in fila al bancone.
“Devo vedere il tuo capo” dice Penny al ragazzo che le chiede quanti soldi vuole cambiare, porgendogli il biglietto che le ha dato Perea la sera prima.
“Un momento, prego” risponde lui digitando qualcosa su un tablet.
Penny e Fisk vengono accompagnati nell'ascensore da uomo in giacca verde, fino al piano degli uffici. All'inizio del corridoio vengono perquisiti da due guardie che prendono in custodia la pistola di Fisk e guardano Penny – e il suo completo gessato da quadro corporativo - con aria un po' stupita, prima di accompagnare entrambi alla porta dell'ufficio di Perea. Il proprietario del casinò sta parlando con un uomo di mezza età, vestito distintamente, che ha in mano una borsa da ufficio: quando Penny e Fisk entrano lo congeda. Da dietro la scrivania, Perea sorride a Penny e le fa cenno di accomodarsi. Mentre la ragazza si siede, Fisk rimane in piedi alle sue spalle, prendendo mentalmente nota delle due guardie fuori dalla porta e dei vetri antisfondamento alle spalle dell'uomo. Nella stanza non sembrano esserci telecamere o altri sistemi di sicurezza.
“Buenos días, señorita… Cómo debería llamarte?”
“Buongiorno signor Perea, Daisy andrà benissimo”
“Y el señor con usted?”
“È solo la mia guardia del corpo. È un ragazzo affidabile”
“Y gana mucho en el juego, me dijeron”
“Dev'essere nato con la camicia. Non le farò perdere tempo, signor Perea: il mio capo è disposto a pagare i duecentomila eurodollari, ma io le vorrei proporre un accomodamento”
Perea le fa cenno di continuare
“So che recentemente ha avuto dei problemi con la OCP”
“Este iba a ser una noticia privada” dice l'uomo, molto contrariato.
Fisk stringe istintivamente i pugni, ma Penny continua tranquillamente
“Mi domandavo se vuole riprendere l'attività che ha dovuto sospendere: la mia società potrebbe impegnarsi a trovare per lei un posto al di sopra di ogni sospetto…”
“Llegas tardes: ho già trovato un posto adatto…” Perea congiunge le dita sotto al mento, riflettendo,poi continua “Pero si desea firmar el contrato en mi nombre… sono molto impegnato”.
“Lei cancellerà il debito se io faccio firmare un contratto?” chiede Penny stupita
“Ese es el trato, o lo tomas o lo dejas”.
Perea allunga a Penny un tablet con un contratto che la ragazza legge rapidamente: si tratta di un accordo per l'affitto di un magazzino, e dei locali adiacenti, al primo livello, da concludersi con la Arc Sextant. Il lotto, compreso in un progetto di riqualificazione mai iniziato, è molto svalutato e l'affitto è straordinariamente alto.
“Quindi devo andare alla Arc Sextant a far firmare il contratto e poi?”
“Nada mas. Tiene que conseguir la firma del señor Jackson… tendrá sólo un problema: el director ejecutivo de la Arc Sextant odia le donne. Es mejor ir a un hombre” Perea squadra Fisk con occhio critico “un hombre que se ve un hombre de negocios”
Penny annuisce “Nessun problema, signor Perea: tornerò con il suo contratto quanto prima”.
venerdì 9 giugno 2017
044 - l'incrocio tra la Thompson e Cicero
È di nuovo mattina a Nuova New York, di nuovo freddo, e pioggia al di là delle ampie vetrate della sala riunioni al settimo piano della E.G.O. Inc. Seduta sul tavolo, le belle gambe accavallate sul ripiano bianco, Penny dice:
“Dobbiamo scoprire quali sono i problemi di Perea con la OCP”.
“Ho sentito il mio contatto” risponde Killex posando la sua tazza di caffè “Mi farà sapere quello che può a breve. Sappiamo che il nostro uomo aveva qualche traffico illegale in un magazzino al primo livello, ma non sappiamo di che tipo”.
“Dunque la nostra linea sarà risolvere i problemi di Perea e poi consegnarlo alla polizia?” chiede Fisk che sta facendo una seconda colazione a base di ciambelle.
Dur entra nella stanza con un gran sorriso qualcosa in mano: consegna a Killex e Fisk due circuiti stampati a forma di proiettile.
“Questi sono proiettili in cui ho inserito una piccola batteria, ci ho lavorato un po' sopra: quando impattano producono uno shock. Se funzionano fatemi sapere”.
Killex si rigira la cartuccia tra le dita:
“Mi sembra interessante, lo proverò” dice, poi prende il suo revolver, apre il taburo ed inserisce il nuovo proiettile nel cilindro.
“Ma perché vogliamo vendere Perea alla OCP?” chiede Fisk.
“Perché pensa di potermi comprare per la ridicola cifra di quattrocentomila eurodollari” risponde Penny con sussiego.
A Killex arriva un messaggio da Hank:
“Tutto quello che ti posso dire è che alcuni degli uomini di Perea stanno girando ai piani alti. Il suo contabile è stato visto entrare nella sede della Arc Sextant”.
Mark gira il messaggio agli altri:
“Che diavolo è la Arc Sextant?” chiede.
“È una grossa azienda immobiliare che si occupa principalmente di case ai piani alti” dice Penny “Niente di strano che uno che ha tutti questi soldi voglia comprarsi un attico…”.
“Secondo me c'è qualcos'altro sotto…” interviene Fisk meditabondo “Propongo di smuovere un po' di contatti. Io potrei andare al Solitaire, tu, Killex, potresti andare da Cheng, giù nello sprawl. Lui e Perea potrebbero avere interessi contrastanti… Miss Penny, provi a scoprire a chi appartiene l'edificio che il nostro uomo vuole comprare”.
“Muoverò qualche contatto anche io” dice Silva raccogliendo la sua borsa e scuotendo i capelli.
“Ecco, provi a rendersi utile, per una volta”.
“Ecco, provi a rendersi utile, per una volta”.
Fisk arriva al Solitaire in moto. A metà mattina il locale è quasi vuoto, ma è sempre buio e fumoso, e Horace è come sempre dietro al bancone:
“Ciao Fisk” dice, il sigaro spento tra i denti.
“Come vedi sono tornato”.
“Sì, Killex mi ha spiegato cosa vi successo… Mi devi comunque duecento dollari per la finestra”
Il solitario tira fuori dal portafoglio due banconote spiegazzate e gliele porge; il barista segna qualcosa su un quadernetto sgualcito
“Cosa ti servo?” chiede poi.
“Birra, salatini ed informazioni”.
“Che tipo di informazioni?”.
“Riguardo un magazzino al primo livello, all'angolo tra la Thompson e Cicero. Vorrei sapere di chi è, ma soprattutto cosa ci fanno dentro”.
“La zona dei magazzini abbandonati in fase di riqualificazione? Da quelle parti gira un sacco di roba. So solo che tutto il quartiere è di un'immobiliare, ma deve essere una società ombra: nessuno compra edifici al primo livello per riqualificare. Chiedono contributi, portano agli uffici carte con qualche errore, le pratiche vengono rimandate indietro, i proprietari chiedono altri contributi e avanti così. Gli immobili costano poco, e possono essere usati per qualsiasi tipo di traffico…” dice Horace, spillando una birra.
“Qualcuno dei ragazzi ha lavorato lì?”
Il barista si sporge dal bancone
“Fred” chiama a gran voce. Dal fondo del locale un ragazzo si gira: ha al massimo vent'anni e sta giocando a freccette con un gruppetto di giovani in giacca di pelle. Si avvicina al bancone e guarda Horace interrogativo:
“Dimmi pure”.
“Fred, questo è… beh, il mio amico si presenta da solo. E le birre le ha già pagate” dice il barista indicando Fisk “Vi lascio a parlare un poco”.
“Ciao amico” dice Fisk con un gran sorriso “Io sono Charlie e sono… un po' nuovo dell'ambiente…” Fred, che esibisce grossi bicipiti tatuati sotto le faccia imberbe da ragazzino, lo guarda con entusiasmo.
“Davvero? Belle braccia!”
“Grazie… Ti dirò: ho speso un sacco di soldi per sembrare un veterano, in modo che mi assumano facilmente, ma in realtà fino a poco fa ero un insegnante. Non immagini che razza di tagli ci sono stati nell'istruzione, ultimamente”.
Parlando con i bicchieri in mano i due vanno a sedersi ad un tavolino appartato, sotto una finestra fatta con vecchi fondi di bottiglia. Horace si avvicina a portare una vaschetta di salatini, guardando Fisk con un sorrisetto.
“E funziona?” sta chiedendo Fred.
“Beh, sì. Dovresti farmi un favore: mi hanno pagato per un lavoro al livello uno, vicino all'incrocio tra la Thompson e Cicero. Ho preso l'incarico meno di una settimana fa, perché quello prima di me è stato fatto fuori...”.
”Quindi ti ha assunto la ditta di trasporti?”.
“Sì, il fatto è che mi hanno detto la OCP gira da quelle parti...”
Il ragazzo guarda Fisk con aria di protezione:
“No, ti hanno detto male: la OCP girava, poi, una notte, sai come fanno… c'è un incidente nella strada a fianco, le volanti vanno a vedere… e in mezz'ora hanno ripulito il magazzino. Il giorno dopo c'era già dentro la ditta di trasporti”.
“Quello che vorrei sapere è: che cosa c'era prima?” chiede Fisk.
“Io ho lavorato a circa un paio di isolati e non sono mai entrato lì. Ma c'era un gran viavai e un paio di volte anche un'ambulanza. Quando arrivava un'auto civetta - che poi li riconosci subito i poliziotti, hanno l'aria di voler arrestare subito qualcuno… Queste cose non te le insegnano all'accademia…”
Killex prende una macchina e scende nello sprawl, fino al Factoriya. Cheng lo riceve nella solita stanza ingombra di casse chiuse: quando lo vede entrare sfodera un sorriso che gli tende la cicatrice sulla guancia:
“Priviet” dice, facendo al solitario cenno di accomodarsi.
“Ciao Cheng! Tutto bene?”.
“Da, da affari gira. Qui è tutto tranquillo, anche troppo tranquillo: io sta annoiando”.
“Posso farti un paio di domande allora?”.
“Da, tu chiede pure” risponde il russo, frugando in un mobiletto e tirando fuori una bottiglia di vodka e due bottiglie tagliate a filo.
“In che rapporti sei con Albino Perea?”.
“Il Topo? Perché tu chiede?”.
“Non vorremmo pestarti i piedi. Abbiamo un lavoro che lo coinvolge: il capo ci ha chiesto di procurargli un ricercatore, e quel povero coglione non riesce a lavorare bene perché è innamorato di una ragazza che è stata fatta rapire da Perea per un debito di gioco: vuole farla sposare a suo figlio…”
“Matrimonio! Roba di altro secolo! Io dà a te consiglio gratis: tu sta lontano da matrimonio, anello è peggio di catena” ghigna il russo riempiendo i bicchieri “Matrimonio è coperchio di bara, e figli è come chiodi. Per questo io ha fatto per me bara con kalashnikov, se loro tenta di chiudere me dentro io spara loro attraverso coperchio”.
“Mi sembra un'ottima idea” annuisce Killex “Un buon kalashnikov risolve molti problemi: peccato che noi non possiamo usarlo contro Perea: abbiamo una giornalista attaccata al culo e ci faremmo brutta figura”.
Il russo sorride divertito ed allunga a Mark un bicchiere colmo fino all'orlo, poi si appoggia allo schienale del vecchio divano dove è seduto e gli fa cenno di continuare.
“La mia idea è questa: noi facciamo finta di risolvere i problemi che Perea ha con la OCP e poi…”
“Cosa c'entra OCP?”
“Cosa c'entra OCP?”
“Stanno indagando su di lui…”
Cheng sbuffa:
“Perea è indagato da quando lui ha acquistato casinò”.
“Ma Penny ha sentito i suoi uomini lamentarsi perché non possono più fare giri in giostra…”
Cheng scoppia a ridere
Ellen Silva prende un taxi diretta al primo livello. Mentre la macchina scende nel ventre nebbioso e umido di Nuova New York, la donna telefona a Richard Boyle:
“Buongiorno!”
“Ah, miss Silva, mi dica pure…” la voce dell'investigatore giunge attutita alle sue orecchie, in sottofondo il rumore del traffico.
“Forse è meglio che io non dica, soprattutto non dica cosa penso della sua professionalità. Si è fatto beccare il primo giorno di lavoro…”
“Ma, miss Silva, lei non mi aveva detto che erano dei professionisti” dice l'investigatore con l'aria di volersi scusare.
“Visto che è stato completamente inutile, e che il suo salario è già stato pagato, veda di trovarmi qualcuno che bazzicava al primo livello, all'incrocio tra la Thompson e Cicero: ci deve essere stato qualche traffico illegale in quei magazzini. E veda di muoversi”.
“Lo farò subito”.
Il taxi continua a scendere: fuori i palazzi solidi e puliti del quinto livello si trasformano in quelli più vecchi del quarto; le banche e gli uffici lasciano il posto ai condomini e ai negozi, la temperatura va abbassandosi ed Ellen si stringe nel suo impermeabile, colta da un pensiero improvviso. È ancora persa in questo pensiero quando, una ventina di minuti dopo, riceve una telefonata dal suo investigatore privato:
“Ho scoperto che il quartiere è tutto di proprietà della Arc Sextant, a parte l'isolato che comprende il magazzino: questo era di proprietà di una società ombra controllata da Albino Perea. Quando la OCP ha cominciato a girare da quelle parti, il magazzino è stato messo sul mercato, ma la presenza della polizia ha fatto crollare il prezzo. Se le interessa ho trovato una persona che frequentava quel posto abbastanza spesso”.
“Mi interessa sapere cosa facevano lì dentro”.
“Aspetti: il mio contatto è qui, glielo chiedo subito”
“Insomma, ragazzino, lo sai o no cosa facevano lì dentro?” ringhia Fisk, sommamente annoiato dalle storie di Fred. Il ragazzo lo guarda un po' spaventato:
“A quello che mi hanno detto, organizzavano combattimenti clandestini” balbetta.
“Se tu vuole assistere o partecipare a combattimenti clandestini a ultimo sangue, tu poteva chiedere a me” dice Cheng bevendo un sorso di vodka.
“Organizzavano combattimenti clandestini con scommesse. Giravano molti soldi” dice Boyle.
“Ottimo, la ringrazio” Silva chiude la telefonata poi, dato che ha ottenuto le informazioni che voleva, dice al tassista di tornare indietro, e invia un messaggio.
“Ottimo, la ringrazio” Silva chiude la telefonata poi, dato che ha ottenuto le informazioni che voleva, dice al tassista di tornare indietro, e invia un messaggio.
lunedì 5 giugno 2017
043 - conversazioni
Penny viene accompagnata in una saletta senza finestre con un tavolino, due sedie ed uno specchio avvitato alla parete di fondo. La stanza non è insonorizzata e si sentono le due guardie parlare fuori dalla porta.
“Alla fine abbiamo trovato un posto?” chiede uno.
“No, devono ancora stabilire un accordo” risponde l'altro “Quindi per un po' niente giro in giostra: tutta colpa della OCP. Ma è meglio non parlarne adesso”.
Chiedendosi che cosa ha appena ascoltato, Penny siede su una seggiola piuttosto scomoda, telefona all'ufficio Ricerca e Sviluppo della E.G.O. Inc e chiede di parlare con Thang:
“La tua ragazza sta bene, ma servono duecentomila eurodollari per tirarla fuori” gli dice.
“Ma io non ho mai visto tutti quei soldi in vita mia, come faccio a trovarli?” chiede il giovane, piagnucolando.
“Tranquillo, se ci tieni davvero, ci inventeremo qualcosa. Tu pensa a lavorare: è la cosa migliore che puoi fare, per te e per Debbie”.
Senza avere la più pallida idea di cosa fare, e maledicendosi per questo, Penny torna nell'ufficio di Perea, sempre scortata dalle due guardie: guardandola con aspettativa ironica, l'uomo le fa cenno di sedersi.
“A quanto ammonterebbe il debito tra un anno?” chiede la ragazza, sistemandosi la gonna con aria noncurante.
“Quattrocentomila, con una garantía”.
“Mi sembra molto… Che tipo di garanzia comunque?”.
“Tu, por ejemplo”.
“Ma io non valgo tanto, signor Perea” si schermisce Penny con esibita modestia.
“Tu me ofendes” dice lui sorridendo “Mi hijo tiene que ser casado. Soy fastidiado de su conducta… Y me dijo que tu le gusta. Sería una solución excelente”.
Penny china il capo, con un finto sorriso lusingato: “Lei mi fa troppo onore, signor Perea, ma non posso decidere ora… Per lei va bene se ci rivediamo domani sera? Tornerò con una risposta del mio capo”.
“Está bien” Perea tira fuori da un cassetto un cartoncino e glielo allunga “Presenta esto all'ingresso e pregunta por mi” aggiunge, considerando la ragazza con simpatia “Quieres algo de beber? Non ho mai conosciuto una puttana che parla di affari come te…”
Ellen Silva esce dallo studio di Fisk dove si era chiusa a scrivere l'articolo: nell'ufficio silenzioso non c'è nessuno. La giornalista gira un po' per le stanze deserte e infine trova Dur che sta facendo qualcosa seduto davanti ad un portatile.
“Scusa, dove sono i tuoi colleghi?”
Il tecnico si toglie dalle orecchie un paio di cuffiette.
“La signorina Clarke aveva un incontro personale, Killex e Fisk o sono con lei o sono fuori a bersi una birra, non saprei proprio dirle…”.
“E quando torneranno?” chiede Ellen, sedendo di fronte a lui ed appoggiando la sua voluminosa borsa sulla scrivania.
“Non ne ho idea”.
“Va bene, offrimi un caffè intanto… E, dimmi, è molto che lavori qui?”
“Veramente no…”risponde Dur sospirando alla prospettiva di dover mettere in pausa il suo lavoro, che è piuttosto urgente, per rispondere alle domande della giornalista. Si stampa poi un sorriso di cortesia sulla faccia ed invia un messaggio a tutta la squadra:
“Venite ad aiutarmi! Sono bloccato qui con la giornalista!”
Nel taxi che lo riporta con Penny alla E.G.O Inc, Fisk riceve una chiamata da Killex:
“Sono al Solitaire. Abbiamo incontrato Richard Boyle: è stato pagato da quella puttana di Silva per seguirci. È preoccupata per la sua incolumità, la stronza. Io e il dottore abbiamo promesso di pagarlo e gli abbiamo detto di non romperci le scatole se non vuole diventare un festone da appendere alle pareti del locale. A voi com'è andata? Fisk, hai guardato le spalle di Penny?”
“Veramente ho giocato al casinò, e ho vinto un bel po' di soldi”.
“Cazzo, per una volta che ti affido un compito…”.
“Io ho parlato con Perea” si intromette Penny “Fisk, metti in viva voce”.
Il solitario digita qualcosa nell'aria, poi Penny continua:
“Ciao Mark! Perea vuole duecentomila eurodollari per lasciar andare la ragazza, però pare che i suoi uomini abbiano dei problemi con la OCP: ”non possiamo più fare giri in giostra” hanno detto... Qualsiasi cosa significhi potremmo offrirci di sistemare il problema noi”.
“Aspettate: chiamo il mio amico Hank e chiedo”.
“Ciao Hank!”.
“Ciao… Forse preferivo quando non mi chiamavi mai… Mi hai svegliato: ho fatto il turno di notte e quello di mattina…” risponde il poliziotto sbadigliando.
“Ti pagherò due bistecche, ma devo sapere che problemi ha Perea con voi: una mia amica ha saputo che gli uomini di Perea non possono più “fare giri in giostra” per colpa della OCP”.
“L'unica cosa che ti posso dire è che abbiamo ricevuto una soffiata riguardo un vecchio grosso magazzino di proprietà di Perea al primo livello: abbiamo fatto dei controlli, ma non abbiamo trovato nulla, e poco tempo dopo lo stabile è stato venduto. Ipotizzavamo qualche traffico illegale, ma abbiamo trovato solo i suoi uomini che entravano e uscivano. Devono avere qualche informatore.”
“Dov'è questo magazzino?”
Hank dà a Killex l'indirizzo di un quartiere periferico di magazzini e fabbriche dismesse al primo livello che da vent'anni deve essere riqualificato.
“Ti interesserebbe se facessimo il doppio gioco? Fingiamo di risolvere i problemi di Perea e poi ve lo consegniamo?”.
“In questo caso, una bistecca te la devo io”.
Penny e Fisk arrivano alla E.G.O. Inc. La ragazza sale al terzo piano, diretta all'ufficio Ricerca e Sviluppo: mentre sta per entrare, incrocia Andrea che ne esce, andando verso all'ascensore. La donna le fa cenno di seguirla. Le due salgono in perfetto silenzio al nono piano e siedono nella sala riunioni: per una lunghissima manciata di secondi l'unico rumore udibile è quello della cascata d'acqua sulla parete, mentre Penny, piuttosto inquieta, si chiede cosa debba dirle il suo capo. Andrea sospira:
“Ammetto che far ricadere i costi sui dipendenti è un'ottima politica aziendale, ma quando ti ho detto di risolvere il problema intendevo che Thang ci serve attivo al cento per cento. Quale parte non hai capito?”.
“Ammetto che far ricadere i costi sui dipendenti è un'ottima politica aziendale, ma quando ti ho detto di risolvere il problema intendevo che Thang ci serve attivo al cento per cento. Quale parte non hai capito?”.
La ragazza arrossisce:
“Veramente io…” comincia, poi abbassa la testa “Ho sbagliato, capo, e me ne scuso”.
Senza rilevare quest'ultima frase, Andrea continua:
“Ho parlato con Carey: il moccioso non è riuscito a fare altro che bofonchiare qualcosa in lamentese… Dimmi a che punto siete”.
“Il nostro Romeo è impossibilitato a lavorare per bene perché è innamorato…”.
“Povero stronzo”
“…la sua Giulietta è stata rapita, per pagare il debito del padre, da Albino Perea, il proprietario dell'Exchange Palace. La posta sono duecentomila eurodollari, quindi se a noi Thang interessa per quella cifra – il che non è detto…”.
“Due osservazioni” la interrompe Andrea in tono tagliente “Perché non hai chiesto a me per il pagamento?”.
“Perchè pensavo che lei non volesse spendere tanti soldi per un ricercatore”.
“Non ti pago per pensare a quello che che penso io. La prossima volta che ti viene il prurito di rispondere a mio nome, fattelo passare. Secondo: se Thang riesce a sbloccare le ricerche che Carey porta avanti da più di cinque anni quei soldi sono ben investiti. Certo, se ci fosse un'altra strada…”
“Sappiamo che Perea ha dei problemi con la OCP”.
“E se voi risolvete i suoi guai potete usare questo come merce di scambio… Segui questa strada, ma se hai dei problemi fammi sapere. A proposito” dice Andrea lanciandole un'occhiata penetrante “Come si sono comportati i tuoi uomini?”
“Bene, capo”.
“Guardami negli occhi mentre lo dici”.
Penny sente un brivido freddo lungo la schiena, ma fissa il suo capo e dice tranquillamente:
“Direi abbastanza bene, contiamo di avere un buon articolo”.
“Ottimo. Ho sentito che ci sono state trattative relative ad altri articoli”.
“Sì, credo che la signorina Silva sia in cerca di lavoro”.
“Bene, ci serve tutta la pubblicità possibile. Lo so che avere una giornalista attaccata alle chiappe non è piacevole, ma se gli articoli sono buoni e riusciamo ad avere Thang a prezzo zero, chissà che non ci sia una gratifica nella tua prossima busta paga…”
Killex, Fisk e il dottore entrano nella sala riunioni dell'ufficio: Dur, che sta parlando con Ellen davanti ad una tazza di caffè, li guarda riconoscente.
“Allora avete novità interessanti?” chiede Silva in tono gioviale.
“Siamo entrati nella tana del topo e miss Penny ha intavolato delle trattative, che però stanno risultando ostiche: Perea vuole duecentomila eurodollari” risponde Fisk senza guardarla.
“E cosa pensate di fare?”dice la giornalista, fingendo di non rilevare il tono ostile del solitario.
“Noi non siamo pagati per pensare” dice Killex, sarcastico.
“Chissà perché, me lo aspettavo” commenta lei con un sorriso.
“Abbiamo comunque salvato la sua vita, e quella del ragazzo. E le ricordo che anche lei ha sparato” salta su Fisk guardandola molto male.
“Bisogna pur difendersi, e poi io non ho usato un cadavere come una mazza” “Mi scusi se ero un tantino alterato: il mio amico era a terra e voi eravate tutti in pericolo. E comunque io non vengo a dirle come fare il suo lavoro…”
“Cercherò di spiegarmi, miss Silva” interviene Killex, conciliante “Siamo persone pagate per proteggere altre persone. Lei deve conoscerci per poter giudicare: Fisk, un brillante professore, è stato usato dalla Biotechnical come esperimento bellico. A me degli assassini dell'Arasaka hanno ucciso i genitori sotto gli occhi quando avevo diciassette anni. Queste sono cose che segnano… Avrei potuto diventare Batman, invece sono andato in cerca di quei figli di puttana fino in Giappone, e li ho fatti fuori”.
In una nuvola di profumo, Penny entra nell'ufficio con il passo frivolo dei tacchi alti:
“Ragazzi, riunione tra un minuto” dice sedendosi al tavolo, poi guarda Silva “A proposito: ci siamo occupati del suo investigatore privato”.
Ellen la guarda colpevole e preoccupata.
“Stia tranquilla: è vivo e sta bene”.
“Mi permetto di darle un piccolo suggerimento” aggiunge Killex “La prossima volta ne prenda uno un po' più sveglio…”
venerdì 2 giugno 2017
042 - al casinò
Roman comunica a Penny che l'appuntamento è fissato per quella sera alle dieci e mezza; la ragazza deve mandare una fotografia alla sicurezza del casinò e poi presentarsi all'ingresso al secondo livello: nome in codice Daisy. Profondamente preoccupata per la riuscita della parte che deve interpretare, Penny trascina Fisk e Roman nell'appartamento e li costringe e consigliarla mentre si prova diversi vestiti.
“Cosa ne dite di questo?” chiede incerta, guardandosi nel grande specchio della sua camera per controllare la riga nera delle calze autoreggenti, il cui orlo di pizzo sporge dalla gonna.
“Beh, miss Penny, non è il mio genere, ma devo dire che sta molto bene” risponde Fisk, che non riesce a togliere gli occhi dal bustino di pizzo della ragazza.
“Ma non devo stare molto bene, devo sembrare una prostituta! Forse era meglio il vestito di latex di prima… Roman, tu che ne pensi?”.
“Al posto di Ricardo Perea io non preoccuperei di vestiti” commenta il russo.."
“È meglio se andiamo” dice Fisk guardando l'orologio “La strada per il casinò è lunga”.
Penny si dà un'altra passata di rossetto, ne controlla l'effetto ed afferra la borsetta:
“Allora chiama un taxi, e vedi di metterti una giacca”
Nell'auto che li porta all'Exchange Palace, mentre Penny studia nervosamente la sua immagine su uno specchietto, Fisk chiede:
“Ma, mentre è dentro a… convincere Ricardo Perea a lasciar andare Debbie, io cosa dovrei fare?”
“Giocati qualche fiches” risponde lei allungandogli una manciata di banconote “E vedi di vincere qualcosa”.
“Giocati qualche fiches” risponde lei allungandogli una manciata di banconote “E vedi di vincere qualcosa”.
L'Exchange Palace ha all'ingresso un grande salone arredato come la hall di un ufficio: ci sono un bancone sul fondo, davanti ad una parete di specchi, e diversi tavolini ed una piccola caffetteria. Qualche cliente che ha finito i soldi da giocare siede mestamente bevendo superalcolici serviti da cameriere in tailleur scollati; sulla porta quattro robusti buttafuori in tenuta da combattimento controllano chi entra, mentre dietro il banco della reception c'è un ragazzo in giacca verde scuro che sorride a Fisk e Penny:
“Buonasera, quanto volete cambiare?”.
“Io veramente sono Daisy, e credo di essere attesa al piano di sopra”.
L'impiegato controlla qualcosa su un tablet, poi digita un messaggio.
“Va bene, attenda un attimo: verranno a prenderla”.
“Tu vai pure” dice Penny a Fisk che aspetta titubante.
“Non vuole che l'accompagni di sopra?”.
“No, vai pure a giocare”.
“Aspetterò comunque: è quello che farebbe Killex”.
Un paio di minuti dopo arriva un uomo in giacca verde che si avvicina a Penny:
“Miss Daisy? Mi segua per favore”.
I due scompaiono dietro una porta di servizio. Con l'oscura sensazione che qualcosa andrà male, Fisk si avvicina di nuovo al banco, toglie dalla tasca le banconote che gli ha lasciato Penny e le conta velocemente:
“Gentilmente può cambiarmi questi novecento eurodollari in fiches?”.
“Certamente, che taglio?”.
“Mi dia tre da cento ed il resto in pezzi da dieci e venti”.
Le fiches in una vaschetta di plastica verde, Fisk entra nella sala principale del casinò che è un'enorme stanza tappezzata di moquette verde, piena di musica e rumore e divisa in numerosi ambienti da delle pareti attrezzate. Nei diversi locali uomini e donne di tutte le età e condizioni sociali si accalcano intorno ai tavoli da blackjack o siedono imbambolati davanti alle slot machines sperperando i loro soldi. Il solitario gira un po' per il casinò, ordina un whisky ad una bella ragazza in tailleur verde e poi va a sedersi ad un tavolo da poker.
Nel frattempo, Penny segue l'impiegato del casinò oltre un corridoio, dentro un grande ascensore con le pareti a specchio che sale per un paio di minuti fino a raggiungere il quarto livello. La porta si apre su un grande appartamento lussuoso, con pavimento di vero legno e finte opere d'arte rinascimentali alle pareti imbiancate di fresco. Il ragazzo che accompagna Penny bussa tre volte ad una porta di acero chiara:
“Falla entrare” si sente dire dall'altra parte. La ragazza viene introdotta in una stanza con un grande letto a baldacchino e lenzuola di raso, un mobile bar e pesanti tappeti: Ricardo Perea la aspetta seduto sul letto.
“Ciao Daisy” dice, lanciandole una lunga occhiata valutativa.
“Buonasera”.
“Beh, non ti spogli?” chiede lui slacciandosi i pantaloni.
Penny apre la gonna e la lascia scivolare lungo le gambe. Sorride:
“Dopo avrò bisogno di cinque minuti per parlare d'affari con te”.
Perea sorride stupito:
“Affari? Da quando in qua le puttane parlano di affari?”.
Lei continua tranquillamente a spogliarsi:
“Nulla di importante, voglio solo rilevare il debito di una mia amica”.
“Io non mi occupo di queste cose, devi parlarne con mio padre”.
“Perfetto: quando posso incontrarlo?”.
“Dopo” risponde lui, agguantandola.
Ricardo Perea consegna a Penny duemila eurodollari in banconote da cinquanta, poi la accompagna giù per due rampe di scale, lungo un corridoio con numerose stanze in cui si vedono dei tizi con giubbotto antiproiettile che giocano a carte o guardano la televisione, fino alla porta dell'ufficio di Albino Perea. Bussa due volte, poi entra. Penny aspetta un paio di minuti sotto gli sguardi indifferenti degli uomini della sicurezza, poi la porta viene aperta e Ricardo le fa cenno di entrare. L'ampia sala è dominata da una grossa scrivania di quercia a cui siede un uomo di mezza età, con folti baffi grigi, che sta contando delle mazzette di banconote e controllando qualcosa su un registro. Non alza nemmeno la testa:
“Solitamente no hablo con las putas de mi hijo”.
“Allora la ringrazio di avermi ricevuto. Non le porterò via molto tempo: sono qui perché vorrei rilevare il debito di una mia amica”.
“No creo que tenga suficiente dinero para detectar un débito”.
“Questo lo lasci stabilire a me”.
Albino Perea guarda Penny con un sorrisetto
“Y quién es el dèbito?”.
“Del signor Cruz. Sono sicura che lei si ricorda di Debbie Cruz”.
“Claramente. Sabe que el débito es duecentomila eurodollari?”.
“Pensavo che forse avremmo potuto venirci incontro”.
“No me importa quién paga, pero non posso fare sconti. Soy un hombre de negocios, potrebbero circolare voci sbagliate su di me”.
“Quindi per lei va bene se pago io… Posso sapere come sta la signorina Cruz?”
“Está bien, naturalmente”.
“È possibile parlare con lei?”
Perea sospira, poi digita qualcosa su un tablet: un paio di minuti dopo un uomo in giubbotto antiproiettile trascina nella stanza una ragazza. Debbie ha l'aria disperata e i vestiti strazzonati, ma nessun segno di violenza; quando vede Albino Perea scoppia in lacrime.
“No te desanimes, Debbie” dice Perea in tono paterno “La señorita vino aquí para pagar la deuda de su padre”.
La ragazza guarda Penny un po' stupita, ma non smette di piangere:
“Mi lasci tornare a casa” mormora tra le lacrime.
Penny le sorride:
“Sta' tranquilla, sistemeremo tutto” dice.
“Portatela via” ordina Perea alla sua guardia, poi si rivolge a Penny “Así que mi dinero?”.
“Mi lasci fare una telefonata, così chiudiamo subito l'accordo” Perea apre un cassetto, tira fuori un cellulare prepagato e glielo porge, poi schiocca le dita: due uomini armati si materializzano nella stanza.
“Accompagnate la señorita en la sala de interrogatorios”
Fisk gioca bene le sue carte, ed ha molta fortuna: vince cinquemila eurodollari in un paio d'ore. Prima della puntata successiva, si sente battere una mano pesante sulla spalla.
“Signore, mi pare che abbia giocato a sufficienza per questa sera” dice un uomo grande e grosso in giacca verde. I presenti si voltano un attimo a guardarlo, poi girano la testa facendo finta di niente e si rimettono a giocare.
“Ma io mi stavo così divertendo…” risponde Fisk.
Il solitario sente qualcosa premergli sulla schiena.
“D'accordo, d'accordo amico: me ne vado…”
Scortato dalla guardia Fisk raggiunge la caffetteria all'ingresso: cambia le sue fiches al banco e poi siede in mezzo agli altri clienti che hanno vinto troppo o perso troppo e stanno annegando quel che resta della serata nell'alcol.