lunedì 30 aprile 2018
Mittermaier e Penny si guardano in silenzio per qualche attimo, poi l'uomo stringe gli occhi, colto da un improvviso sospetto:
“Forse” insinua “Questo casino è opera sua. Io le ho chiesto di mettersi in contatto con il mio uomo di fiducia, e, mentre ero chiuso qui dentro, lei ha fatto precipitare la situazione per… per derubarmi! Mirava alla mia cassaforte fin da subito! Chi ha corrotto? Avrei dovuto immaginarlo…”
“Non mi piace quando si mettono in dubbio le mie intenzioni: questo è molto maleducato da parte sua! Pensa DAVVERO che abbia delle mire sulla sua «azienda»?” lo interrompe lei sdegnata, lasciando chiaramente intendere cosa pensa dell'attività di Mittermaier “Comunque mi chiederà scusa più tardi. Adesso deve richiamare Freede prima che sia troppo tardi. Si stanno ammazzando lì fuori, vuole capirlo?”
La sicurezza di Penny sembra mettere il direttore in difficoltà: prova a balbettare ancora qualche accusa, ma finisce per zittirsi sotto lo sguardo esasperato di lei:
“Li fermi. Adesso!”
Mittermaier attiva una sorta di vecchio interfono sulla parete dietro la sua scrivania e ci balbetta dentro:
“Freede, ehm… contrordine: non occorre che finiate il lavoro…”
Dal tetto sopra l'ufficio Killex ascolta l'annuncio del direttore urlato da degli altoparlanti piazzati ai quattro angoli del centro demolizioni. Continua a tenere d'occhio il mucchio di rottami dietro cui si sono nascosti Freede e il suo complice: dal margine sinistro del cumulo sembrano provenire delle risate. Alza il fucile e spara tre colpi in rapida successione, tentando un colpo di rimbalzo: due proiettili tintinnano insaccandosi nel metallo, ma al terzo segue un grido di dolore. Il solitario si concede un sorriso compiaciuto, poi sistema il fucile sulla schiena e salta giù dalla parete posteriore del piccolo edificio. Il camion blindato intanto è lanciato contro l'ufficio e dalle feritoie sulle fiancate continuano a piovere raffiche di mitraglietta cui gli operai, riparati dietro i muri dei magazzini, rispondono a colpi di fucile.
Mentre i proiettili crivellano la cabina sbozzando i portelloni e finendo per far esplodere il parabrezza, Fisk rotola giù dal cruscotto, scosta il cadavere del guidatore e sferra un colpo alla parete che separa l'abitacolo dal cassone. Il suo pugno penetra facilmente la lamiera, ed il solitario allarga a mani nude l'apertura.
Tenendo alto il fucile, Killex raggiunge il cumulo di rottami dietro cui si erano riparati i quattro mercenari: fa appena a tempo a notare del movimento tra le lamiere che un proiettile lo centra su un fianco, lacerando la sua giacca rinforzata e facendolo crollare in ginocchio, mentre una macchia di sangue – densa, calda e appiccicosa – si espande sulla sua camicia. Disteso sul terreno fangoso, in mezzo ai cadaveri dei suoi complici, Freede sta indietreggiando tra i rifiuti e continuando a puntandogli alla testa un fucile a pompa. Ha stampato in faccia un largo sorriso. Reggendosi il fianco, Killex riesce ad alzare la sua arma quel tanto che basta per mirare alla testa del suo nemico: preme il grilletto e guarda esplodere il cranio di Freede, il suo corpo contrarsi tra i rottami. Poi tutto si fa nero.
Un urto violentissimo fa tremare le pareti del piccolo edificio, il soffitto si crepa ed una fitta polvere d'intonaco volteggia nella stanza. Miettermaier si rifugia con un grido inarticolato sotto la sua scrivania, mentre Penny si guarda intorno spaventata: la motrice del camion si è accartocciata contro il muro di cemento armato. Fisk, che stava facendo leva sulle braccia per aprirsi un varco, sente un improvviso strappo doloroso alle spalle e viene schiacciato all'indietro contro il cruscotto. Il cassone blindato si inclina e si solleva, finendo per schiantarsi sopra la cabina ed il tetto dell'ufficio.
Il silenzio scende sul centro demolizioni: un silenzio immobile e denso della polvere sollevata dallo schianto. Gli operai si sporgono timidamente dalle pareti dei magazzini e si guardano intorno prudentemente prima di uscire allo scoperto ed affollarsi intorno alla motrice del camion. Dall'interno della cabina accartocciata provengono dei colpi sordi: con un'ultima spinta disperata, Fisk riesce a scardinare quel che resta della portiera e si trascina fuori, dolorante e confuso:
“Chiamate il dottore… Mi sa che mi sono strappato la schiena” chiede faticosamente agli uomini che lo guardano ancora sbalorditi e preoccupati “E trovate il mio collega…”
Quando il secondo boato si placa – è stato forte almeno quanto il primo ed ha pericolosamente inarcato il soffitto della stanza – Penny si allontana dalla cornice della porta sotto cui si era riparata e si china davanti alla scrivania di Mittermaier. Dall'esterno non proviene più alcun rumore:
“Direi che è ora che lei si assuma le sue responsabilità ed affronti i suoi dipendenti”
Il direttore la guarda con gli occhi ancora spalancati dal terrore e scuote vigorosamente la testa.
“Va bene, vorrà dire che me ne occuperò io”.
La ragazza si aggiusta le pieghe della giacca, poi tira fuori dalla borsa uno specchietto ed impiega qualche minuto a spazzolarsi la polvere di intonaco dai capelli ed a controllare il trucco. Il risultato la lascia decisamente insoddisfatta, così richiude la borsetta con una smorfia ed attraversa la stanza che ospita l'ufficio delle tre impiegate di Mittermaier – sono tutte tremanti ed accoccolate sotto le loro scrivanie. Apre il pesante chiavistello che serra la porta e scopre con stupore che l'uscita è bloccata da quel che resta della motrice di un camion, così si stringe nelle spalle e guadagna l'esterno attraverso il passaggio nell'ufficio del direttore. Girando intorno all'edificio, si imbatte in un gruppo di uomini radunati intorno a Jacob Torsten che sta dando loro istruzioni per rimuovere i rottami; poco lontano nota Fisk disteso su una barella improvvisata: Rosenbringer è chino su di lui è gli sta sistemando le spalle, assistito da un operaio che regge una cassetta da pronto soccorso. Si sente un sonoro schiocco seguito da un'imprecazione piuttosto volgare:
“Per quanto riguarda le parti meccaniche non posso fare molto. Dovrà farsi dare un'occhiata da un buon tecnico”
Il solitario si alza faticosamente, il braccio destro che ciondola inarticolato lungo il fianco e borbotta sarcastico:
“Grazie dottore, ci è stato molto utile oggi”
Penny si fa largo tra gli operai che la guardano stupiti e si rivolge a Torsten:
“Credo che il vostro capo sia disposto a trattare, ora. A proposito: dov'è la mia guardia del corpo?”.
Killex rinviene guardando un soffitto di cemento grigiastro. Si sente intorpidito e così sfinito da non riuscire a muoversi. Un dolore attutito ma pulsante gli tormenta il fianco scoperto: qualcuno gli ha tolto i vestiti e buttato addosso una ruvida coperta di lana verde militare, ma nonostante questo trema dal freddo. Dall'esterno si sentono rumori di macchine in movimento ed il rimbombo metallico di lamiere spostate ed accartocciate. Ricorda vagamente di aver sparato a Freede, ma si chiede preoccupato cosa ne sia di Penny, di Fisk e degli operai del Cimitero di North Hill: con uno sforzo doloroso cerca di mettersi a sedere, ma viene preso da una fitta alla testa e da un attacco di nausea.
“Stia calmo Killex” dice la voce di Rosenbringer da qualche parte al di fuori del suo campo visivo “Le sue condizioni sono stabili, ma ha perso molto sangue e purtroppo non sono attrezzato per farle una trasfusione qui”
“Come stanno Penny e Fisk?”.
Mentre Mittermaier viene trascinato fuori dal suo ufficio da due operai che lo tengono sollevato per le braccia, Penny siede alla scrivania dell'ormai ex direttore accavallando con grazia le gambe e sorridendo ai suoi interlocutori. Jacob Torsten e Martha Owens – una robusta donna sulla cinquantina con corti capelli color grigio ferro spazzolati all'indietro e penetranti occhi azzurri – si accomodano di fronte a lei mentre una decina di lavoratori aspettano in piedi alle loro spalle. Penny fruga nella scrivania di Mittermaier fino a trovare le chiavi della cassaforte ed un ottimo scotch ancora sigillato: beve rabbrividendo un lungo sorso poi porge la bottiglia a Torsten:
“Brindiamo al pagamento regolare dei vostri stipendi, intanto…”
venerdì 27 aprile 2018
133 - vive la resistance!
Accompagnato dall'operaio che gli ha aperto il cancello, Fisk si avvia lungo il sentiero che porta all'ufficio di Mittermaier, davanti alla cui porta sbarrata sono radunati una trentina di lavoratori: il centro demolizioni è immerso nel silenzio di una inattività innaturale e carica di tensione. I passi dei due uomini lasciano profonde impronte nel suolo fangoso ed a volte calciano inavvertitamente qualche pezzo di metallo che rotola via tintinnando.
“A proposito” dice il solitario tendendo una mano al suo accompagnatore “Io sono Fisk”
“Hughes” risponde questi dopo un attimo di esitazione, stringendo le dita metalliche di Fisk “Davvero ci aiuterai?”
“Sicuro! Solo, prima di incontrare Mittermaier vorrei trovare il mio collega: è qui dentro da qualche parte, ma le comunicazioni sono piuttosto disturbate e…”
Improvvisamente, dal fondo del lotto, si alza fischiando un razzo di segnalazione il cui arco luminoso si staglia vivido nell'aria sempre scura del primo livello.
“Che cazzo…?”
Killex intanto è stato condotto all'ufficio del direttore, fuori dalla cui porta sbarrata Jacob Torsten sta cercando di calmare i suoi colleghi, decisi a fare irruzione e linciare Mittermaier:
“Abbiamo sopportato abbastanza, Jacob!” urla uno degli operai che imbraccia un martello da demolizione “Quel figlio di puttana voleva farvi fuori, te e Martha!”
“Sì” fanno eco molte voci concitate “Adesso basta!”
“Io ho tre figli, Jacob, e un avviso di sfratto… E, anziché pagare gli arretrati, cosa fa quel bastardo? Assolda un mercenario per uccidere gli unici che ci danno una mano…”
Lo sfogo è interrotto da esclamazioni rabbiose, ed il gruppo compatto dei manifestanti avanza verso la porta dell'ufficio, brandendo piedi di porco e mazze. Pure c'è qualcosa in Jacob Torsten che riesce ad arginare la furia dei suoi colleghi – forse la serena autorità della sua voce ed il portamento tranquillo.
“Fermatevi” dice “Freede non può più fare nulla, ma se farete del male a Mittermaier passeremo solo dei guai: lasciate che gli parli ancora una volta”. Gli operai brontolano, ma si fermano abbassando le armi. Nel silenzio che segue, mentre cominciano a disperdersi, i manifestanti notano Killex fermo alle loro spalle, tra i due operai che l'hanno sorpreso tra i rottami.
“Chi cazzo è questo, Jack?” chiede dalla folla una voce . Una trentina di sguardi - alcuni perplessi, altri apertamente ostili - si fissano sul solitario e sull'aspetto incongruo del suo abbigliamento.
“Bah, dice di essere un cliente. Comunque abbiamo controllato: è disarma…”
Uno scoppio violentissimo, proveniente dall'ingresso del centro demolizioni, ne sradica le pesanti lastre di metallo e le proietta in avanti: gridando – ma le urla sono coperte dal boato – gli operai si gettano a terra o si acquattano contro le pareti dell'edificio.
“Bene, mi sa che sta per cominciare la festa…” commenta Killex, la cui unica reazione all'esplosione è stata chiudere gli ottiscudi, “Gradirei avere un arma per mia difesa personale e, a dimostrazione delle mie buone intenzioni, vi comunico che c'è un passaggio segreto sotto l'ufficio del direttore che sbuca dietro l'edificio”
“Stolte, Jiang! Andate a controllare che Mittermaier non se la dia a gambe” ordina Torsten, poi si rivolge al solitario “Immagino che lei non lavori per la direzione…”
“Effettivamente no. Sono qui per una fortuita serie di coincidenze, ma sarò lieto di aiutarvi”.
Torsten lo squadra per un attimo, poi strappa dalle mani di un collega che gli sta accanto un fucile d'assalto e lo lancia al solitario.
Dal sentiero si avvicinano correndo Hughes e Fisk:
“Ehi, Killex! Hai già fatto amicizia?”
“Direi di sì… Cosa cazzo era quell'esplosione?”
La risposta di Fisk è coperta dallo strepitare di una tromba-clacson: un grosso camion, che monta sul cruscotto una benna piatta, ed ha saldate sui lati delle lastre protettive, attraversa i cancelli divelti e si dirige a tutta velocità verso gli uomini radunati fuori dall'ufficio.
“Mettevi al riparo!” urla Mark e, gettatosi il fucile su una spalla, si issa agilmente sul tetto della piccola costruzione. I manifestanti fuggono in tutte le direzioni, cercando rifugio nei magazzini adiacenti, e quelli che hanno a disposizione delle armi aprono il fuoco contro il camion. Mentre i colpi tintinnano invano sulle sue fiancate blindate, il mezzo piomba su Fisk e Hughes: l'operaio si lancia di lato cadendo malamente su un cumulo di rottami, il solitario invece riesce ad aggrapparsi alla benna. Facendo leva sulle sue poderose braccia metalliche, Fisk si dondola di lato, si afferra al tettuccio della cabina e sradica con un colpo secco il portellone:
“Accosti per favore!”
Il guidatore, un tizio che esibisce una grossa pancia ed una canottiera verde fluo sotto una vecchia giacca di pelle, si volta a guardarlo a bocca aperta. Neanche gli occhiali da sole riescono a nascondere la fissità del suo sguardo da ubriaco: il camion devia pericolosamente verso sinistra prima che lui riesca ad afferrare il calcio di un fucile ed usarlo per assestare a Fisk una poderosa botta in faccia. È comunque troppo tardi per riprendere il controllo del mezzo prima che urti con il cassone contro uno degli escavatori da demolizione. Nonostante il colpo, il solitario riesce a mantenere la presa sul tettuccio della cabina e si lancia ringhiando all'interno dell'abitacolo.
Dal tetto dell'ufficio Killex cerca di prendere la mira sul guidatore, ma deve ammettere che il rischio di colpire Fisk è troppo grande. Guardandosi intorno con una certa frustrazione nota però quattro uomini – uno di loro è Freede – che sgattaiolano lungo la recinzione sul fondo del centro demolizioni: riesce ad abbatterne due, con due colpi in rapida sequenza dritti alla testa, prima che gli altri si gettino a terra coperti dai rottami.
Vedendosi piombare Fisk addosso, il guidatore sterza ed inchioda schiacciandolo contro il cruscotto: il parabrezza si incrina in una ragnatela di schegge. Sui fianchi del camion, intanto, si sono aperte delle feritoie dalle quali spuntano quattro mitragliette che cominciano a sventagliare in tutte le direzioni. I colpi mancano di precisione ma sono fitti come una grandinata di piombo e costringono gli operai a rimanere nascosti nei magazzini e dietro gli angoli degli edifici. Incastrato tra il cruscotto ed il volante, Fisk dà un poderoso colpo di reni e, ferito e furibondo, afferra l'autista per il collo. Le sue mani penetrano nella carne e nei muscoli dell'uomo contratti dal terrore, spezzandone le vertebre con uno schiocco.
Penny si acquatta contro la parete dell'armeria, ascoltando le esplosioni e le raffiche di arma da fuoco. Dopo qualche minuto di incertezza, dato il sospetto di essere causa del precipitare degli eventi, la ragazza apre con precauzione il portone e si guarda intorno. Nella confusione di urla inframezzate all'acciottolio dei proiettili nessuno sembra fare caso a lei: sguscia fuori dal piccolo edificio e, correndo da un cumulo di rottami all'altro, raggiunge incolume la facciata posteriore dell'ufficio del direttore. Un breve e scomodo tragitto sotterraneo la porta a sbucare dalla botola sul pavimento: seduto alla sua scrivania con il sigaro che gli pende dalle labbra tremanti e le mani che tamburellano sudate sul piano di finto mogano, Mittermaier la guarda con occhi sbarrati. Le pareti di cemento armato non riescono a soffocare il rumore degli scontri e, anche se la stanza è priva di finestre, si sentono chiaramente le raffiche delle mitragliette e le urla straziate dei feriti.
“Che ne è di Freede?” chiede il direttore con voce spaventata
“Ho fatto quello che mi ha chiesto” risponde Penny indignata “Ma adesso lei deve fermarlo! Stanno facendo una carneficina lì fuori, se ne rende conto?”
“M-ma cosa sta dicendo?” balbetta Mittermaier bianco in volto
“Lei è un irresponsabile!” esplode la ragazza schiaffeggiandolo “Non si trattano così i dipendenti!” L'uomo si porta una mano alla guancia: sembra sopraffatto dalla situazione e completamente incapace di reagire
“Non so di cosa lei mi stia incolpando, ma non sono stato io ad organizzare una cosa del genere… Volevo solo mettere a tacere Torsten e la Owens, non certo uccidere tutti i miei operai...”.
martedì 24 aprile 2018
132 - distinguere buoni e cattivi
Mark si volta in direzione della voce: due uomini in tuta da lavoro – di cui uno armato di fucile – vengono verso di lui. Troppo tardi per scappare, inoltre è completamente disarmato. Alza le mani e dice:
“Abbassate quel fucile, per favore. Sono solo un cliente: stavo cercando un cerchione per la mia macchina, ormai sono fuori produzione, e mi hanno detto che lo avrei trovato qui…”
Il solitario dà tranquillamente le spalle agli operai e fruga nel cumulo di rottami metallici scegliendo un grosso cerchio per automobili, piuttosto ammaccato. I due uomini lo guardano perplessi:
“Jack, questo non è uno dei soliti mangia-rottami che si infilano di solito…”
“Ma quale mangia-rottami” si indigna Killex raddrizzandosi con il cerchione in mano “Io sono un collezionista!”
“In ogni caso non dovresti essere qui. Muoviti!!” ordina l'uomo con il fucile. Il solitario si avvia docilmente lungo il sentiero che si snoda tra le cataste di detriti:
“Posso sapere cosa sta succedendo?”
“Quel bastardo di Mittermaier ci deve almeno sei mesi di stipendio” commenta quello che si chiama Jack
“Inaudito! Non avete qualcuno che vi rappresenti?”
“Certo che ce li abbiamo: Torsten e Martha Owens. Tu continua a camminare”.
La guardia si sporge dal camminatoio sopra il cancello ed urla a Fisk, facendo un cenno con il fucile:
“Ehi, tu, piccoletto! Verso l'ingresso!”
Le due lastre di metallo cominciano ad aprirsi sferragliando.
“Mi sa che sta parlando con lei, dottore” ghigna il solitario
“Non ho nessuna intenzione di entrare lì dentro” risponde Rosenbringer “Se riuscirete a stabilire un contatto amichevole con gli operai rivoltosi sarò lieto di trattare con loro qui fuori”
“Lei è proprio un vigliacco” commenta Fisk scuotendo la testa e dirigendosi verso l'interno del centro demolizioni.
“Il fatto che lei identifichi il coraggio con l'inclinazione a partecipare alle sparatorie non mi stupisce, ma come il solito la sua visione della complessa rete delle relazioni umane a…”
Fisk non lo ascolta, e raggiunge il varco presso cui, tra due guardie armate, lo attende un uomo in tenuta da operaio che lo squadra con sospetto:
“Mi hanno detto che cerchi Freede. Chi cazzo sei?”
“Uno che potrebbe darvi una mano, magari liberandovi del galoppino del capo. Qual è il motivo della rivolta?”
“Le nostre richieste sono le solite: essere pagati a fine mese. Questa volta però la faccenda è diventata personale…”.
Penny raggiunge intanto il primo dei due magazzini: un basso e largo edificio di cemento senza finestre. La pesante porta di metallo è chiusa da un chiavistello senza lucchetto e la ragazza scivola all'interno senza fare rumore. L'ambiente è deserto e, nella poca luce che filtra dalla porta socchiusa, si scorgono le sagome dei macchinari silenziosi; negli angoli sono ammassati mucchi di materiali di recupero: pneumatici, parti di motori ed altre componenti meccaniche, evidentemente ancora in buono stato, pronti per essere smistati e rivenduti. Penny si richiude la porta alle spalle e sgattaiola fino al secondo magazzino: questo ha l'intera parete posteriore in vetrocemento su cui si aprono delle finestrelle. Dall'interno provengono brani di una conversazione concitata:
voce femminile: “Che ti salta in testa, Marcus? Non siamo delle bestie!”
voce maschile: “Perdona la franchezza, Martha, ma Marcus ha ragione. Dobbiamo liberarci di Freede, è una minaccia per tutti noi”
voce femminile: “No! Jacob ha detto che oggi non ci saranno morti”
voce maschile: “Ma hai sentito anche tu per cosa era stato pagato quel figlio di puttana!”
voce femminile: “Sì, ho sentito. Facciamo così: una volta che Jacob avrà messo un po’ di sale in quella zucca marcia di Mittermeier, potrai fare le tue recriminazioni. Per il momento, però, nessuno torcerà un capello a quello stronzo. Lasciamolo dove l'abbiamo rinchiuso...”
Penny si allontana silenziosamente dal magazzino e si guarda intorno, cercando il luogo in cui Freede è stato sequestrato. Non ha capito molto di quanto sta succedendo al Cimitero di North Hill, se non che gli operai hanno intenzione di fare le scarpe al loro direttore e che per questo hanno rinchiuso il suo uomo di fiducia. Il suo senso di lealtà alla gerarchia aziendale, però, non le lascia dubbi riguardo il da farsi: individua e raggiunge di soppiatto una piccola costruzione al limitare del lotto – l'unica che non ha ancora esplorato. Le occorrono cinque minuti buoni per forzare il lucchetto che chiude il portone, armeggiando con una forcina per capelli e guardandosi nervosamente intorno ad ogni rumore. L'interno è una semplice stanza dalle pareti di cemento, senza finestre, illuminata da una debole lampadina ad incandescenza che pende dal soffitto. Lungo tutta la parete di fronte corre una rastrelliera con fucili, shotgun ed altre armi oliate e cariche; sulla destra una porticina socchiusa: Penny recupera una pistola e si affaccia in una sorta di ripostiglio. Ci sono delle sedie di metallo cui sono ammanettati quattro tizi imbavagliati: gli uomini la guardano stupiti, lei riconosce Freede e si affretta a sciogliere il fazzoletto che gli copre la bocca:
“Sei Adam Freede?”
“Questo dipende molto da chi sei tu, bellezza” risponde lui con tranquilla insolenza
“Mi manda Mittermaier, ha bisogno di aiuto e dice che tu sai cosa fare. Ma stai attento: i tuoi colleghi, lì fuori, ce l'hanno a morte con te”
Freede ghigna:
“Non ti preoccupare, tesoro. Io e la mia squadra, qui, siamo specialisti nel risolvere problemi…”.
Scortato dai due operai – Jack un paio di passi davanti a lui e l'uomo con il fucile un paio di passi più indietro – Killex continua a camminare tra i cumuli di rottami: dato che reagire contro di loro è troppo pericoloso per il momento, il solitario cerca di conquistarsi la loro simpatia e di raccogliere contemporaneamente qualche informazione.
“Anch'io sarei furibondo se mi dovessero sei mesi di stipendio… Succede sempre così qui? Avete mai pensato di cercare un altro lavoro?”
Jack si volta a guardarlo con un misto di curiosità e diffidenza:
“Perchè, hai qualcosa da propormi, signor corporativo?”
“Magari sì, quali sono le tue qualifiche?”
“Sono un operaio specializzato: addetto alle macchine, spostamento mezzi e cose così”
“Ti intendi di lavori meccanici e saldature?”
“Certo, per chi mi hai preso?”
“Lasciami un contatto allora: la mia società è sempre alla ricerca di buoni meccanici” sorride Killex incoraggiante
“Ti stai davvero lasciando infinocchiare da questo damerino, Jack?” chiede l'uomo con il fucile
“Ehi, io sto solo cercando di darvi una mano!”
“Farai bene a stare al tuo posto, signor colletto bianco. Rischi di infilarti in un gioco troppo pericoloso…”.
Fisk, senza degnare di uno sguardo le due guardie armate ai lati del cancello, squadra l'operaio che gli sbarra l'accesso al centro demolizioni:
“Parliamoci chiaro. Sono qui per affari e non ho tempo da perdere: se mi spiegate qual è il vostro problema sarò lieto di darvi una mano. Io aiuto voi e voi aiutate me, chiaro?”
I tre uomini si scambiano occhiate incerte
“Avanti: cosa ha fatto Mittermaier di così grave questa volta?”
“Ha evitato di pagarci apposta per portarci all'esasperazione. Stufo di aver a che fare con la nostra richiesta di essere pagati, ha assoldato un gruppo di mercenari per eliminare Jacob Torsten e Martha Owens, i nostri rappresentanti sindacali, durante lo sciopero. Sa che senza di loro saremmo persi: sono gli unici, in questo buco, a capirne qualcosa di diritto del lavoro e…”
“E questi mercenari sarebbero al soldo di Freede?”
“Esattamente”
“Ottimo: adesso raggiungo i vostri rappresentanti e poi scambio quattro chiacchiere con Mittermaier. Ah, a proposito: il vostro collega, McWilliams, si è intascato tutto da solo quattromila eurodollari che il mio capo gli ha dato per farci entrare...”.
venerdì 20 aprile 2018
131 - sciopero!
L'ufficio del direttore Mittermaier è arredato con qualche pretesa di eleganza, e così è abbigliato il suo proprietario, un uomo sulla cinquantina con una ispida barba nera tagliata a punta.
“Buongiorno, posso sapere cosa volete? Purtroppo sono molto impegnato ed ho poco tempo da dedicarvi” esordisce l'uomo senza alzare gli occhi da un faldone aperto sulla sua scrivania. Penny lo valuta rapidamente – il vestito pacchiano, un mezzo sigaro in bocca ed un basso cilindro nero calcato in testa – e si fa avanti con un sorriso, tendendo confidenzialmente la mano:
“Buongiorno, intanto”
Mittermaier la guarda – guarda i suoi abiti costosi, il corpo sotto quegli abiti e il suo sorriso seducente - poi si alza e le stringe la mano:
“Buongiorno a voi, accomodatevi, prego” risponde, addolcito dal profumo di Penny “Posso chiedervi chi siete e per chi lavorate?”
Segue un perplesso silenzio: Penny tace ricordando improvvisamente le raccomandazioni di Rosenbringer ed accorgendosi che le ha appena ignorate. Alla prova di fatti, non ha la più pallida idea di come persuadere Mittermaier ad accettare le sue richieste senza giocare un po' con lui. Mark tace guardando stupito il suo capo ed aspettando che parli; il direttore tace in attesa di una risposta.
“Ehm, io sono Mark Killex, e questa è la signorina Clarke” dice infine il solitario “Lavoriamo per una società che si occupa di sicurezza e siamo qui in cerca di informazioni…”
“Questo è un centro demolizioni: non trattiamo dati, e soprattutto dati sensibili” risponde Mittermaier in tono diffidente “Non so cosa stiate cercando, ma non voglio guai con quelli come voi”
“Quelli come noi?”
Il direttore lancia a Killex uno sguardo significativo: c'è tutto il risentimento che gli abitanti dei livelli bassi riservano a chi vive più in alto, e con il sospetto con cui chiunque non faccia parte di una grande società si rivolge ad un corporativo. Accorgendosi che la situazione sta loro sfuggendo di mano, Penny accavalla le gambe, si sporge in avanti tendendo la stoffa sottile della camicetta e cercando con i suoi occhi neri lo sguardo di Mittermaier.
“Perdoni il mio collega se le ha mentito, direttore” dice con voce triste e confidenziale “Noi siamo qui per una faccenda più personale… Vede, in realtà abbiamo avuto un terribile incidente che ci ha fatto perdere la memoria e stiamo cercando di ricostruire le nostre vite”
Segue una piccola pausa drammatica
“Sappiamo di essere stati qui il dieci dicembre scorso, e contavamo di poter accedere alle sue registrazioni di sorveglianza… Siamo in balia del suo buon cuore, naturalmente…”.
Fisk e Rosenbringer aspettano nel parcheggio tra i due cancelli. Il solitario cammina annoiato avanti e indietro fumando nervosamente e imprecando contro la debolezza di segnale che gli rende difficile comunicare con Killex; il dottore intanto rimane tranquillamente seduto nella macchina, leggendo un volume che ha tirato fuori dalla sua borsa. Improvvisamente si sentono dei rumori concitati provenire dall'interno del centro demolizioni: qualcuno arriva correndo e rovesciando in giro rifiuti metallici. Le due guardie armate si sporgono dal camminatoio e poi spariscono velocemente. Sul cancello che dà verso interno, rumorosamente sferragliando, comincia a calare una pesante serranda di ferro blindato. Fisk bussa al finestrino dell'automobile:
“Dottore, ce l'ha un arma?”
“Certo che no!”
“Bene, adesso sì” dice il solitario mettendogli in braccio uno dei fucili di Killex. Rosenbringer guarda l'arma con aria un po' schifata
“Sa come si usa, vero?”
“La caccia virtuale conta?”.
Killex si rilassa sulla poltroncina di similpelle di fronte alla scrivania di Mittermaier e si gode la consueta esibizione delle doti del suo capo: a Penny, abituata a sedurre uomini ben più smaliziati del direttore, è bastato tirare fuori la sua vocetta da bambina in difficoltà e mettere nella giusta luce la scollatura per averlo in pugno. Mittermaier, il volto già arrossato e la voce arrochita dal desiderio, si sporge fino a coprire con la sua larga mano dalle unghie sporche di nicotina il polso della ragazza:
“Non si preoccupi, signorina – posso chiamarla Penny? - farò quello che posso per aiutarla a…” Killex è distratto da un clangore e da alcuni scatti metallici provenienti dall'ingresso dell'edificio: qualche secondo dopo la porta dell'ufficio si apre di colpo ed Annie entra senza annunciarsi dicendo trafelata:
“Signor Mittermaier, gli operai sono di nuovo in agitazione… E questa volta sembra una cosa seria perché…”
Lui si raddrizza sulla sedia sbuffando
“Mi scusi un attimo” dice a Penny, poi si rivolge alla sua segretaria in tono di annoiato fastidio “Vai da loro Annie, senti le richieste di Torsten e poi torna a riferire”
“Può parlare direttamente con loro, signor Mittermaier: sono fermi qui fuori, e molti di loro sono armati. Vogliono la sua testa”
Il direttore diventa bianco in volto, fa cenno ad Annie di uscire e si chiude la porta alle spalle. Digitando rapidamente nell'aria, Killex manda a Fisk un messaggio, mentre Penny guarda incuriosita Mittermaier e chiede:
“Perchè non ci dice cosa sta succedendo? Forse potremmo aiutarla…”
Il direttore la fissa per un attimo, poi il suo sguardo si ferma sul solitario:
“Finchè rimango qui sono al sicuro… Bisogna però che io riesca a mettermi in contatto con Freede, uno dei miei uomini di fiducia: lui sa cosa deve fare”
“Immagino che ci stia proponendo uno scambio di favori” commenta Killex “Va bene: io rintraccio questo Freede e lei ci dà quello che vogliamo. Ha una sua fotografia?”
Mittermaier fruga in un cassetto e porge al solitario l'immagine di un tizio sui trentacinque anni, con folti capelli scuri e un sorriso obliquo. Qualcosa nei suoi occhi beffardi e nella profonda cicatrice che gli attraversa la guancia dà l'impressione che si tratti di un personaggio poco raccomandabile.
“Freede è uno degli addetti ai macchinari di stoccaggio”.
Fisk riceve un nuovo messaggio da Killex e un ghigno divertito gli si allarga sulla faccia barbuta: fissatosi il fucile sulla schiena sale sul tetto dell'automobile – che geme sotto il suo peso – e, saltando, si aggrappa al bordo superiore del camminatoio.
“Ma cosa sta facendo?” lo richiama Rosenbringer sporgendosi dall'abitacolo
“A quanto pare dobbiamo sedare una rivolta” risponde il solitario mentre si issa agilmente sul muro. È quasi riuscito a superare il parapetto quando la canna di un fucile punta rapida alla sua testa:
“Scendi da solo o devo farti saltare il cervello?”
“Scendi da solo o devo farti saltare il cervello?”
“Calma, calma. Io devo entrare: sto cercando Freede”
“Ah! Sei un suo amico?” chiede la guardia togliendo la sicura all'arma
“No, ho un conto in sospeso con lui e pensavo di approfittare della situazione” risponde Fisk impassibile
“Interessante… Va bene, scendi. Mando qualcuno a prendervi”
Fisk si lascia scivolare a terra e, aspettando che il cancello venga aperto, si rivolge a Rosenbringer che è rimasto a guardarlo accanto alla macchina con aria di disapprovazione.
“Beh, dottore, a quanto pare ci sarà del lavoro per lei…”
Mark e Penny si infilano nello stretto condotto che si apre sul pavimento dello studio di Mittermaier e termina davanti ad una portellone inclinato, di quelli che si usano per chiudere i bunker anti-tornado. Sotto la spinta del solitario la lastra si solleva cigolando e i due strisciano fuori guardandosi intorno: si trovano nello spiazzo dietro l'edificio che ospita gli uffici. Sporgendosi oltre l'angolo del muro, Penny si accerta che nessuno stia guardando nella loro direzione poi, correndo da un cumulo di rottami all'altro, si dirige verso il magazzino più vicino: Mark non fa in tempo a finire di richiudere la botola che lei è già lontana. Il solitario deglutisce un'imprecazione diretta alla sventatezza del suo capo e si guarda attorno: non c'è nessuno in vista, ed il rumore dei diversi macchinari del centro demolizioni è completamente cessato. Si sente invece il brusio di numerose voci che parlottano dall'altra parte dell'edificio, ed ogni tanto esplode qualche invettiva all'indirizzo di Mittermaier. Killex scatta in direzione della catasta di detriti più vicina, ma un'esclamazione gli gela il sangue nelle vene:
“Chi va là? Fermo!”
martedì 17 aprile 2018
130 - gita al cimitero di north hill
Le strade del primo livello sono molto affollate: il traffico è un caotico andirivieni di vecchi tir e camion che trasportano materiale dalle discariche ai centri di recupero, o da questi ai mercati e ai poli di spedizione. Nel centro della città sorgono infatti, ai lati delle vie principali, enormi e rumorosi mercati, più o meno legali, che offrono ogni genere di merci di seconda mano. Uomini e donne, oltre a bande di ragazzini, si muovono a frotte tra le bancarelle, attraversano le strade e chiacchierano in capannelli negli angoli, rallentando ulteriormente il traffico. Tutto è immerso in una incredibile confusione di odori e colori, e musiche diverse, e strillare di clacson e imprecazioni: la macchina è costretta ad avanzare lentamente e a scatti, inchiodando in continuazione. Killex mastica bestemmie mentre Fisk, annoiato, accende la radio per cercare una stazione di suo gradimento. Le alternative però sembrano essere ridotte ad un trito pop elettronico, che mescola slang e suoni latini, o ad un rap facile e discorde.
“Spegni subito questa merda, Fisk!”
Muovendosi verso la periferia, dove sorgono i grandi centri di riciclo, la folla diminuisce e la circolazione diventa più scorrevole; seguendo le indicazioni stradali fornite da Dur, i quattro svoltano finalmente in una strada sterrata fiancheggiata da cumuli di detriti di metallo e cemento saldati insieme: la strada termina davanti ad un largo cancello di ferro rinforzato, alto almeno tre metri, che si apre lungo un muro di cemento. Ai due lati del cancello ci sono delle guardiole deserte, ma, quando la macchina si ferma, un paio di teste si sporgono da un camminatoio in cima al muro. Qualche secondo dopo, da una porticina accanto al cancello, esce un uomo piccolo e tozzo che indossa una tuta da lavoro ed esibisce folti baffi rossicci: l'uomo bussa al finestrino dal lato passeggero e dice a Fisk:
“Il Centro Demolizioni Snyder è chiuso al pubblico”
Il solitario gli allunga venti eurodollari, ma lui se li mette in tasca e ripete:
“Non accettiamo visitatori, mi dispiace”
Irritato, Fisk sporge il braccio dal finestrino, afferrando l'uomo per il bavero, mentre Killex sospira e fruga nel portaoggetti per recuperare il distintivo da poliziotto che ha usato nell'assalto contro i Ghost Thirteen sulla highway e mai restituito.
“Perdoni il mio collega, signor…?”
“McWilliams. E comunque quel distintivo è falso: la OCP non viene mai da queste parti. Adesso dica al suo amico di lasciarmi andare prima che le nostre guardie gli facciano saltare la testa”
Fisk lascia la presa con aria imbronciata, poi si volta verso il sedile posteriore a guardare Penny che non ha ancora detto una parola. McWilliams intanto si sistema il collo della tuta e si gira per andarsene dicendo:
“Levatevi dai piedi. Qui lavoriamo e non abbiamo tempo da perdere”
“Aspetti, non la disturberemo troppo a lungo” lo ferma Penny, scendendo dalla macchina ed andandogli incontro con un sorriso “Quanto costa, diciamo, un'ora del suo tempo?”
L'uomo si ferma, considera per un attimo la ragazza, e ghigna:
"Duemila eurodollari, per lei”
Penny non si scompone:
“Le offro il doppio”
Killex alza gli occhi con espressione sconfortata, mentre Rosenbringer scuote la testa e segna qualcosa sul suo taccuino.
“Quattromila eurodollari per quel pezzente?” esplode Fisk “Miss Penny, lo guardi! Non pagherei cinquanta sacchi per il suo culo neanche se fosse l'ultimo disponibile… Probabilmente a rivendere i suoi organi non ci ricaveremmo una bottiglia di birra… Quattromila eurodollari quando bastava dargli un paio di ceffoni e…”
Lei lo ignora, e consegna a McWilliams una mazzetta di banconote da cento:
“Il resto quando avrò le informazioni che ci servono. Adesso vuole farci entrare, per favore?”
Dopo il primo cancello, oltre un piazzale lungo una ventina di metri con tracciati dei segni bianchi, ce n'è un secondo. Killex parcheggia l'auto accanto all'unica altra automobile nel parcheggio, una mercedes corazzata relativamente nuova ma coperta di polvere e fango.
“Io e i miei colleghi” sta spiegando intanto Penny a McWilliams “Siamo stati qui nel dicembre scorso per alcuni affari, ed avremmo bisogno delle registrazioni delle telecamere di sicurezza relative a quella giornata…”
“Per questo genere di cose dovrete parlare con il direttore, il signor Mittermaier” risponde l'uomo, accompagnandola verso il secondo cancello “Ah, nel Centro non sono ammesse armi. Dica ai suoi amici di lasciarle in macchina”. I due solitari eseguono l'ordine con riluttanza, mentre il dottore scende agilmente dall'automobile nel suo impeccabile completo spinato misto cachemire.
“Credo che l'aspetterò qui, miss Penny” dice alla ragazza “E il signor Fisk mi farà compagnia. Sarà un'ottima occasione per lei di mettere a frutto il lavoro che abbiamo fatto in questo periodo. Ricordi cosa le ho insegnato riguardo il trattare affari senza usare il suo corpo come merce di scambio...”
“Credo che l'aspetterò qui, miss Penny” dice alla ragazza “E il signor Fisk mi farà compagnia. Sarà un'ottima occasione per lei di mettere a frutto il lavoro che abbiamo fatto in questo periodo. Ricordi cosa le ho insegnato riguardo il trattare affari senza usare il suo corpo come merce di scambio...”
“Vediamo almeno di rimanere in conference call” sussurra Mark al suo collega, che annuisce digitando nell'aria: la connessione però è debole e disturbata a causa della grande quantità di metalli presenti nell'area.
“Io e il dottore allora aspettiamo qui” risponde Fisk “State attenti: questo posto non mi piace per nulla”.
Dopo essere stati esaminati con un body scanner, Killex e Penny oltrepassano la seconda cinta muraria e vengono ammessi nel cortile interno del Cimitero di North Hill: un enorme lotto rettangolare, disseminato di cumuli di rottami metallici. Una trentina di operai, vestiti con tute blu e pesanti scarponi antinfortunistici, sono al lavoro su presse idrauliche, muletti e piccole gru; il rumore delle lamiere pressate, spostate e rovesciate riempie l'ambiente, rendendo difficile qualsiasi tipo di conversazione. Sul fondo del terreno cintato si vedono degli edifici in cemento armato bassi e larghi – forse magazzini – ed una piccola palazzina. Tra gli sguardi, curiosi o forse velatamente ostili, degli altri operai, McWilliams guida i due visitatori tra le cataste di detriti fino alla costruzione che ospita gli uffici.
Una porta blindata si apre direttamente su uno stanzone rozzamente imbiancato ed occupato da tre vecchie scrivanie. Tutta la parete di destra è coperta da traballanti scaffalature metalliche stracariche di raccoglitori, mentre sul lato sinistro ci sono una porta chiusa ed una macchinetta per il caffè. Delle tre scrivanie, due, sui lati, sono occupate da delle ragazze intente a parlare al telefono e controllare dati sui monitor; una terza, al centro, è ingombra di faldoni, buste e cartelline di plasticarta di tutti i colori. C'è anche un telefono che sta squillando, ma la donna seduta dietro il tavolo ingombro di documenti non risponde: è intenta a discutere animatamente con due tizi in piedi davanti a lei. Sono questi evidentemente operai: due omoni incazzati e stanchi, con le tute da lavoro spiegazzate e sudate.
“Annie, lo so che non è colpa tua, ma la nostra pazienza è esaurita da un bel pezzo” sta dicendo a denti stretti uno di loro, mentre l'altro annuisce vigorosamente, i tendini del collo tesi dalla collera. “Lo sai che non posso farci niente, Martin” ripete lei.
L'uomo chiamato Martin fa un visibile sforzo per controllarsi, poi si volta sui tacchi ed esce a grandi passi dall'ufficio seguito dal suo collega, che si sbatte la porta alle spalle. La segretaria Annie si rilassa sulla sedia, portandosi una mano alla fronte e chiudendo gli occhi. Il telefono sulla sua scrivania riprende a squillare, ma lei lo rovescia a terra con un gesto irritato. Dopo qualche istante riprende il controllo di sé: apre gli occhi, si tira fin sui polsi le maniche del maglioncino azzurro e si rivolge a McWilliams:
“Cosa posso fare per te, Eugene?” chiede, guardando Killex e Penny che sono entrati con lui.
“I signori devono discutere con il capo di affari”.
venerdì 13 aprile 2018
129 - medrossiprogesterone acetato ed eccipienti
Dopo aver riconsegnato la radice di coffea al reparto Ricerca e Sviluppo, i due solitari salgono al settimo piano: nella sala riunioni c'è solo Dur, chino su un tablet.
“Come va qui?” chiede Fisk poggiando sul tavolo il faldone prelevato nell'appartamento di Ragnarsson ed una confezione di bottiglie ancora fredde ed imperlate di condensa “Ti va va una birra? È davvero buona”
“Grazie” risponde il tecnico prendendo una bottiglia “Ho trovato due cimici: una qui, sotto il tavolo, e una nello studio di Penny. Adesso sto cercando informazioni sul Cimitero di North Hill dato che, immagino, vorrete andare a darci un'occhiata”
“Più facile cominciare da lì che suonare il campanello di Emma Kincaid e dirle: signora, un informatore che non ci ha dato prove sostiene che lei sia un'assassina. Vorrebbe essere così gentile da consegnarsi alla polizia?” ghigna Killex, poi tornando serio “Dov'è Penny?”
Dur accenna all'ufficio in fondo al corridoio ed il solitario raccoglie il faldone e va a bussare alla porta:
“Ciao capo”
Lei distoglie lentamente lo sguardo dalla finestra ed accenna ad un sorriso, un semplice stiramento delle labbra che lascia immobili gli occhi. Mark siede di fronte alla scrivania, apre la spessa cartella e ne sfoglia il contenuto fino a trovare un appunto dattiloscritto.
“Abbiamo trovato del materiale interessante a casa di Ragnarsson, dovresti darci un'occhiata e poi parlarne con Andrea. Il tuo amichetto è stato molto furbo, stava cercando di fottere noi e la E.G.O. Inc in un sacco di modi diversi e bisogna che ci assicuriamo di averlo reso completamente inoffensivo… Guarda qui: si era procurato un software per craccare il computer di Andrea… Penny, mi stai ascoltando?”
“Ti dispiacerebbe andare a fare rapporto al posto mio?”
Lui la guarda, improvvisamente preoccupato
“Tesoro, stai bene?” chiede sporgendosi attraverso la scrivania per sfiorarle la guancia. Penny si tira indietro, scansando la carezza:
“Sto bene, ho solo un po' di mal di testa… Adesso vai di sopra a parlare con Andrea, per favore”.
Quando l'ascensore si apre sull'anticamera del nono piano, Killex vede Judith, seduta alla sua scrivania sulla sedia a rotelle, intenta a parlare fitto fitto con Andrea che, in piedi accanto a lei, annuisce sorridendo: per un attimo, il solitario è colpito dall'espressione di affettuosa tenerezza con cui l'amministratore delegato della E.G.O. Inc guarda la sua segretaria. Non ha mai visto Andrea guardare qualcuno con tenerezza, e nemmeno con simpatia, ad essere onesti. È un attimo soltanto: quando le due donne si accorgono del suo arrivo si voltano verso di lui, ed il viso di Andrea è già irrigidito dalla consueta severità.
“Buonasera capo. Judith, come sta?”
“Oh, molto meglio, grazie. I nanobot hanno ricostruito già l'ottanta per cento dei danni al midollo, e presto potrò camminare di nuovo…”
Andrea intanto si è diretta verso il suo ufficio, e fa cenno a Killex di seguirla.
“Sono contento, allora. I miei auguri, Judith! Con permesso…”
La porta blindata si chiude automaticamente alle spalle del solitario che attraversa la stanza e rimane educatamente in piedi davanti al grande tavolo bianco, aspettando che Andrea parli per prima.
“Dunque?”
“Abbiamo concluso il sopralluogo nell'appartamento di Ragnarsson, e trovato del materiale interessante che visioneremo al più presto. Credo sia comunque il caso di alzare il livello della sorveglianza informatica perché…”
Lei fa un cenno che significa “a questo penserò io” poi sospira:
“Quel piccolo bastardo sapeva fare il suo lavoro, e adesso devo rimpiazzarlo il più in fretta possibile. Hai qualche suggerimento?”
“Nossignora, almeno non così su due piedi”
Andrea alza un sopracciglio
“E cosa avete intenzione di fare ora?”
“C'è una pista da seguire per arrivare all'assassino del Maastricht Complex. Si tratterebbe di una persona piuttosto in vista ed incastrarla significa scagionare completamente noi e la ditta prima che la OCP torni alla carica; inoltre – se l'arresto fosse condotto dal capitano Rowling – questo farebbe un'ottima pubblicità al candidato sindaco che noi appoggiamo…”
“Bene” lo interrompe lei, tirando fuori un tablet da una elegante borsa di pelle e cominciando a digitare sullo schermo “Dato che è venerdì sera, potete prendervi il fine settimana libero”
“Grazie capo”
Ritenendosi congedato, Mark si avvia verso la porta: le ante si sono già aperte quando la voce di Andrea lo ferma:
“Come sta miss Clarke?” chiede in tono distratto, senza alzare gli occhi dallo schermo
“Bene… Cioè, la spalla è guarita, ma, quanto al resto, credo che l'abbia presa piuttosto male”
“Conto su di te per, come si dice, tenerla in bolla. D'accordo?”.
Lunedì mattina, di buon'ora, Killex entra in cucina, accende la macchinetta del caffè e mette a scaldare nel tostapane dei pancake precotti. Fisk ha passato il week end con Dana, Dur è rimasto quasi tutto il tempo in ufficio a lavorare all'hardware di Sagara e Penny non è praticamente uscita dalla sua stanza. Il fine settimana, insomma, gli è sembrato così desolatamente deprimente che la prospettiva di ricominciare a lavorare lo solleva. Aspettando che il caffè sia pronto, accende il proiettore per dare un'occhiata alle notizie di cronaca cittadina: disordini nello sprawl / deragliamento sulla linea ferroviaria sotterranea che collega Nuova New York a Seattle: 36 morti / esplosione in una fabbrica al quarto livello / la campagna elettorale del nuovo candidato sindaco per il partito Repubblicano, Samantha Rowling, ha grande successo / cena di gala pro infanzia abbandonata all'ottavo livello.
Un'icona in alto a destra del suo campo visivo segnala che ha ricevuto un messaggio dall'ufficio Ricerca e Sviluppo: “Scusandomi per il ritardo con cui le rispondo, le comunico che dalle analisi sono risultati medrossiprogesterone acetato ed eccipienti” segue la firma elettronica del dottor T. Edwards, responsabile del laboratorio analisi biochimiche. Killex rilegge il messaggio, chiedendosi cosa significhi, poi ricorda di aver consegnato all'ufficio Ricerca e Sviluppo una delle pastiglie che Rosenbringer da qualche tempo insiste a fargli assumere due volte al giorno. Il profumo dei pancake si diffonde intorno e lui si affretta ad impilarli su un piatto e ricoprirli di sciroppo d'acero: non ha idea di cosa sia il medrossiprogesterone, ma sicuramente il dottore, sostenendo si trattasse di aminoacidi necessari al mantenimento della sua massa muscolare, ha mentito. Mentre rimugina e mastica sente aprirsi la porta d'ingresso: pochi secondi dopo Fisk entra in cucina, gli fa un cenno di saluto e si versa una tazza di caffè.
“Sono passato per prendere un completo da ufficio… Quali sono i programmi per oggi?”
“Andiamo al Cimitero di North Hill, credo. Ah, Fisk, sai cos'è il medrossiprogesterone?”
“Non ne ho idea, perché?”
“Sono le pastiglie che tenta di rifilarmi Rosenbringer”
“Beh, controlliamo…” Fisk digita nell'aria, poi comincia a leggere “Dunque: è un progestinico, utilizzato in passato come contraccettivo orale… nella cura di alcuni tumori e…” Il solitario scoppia a ridere così forte che il caffè trabocca dalla tazza, macchiandogli i pantaloni:
“Nei maschi, in alcuni paesi, è utilizzato per effettuare la castrazione chimica…”
“Quel bastardo figlio di puttana!”.
Killex, Fisk, Penny e Rosenbringer sono diretti in macchina al Cimitero di North Hill – il cui nome ufficiale è “Demolizioni Snyder”, alla periferia nord ovest del primo livello. Si tratta di un vecchio centro di smistamento rifiuti metallici in cui – stando a non confermate voci di corridoio – gli assassini possono liberarsi dei cadaveri delle loro vittime per pochi spiccioli. Tutto il primo livello è, in realtà, una sorta di immensa discarica in cui vengono raccolti i riciclati gli scarti dei livelli superiori. I quartieri residenziali sono teoricamente assenti, ma, avendo i contatti giusti, è possibile comprare e vendere qualsiasi merce, organi umani compresi. Sul sedile del passeggero, Fisk si gusta in silenzio il suo sigaro sbuffando nuvolette di fumo fuori dal finestrino. Penny intanto, le pupille ridotte a due punte di spillo dalla morfina, sta raccontando al dottore, con voce strascicata, le rivelazioni di Andrew Malone riguardo all'assassino del Maastricht Complex.
“Lei capisce che andare al Cimitero di North Hill è il modo più facile per ottenere delle prove che incastrino Emma Kincaid. Contiamo di farci consegnare le registrazioni delle telecamere di sicurezza, e magari lavorarci un po' il personale…”.
martedì 10 aprile 2018
128 - bottino di guerra
La casa di Kristjan Ragnarsson è un luminoso appartamento in un condominio rivestito di ardesia, al sesto livello. Killex e Fisk raggiungono l'undicesimo piano borbottando maledizioni ad Andrea che paga loro stipendi evidentemente molto più miseri di quelli che concede ai suoi corporativi. La porta d'ingresso blindata si apre docilmente - grazie alla tessera magnetica che l'ufficio Personale ha fornito ai due solitari – su un grande salotto perfettamente pulito ed ordinato. L'arredamento è decisamente minimalista, ed altrettanto costoso: un enorme divano di pelle bianca, un tappeto di seta indiana, una libreria ad ante sulla parete destra. Al passaggio dei due solitari compare uno schermo interattivo traslucido su cui baluginano le ultime notizie politiche e finanziarie, le previsioni meteo, icone di collegamento ad un'agenda lavorativa, ad alcune piattaforme web, ad un servizio che fornisce contenuti in streaming ed altro. Killex prova a tappettare sullo schermo, ma questo tremola ed annuncia: “impronta digitale non riconosciuta”. Fisk intanto passa nel piccolo studio ricavato in un'alcova sul fondo del soggiorno, si guarda attentamente intorno e conclude che qualcuno è entrato a ripulire l'appartamento prima di loro: uno dei cassetti della scrivania è socchiuso e, tra due fotografie appese al muro, c'è l'ombra vuota di una terza cornice.
“Mi sa che i Ghost Thirteen ci hanno preceduto”
“Dovevamo aspettarcelo” risponde Mark, raggiungendolo ed aprendo a caso un grosso faldone posato sulla scrivania: dentro ci sono delle cartelline classificate in ordine alfabetico.
“Andrea Shou” legge il solitario sfogliando le pagine stampate che hanno a margine fitti appunti a penna “Ehi, qui c'è anche il suo curriculum… Pensa: ha quarantadue anni, e io non gliene davo più di trenta… Ragnarsson stava cercando del materiale compromettente su di lei, per rovinarla…”
“E pensare che bastava chiedesse a noi” ghigna Fisk
“C'è anche molto materiale sulla Symanski… e su Penny” Killex sfila un foglio e legge “Allo stato attuale risulta improbabile riuscire a rovinare la coesione del personale dell'Internal Audit. Praticamente impossibile mettere Killek contro di LEI. Molto più facile compromettere LEI. È solo una stupida puttana”. Killex si irrigidisce per un attimo, poi strappa il foglio e ne nasconde i resti in tasca. Continuando a sfogliare il faldone trova anche, ordinate per data, le trascrizioni di alcune conversazioni tenute dalla squadra alpha nella sala riunioni del settimo piano.
“Quel bastardo!” ringhia “Ha anche messo delle cimici nel nostro ufficio… Stava cercando di collegarci in qualche modo alla InfoCorp, ma a quanto pare non ha scoperto abbastanza”
“Vabbè” taglia corto Fisk frugando nei cassetti della scrivania, in cui trova solo una pen drive “Questa roba viene via con noi. Controlliamo il resto della casa”
“Ok” risponde Killex chinandosi a dare un'occhiata al cestino. Ne tira fuori un foglio con delle pieghe su cui una mano dalla grafia incerta ha scritto: “Spero che questo vada bene. È praticamente irrintracciabile. Facciamo ottocento e non ti devo altri favori”. Il pezzo di carta è deformato come se fosse stato arrotolato intorno a qualcosa, qualcosa di simile ad una scatoletta, di circa quindici centimetri per venti. Digitando in fretta nell'aria, Mark telefona a Penny:
“Sì?” risponde lei con la sua nuova voce indifferente e spenta
“Hai ancora i gioielli che ti ha regalato Ragnarsson?”
“No”
“E dove sono?”
“Li ho buttati via”.
Penny siede alla sua scrivania, il mento appoggiato tra le palme delle mani, e fissa con occhi vacui la pioggia che scroscia impassibile dietro i vetri. La morfina ed il caffè, di cui ha abusato nelle ultime ore, fanno sentire prepotentemente i loro effetti combinati: il risultato è una nausea profonda, mescolata ad una feroce emicrania. Sospirando, si sforza di concentrarsi sul contenuto del tablet che le ha consegnato Dur. Dentro ci sono due cartelle di file: nella prima decine e decine di articoli presi sia da quotidiani d'attualità che da riviste di spettacolo. Emma Kincaid è sicuramente una personalità molto in vista a Nuova New York, attiva nei circoli culturali più prestigiosi, nella beneficenza, negli ambienti finanziari. Ricorda di averla incontrata una volta - sono forse passati dieci anni - ad un lussuosissimo ricevimento a cui suo padre era stato invitato e non aveva intenzione di partecipare. L'immagine che Penny conserva nel suo ricordo di ragazzina corrisponde perfettamente alle fotografie patinate nei giornali: Emma Kincaid non è invecchiata di un giorno, naturalmente. Una donna alta, dalla carnagione pallida e la figura elegantemente androgina. Veste quasi esclusivamente di bianco, e sembra non sorridere mai, nemmeno nelle fotografie concordate con la stampa: guarda l'obiettivo con le labbra sottili serrate ed un lampo beffardo negli occhi viola.
Nella seconda cartella sono contenute le scarse notizie sulla sua vita personale. Ha studiato in Europa ed ha fatto una rapida e brillante carriera come dirigente nel TraumaTeam, prima a Seattle e poi a Nuova New York. Non ha figli, e nessuno dei pettegolezzi riguardo la sua vita sentimentale sembra avere fondamento. Vive al nono livello, in una delle costruzioni che le agenzie definiscono “villattici”: ultimi piani che ospitano edifici di nuova concezione, immersi grandi giardini privati, raggiungibili solo per via aerea. La mente di Penny ricomincia a vagare, vagliando oziosamente le possibilità di un incontro apparentemente casuale con Emma Kincaid, ma viene interrotta da un discreto bussare alla porta. Dur si affaccia e le porge una busta di carta:
“Hanno consegnato questo per te in portineria. A proposito: non ti dispiace se do un'occhiata in giro, vero? Killex mi ha chiamato, dice che ci sono delle cimici nell'ufficio…”
“Fa' pure” risponde Penny, apatica, prendendo la busta su cui qualcuno ha scarabocchiato “10/12/2041. A.M.”; dentro ci sono quattro fotografie riprese attraverso il mirino di un fucile di precisione: nella prima, con sullo sfondo una distesa di carcasse di automobili sfasciate e detriti di vario genere, si vedono Killex e Dur intenti a scambiare una valigetta con due uomini in tenuta da combattimento. Nella seconda fotografia, leggermente sfocata, Mark spara ad un tizio che fugge tra i rifiuti; nella terza Fisk ne scarica il cadavere in una pressa idraulica. Nell'ultima immagine è inquadrato un camion rosso con rimorchio, senza loghi. La chiusura posteriore è quella di un trasporto refrigerato, mentre Dur, Killex e Fisk siedono in cabina.
Fisk entra nella cucina dell'appartamento: anche questa non ha per nulla l'aspetto della stanza di uno scapolo, ma è arredata costosamente e meticolosamente pulita. Il solitario apre il frigorifero che contiene, oltre a della frutta fresca – frutta! - una confezione di birre su cui è scritto “STEADY” in lettere dorate. Soddisfatto, afferra una bottiglietta, ne fa saltare il tappo con il pollice e beve un sorso, mentre con l'altra mano apre il freezer: la birra gli va di traverso, facendolo tossire. Sul secondo ripiano del congelatore, tra tranci di salmone e grosse bistecche, imbustata in una confezione protettiva con stampigliato il logo della E.G.O. Inc, c'è una radice di coffea.
“Killex, guarda cosa ho trovato!” esclama raggiungendo la camera da letto e sventolando la busta “Probabilmente quello stronzo aveva un piano alternativo per far fallire la ditta… o per incastrarci!”
Mark, in piedi davanti all'armadio aperto, si volta a guardarlo con aria vagamente colpevole: sul letto sono state buttate alla rinfusa tre o quattro giacche ed altrettante camicie, e lui regge una sacca da palestra da cui spuntano lembi variopinti di stoffa.
Mark, in piedi davanti all'armadio aperto, si volta a guardarlo con aria vagamente colpevole: sul letto sono state buttate alla rinfusa tre o quattro giacche ed altrettante camicie, e lui regge una sacca da palestra da cui spuntano lembi variopinti di stoffa.
“Ma cosa stai facendo?” chiede Fisk, perplesso
“Bottino di guerra. I completi di sartoria di Ragnarsson sono troppo piccoli per me, ma le sue cravatte mi spettano di diritto. Vaffanculo, ognuna di queste cravatte vale più del mio intero guardaroba…”.
venerdì 6 aprile 2018
127 - rimettersi al lavoro
Mentre i suoi colleghi dormono, Mark languisce insonne sul divano, nonostante la bottiglia di gin che, ormai vuota, sembra guardarlo in modo accusatorio dal tavolino. Pensa confusamente al pericolo scampato, alle rivelazioni di Andrew Malone, a Penny che forse piange sola nel suo letto. Quando Malone ha chiuso la telefonata i loro impianti per l'hyperreality sono improvvisamente tornati on line e, dalla vetrata del salotto, si sono visti, per un attimo, tre uomini in tuta alare planare giù dal tetto del condominio. C'è stato anche un certo movimento nel palazzo di fronte ed un furgone è partito sgommando nel silenzio della notte. Cecchini, probabilmente. Mark rotola giù dal divano, ed attraversa il corridoio a passi incerti: si infilerà nel letto tiepido di Penny, si stringerà addosso a lei e potrà addormentarsi cullato dal suo profumo. La ascolterà respirare nel buio, magari la ascolterà piangere, ma saranno insieme. E tutto il resto smetterà di avere importanza. Spinge la porta della camera di Penny e si accorge con sgomento che è chiusa a chiave: in quattro anni, questa è la prima volta. Sconfortato, per un attimo pensa di prendere a calci la serratura, poi si trascina di nuovo sul divano. Si sente immensamente solo. È immensamente solo: un assassino ubriaco di mezza età, senza una famiglia, con troppi pochi soldi per pensare di cambiare vita, senza una donna che lo ami. Il telefono nella sua testa si mette a squillare: sono da poco passate le quattro ed il numero è quello del capitano Rowling.
“Ciao Samantha” farfuglia sorridendo “Cosa posso fare per te?”
“Ho ricevuto il messaggio in cui mi ha detto di chiamarla, e la sto chiamando”
“Quale messaggio?”
“Quello che è arrivato cinque minuti fa. Diceva qualcosa riguardo al killer del Maastricht Complex ed al fatto che «potrò metterci finalmente sopra le mie graziose mani assassine». Cito testualmente” il tono sprezzante del capitano non nasconde una certa impazienza.
“Ah, probabilmente me ne ero già dimenticato… Ti confiderò una cosa: sono un po' sbronzo…”
“Non me ne ero accorta” replica lei sarcastica “Vuole dirmi chi sarebbe questo assassino di cui parla? Sempre che il messaggio non fosse uno scherzo da ubriaco…”
“Sul mio onore no” biascica Mark in tono solenne “Ma rimarrai piuttosto sorpresa: l'uomo che stiamo cercando è una donna, e quella donna è Emma Kincaid”
“L'amministratrice delegata del TraumaTeam? Lei in persona? Avete le prove?”
“Le avremo presto, ma volevo che tu avessi la notizia in anteprima. Sono un uomo di parola e quando te ne accorgerai forse smetterai di trattarmi male, così…”
“Adesso è meglio che lei si faccia una bella dormita, Killex: ne ha veramente bisogno” lo interrompe Samantha Rowling in tono secco, accorgendosi che il discorso sta diventando vagamente recriminatorio e sentimentale.
“E, dalla tua animosità, direi che tu hai veramente bisogno di una scopata” Mark non fa a tempo ad accorgersi di quello che ha detto – vorrebbe scusarsi – ma lei ha già riattaccato.
Intorno alle due Fisk entra ciabattando e stiracchiandosi in cucina: Dur siede già al bancone, bevendo caffè e digitando qualcosa nell'aria.
“Buongiorno… Ehi, ma tu non dovevi partire?”
“Ho rimandato alla settimana prossima. C'è un sacco di lavoro da fare, ed ho promesso di occuparmi dell'hardware su cui è installato Sagara”. Il solitario annuisce, poi apre il frigorifero e si serve di uova e pancetta:
“Cucino qualcosa anche per te?” chiede, mettendo una padella sul fornello ad induzione
“No, grazie, ma ci sono delle brioche per voi” risponde il tecnico indicando un sacchetto di carta posato accanto alla macchinetta per il caffè “A proposito: ho trovato una chiamata persa sul cellulare che ci ha fatto consegnare Malone. Credo che dovremmo svegliare Killex e poi telefonargli”. Fisk rivolta le fette di pancetta, mette del pane a tostare poi, aspettando che sia pronto, addenta una brioche:
“Dovremmo svegliare anche miss Penny. Dovrà fare rapporto al capo…”
“Meglio lasciarla dormire” dice Killex entrando in cucina e versandosi una tazza di caffè “Fisk, per favore, metti su due uova anche per me. Mi sento come se mi fosse morto un topo in bocca…”
“Sarà meglio che tu ti riprende in fretta. Abbiamo un sacco di lavoro da fare, oggi” borbotta il solitario, prendendo un'altra padella “Per prima cosa dobbiamo chiamare Andrew Malone”
“Chiamiamolo allora, ho ancora un paio di domande da fargli”
“Chiamiamolo allora, ho ancora un paio di domande da fargli”
Dopo una quarantina di secondi di silenzio, la chiamata viene inoltrata: Malone risponde al secondo squillo.
“Dormito bene?” chiede, gioviale
“No” risponde Killex piccato “Ma c'è comunque qualcos'altro che vogliamo chiederti: quanto fresche sono le tue conoscenze sulla InfoCorp?”
“Dipende. Le mie notizie di prima mano sono vecchie di quasi vent'anni, ma ho qualche informazione che mi è stata riportata”
“Sai qualcosa riguardo ad un recente, diciamo così, “licenziamento” delle squadre operative di Andrea Shou? A quanto pare l'ordine è partito dall'alto, e senza giustificazione” si intromette Dur
“No. Kristjan – che ha fatto ricerche per conto suo – mi aveva informato dell'improvvisa sparizione di Andrea dalla InfoCorp, e del suo successivo ritorno in scena come amministratore delegato della E.G.O. Inc. È stato allora che ha deciso di farsi assumere… Il resto della storia dovrebbe esservi chiaro”
“Niente altro?”
“Fatemi pensare… Ecco: mi è giunta voce che negli ultimi due mesi sono stati prosciugati e chiusi numerosi conti correnti intestati alla InfoCorp. Sono apparentemente usciti dal mercato capitali veramente ingenti. I casi sono due: stanno preparando qualcosa di grosso o stanno per fallire” Malone ridacchia “Se dovessero fallire almeno Kristjan sarà contento… A proposito: vi interesserà sapere che sta bene, anche se ha un aspetto piuttosto buffo senza denti, ed ha avuto bisogno di essere ricucito. Il dottore era piuttosto perplesso. Ha detto che sembra che qualcuno lo abbia sodomizzato con una spranga. Il vostro amministratore delegato ha degli scagnozzi davvero sadici”
I tre uomini si guardano, vagamente imbarazzati:
“Veramente quella sadica è lei” risponde Fisk dopo un po' “E non ha bisogno di spranghe per sodomizzare la gente”
“Andrea Shou? La conoscevo, ed ero sicuro fosse una donna…”
“Lo è: infatti è umorale e pretenziosa come tutte le donne. Solo che qualche anno fa si è fatta impiantare un pene biomeccanico ultimo modello, misura extralarge”.
Quando il caffè è finito da un pezzo, e sono finite anche le uova e tutte le brioche, Penny entra in cucina: indossa uno dei suoi eleganti completi da ufficio, e si è truccata con cura.
“Buongiorno a tutti” dice con un sorriso, ma evitando di guardare i suoi colleghi in faccia “Scusate se ho fatto tardi. Adesso è meglio se andiamo in ufficio: Dur, voglio tutte le informazioni disponibili riguardo Emma Kincaid sulla mia scrivania entro le quattro. Quanto a voi, ragazzi, ho ricevuto un messaggio di Andrea: dovete andare a perquisire l'appartamento di Ragnarsson e poi fare rapporto”.
martedì 3 aprile 2018
126 - un buon compromesso
Schiacciato contro la parete del soggiorno, Mark fa cenno a Penny di mettersi al riparo, ma lei non se ne accorge neanche. Resa apatica dal dolore e stordita dalla morfina, rimane accoccolata sul divano, a testa bassa: sente una strana impressione d'irrealtà ed è estremamente calma, come se guardasse la situazione in cui si trova da una grande distanza:
“Va bene signor Malone, trattiamo: cosa pensava di offrirmi?”
“Quello che vuole. Cercherò di accontentare le sue richieste”
“Potresti cominciare dicendoci che cosa ci fanno le impronte di Dur sulla cassa che abbiamo trovato a casa tua” interviene bruscamente Fisk. Non è abituato alla parte della preda in trappola, non è abituato a trattare con i suoi nemici e l'impotenza in cui si trova lo rende furioso.
“Non te lo ricordi?” la voce nel telefono suona sorpresa “Cinque mesi fa, sulle Highway. Per noi è stato un furto andato male, voi ve ne siete andati con il furgone e con quello che credevo fosse un cadavere. Invece in qualche modo te la sei cavata, Fisk”
“E cosa contengono le fiale?”
Killex nel frattempo ha attraversato la stanza con tutta la rapidità che la sbornia gli concede, ha sollevato Penny dal divano prendendola per il braccio e l'ha trascinata al riparo. La stringe tra il suo corpo e la parete, attento a non schiacciarle la spalla ferita; lei sembra avere qualche difficoltà a stare in piedi, e gli appoggia la testa sul petto, chiudendo gli occhi.
“Non ne ho idea. Siamo stati pagati per una commissione, e io non sono il tipo da fare domande superflue. Comunque vi dirò tutto quello che so, se mi restituirete Kristjan” risponde Malone, poi sospira “Si è comportato come un idiota, nonostante io abbia tentato di dissuaderlo almeno un milione di volte. Del resto quel ragazzo ha un po' di casino in testa, da quando sono morti Amber e suo cugino Jason”
“Noi non c'entriamo nulla con quella storia” mormora Penny quasi a se stessa, ma la voce nel telefono replica:
“Probabilmente no, miss Clarke, ma lei è indirettamente responsabile della rovina finanziaria della sua famiglia. Semplice acquisizione e smembramento di un'azienda per Simon Clarke, catastrofe economica per un centinaio di famiglie della middle class. Il padre di Kristjan si è suicidato subito, sua madre lo ha imitato sei mesi dopo. Lui aveva quindici anni”
“Certo che tuo padre ne ha lasciati di orfani in giro” ghigna Mark, reso inconsapevolmente cinico dall'alcool; Penny non dice nulla, ma si irrigidisce e trema “Va bene Malone. Se ti restituiamo quel coglione del tuo amico, farai in modo di tenercelo lontano?”
“Assolutamente. Sono stanco di riparare ai suoi casini”
“E ci darai le informazioni che vogliamo?” insiste il solitario
“È la parola di un ex agente InfoCorp ad un altro, Killex, se il nome Mathias Vogel ti dice qualcosa…” Dur, che si è riparato dietro il tavolo, si sporge a guardare Mark: Mark guarda lui, perplesso. Mathias Vogel era il miglior cecchino della corporazione, un ragazzino con un talento straordinario per gli omicidi su commissione: si dice abbia fatto saltare quasi seicento teste prima di essere ucciso, nel 2027, durante una missione a Londra, a nemmeno diciotto anni.
“Tu sei Mathias Vogel?” chiede il tecnico
“Diciamo che lo ero nella mia vita precedente. Adesso mi accontento di essere Andrew Malone”
“Va bene” sospira Killex “Lasciaci contattare il nostro amministratore delegato per un'autorizzazione, e potrete andare a prendere Ragnarsson direttamente alla E.G.O. Inc, diciamo tra un'oretta. Poi ricordatevi di passare di qui: vorrei scambiare due chiacchiere con lui in privato prima che lo portiate via”
“Come vuoi, immagino che a Kristjan una lezione faccia bene. Ma ricorda che lo voglio vivo”.
Un furgone nero dai vetri oscurati, piuttosto ammaccato ma con il motore di una fuoriserie, è fermo davanti all'ingresso del condominio. Nella pioggia che cade fredda e uguale – sono quasi le tre del mattino – Killex si dirige verso il portellone posteriore del mezzo senza riuscire a reprimere un ghigno. È disarmato, ma tiene in mano una bottiglia di gin di ottima qualità, per festeggiare. Dal sedile del passeggero scende un uomo di colore, in jeans ed anfibi, con un fucile a pompa sulla schiena: squadra per un attimo il solitario poi, senza una parola né un cenno, apre per lui lo sportello sul retro. Dentro il vano di carico ci sono altri due tizi, di cui uno indossa un camice bianco, ed una stretta barella da campo: sulla barella Ragnarsson giace scomposto ed apparentemente privo di sensi. Indossa ancora il suo elegante completo da ufficio grigio chiaro, ma la stoffa è piuttosto stropicciata, i bottoni della camicia sono allacciati storti ed il colletto è strappato. Quando Killex sale sul furgone i due uomini si fanno indietro: il solitario appoggia la bottiglia sul pavimento, poi afferra Kristjan per il bavero, tirandolo su a sedere. Lui apre gli occhi gemendo, un filo di saliva gli cola sul mento.
“Ho una bella notizia per te… Ho promesso di non ucciderti anche se mi piacerebbe farlo. Ma ricorda una cosa: se provi di nuovo ad avvicinare Penny farò in modo che quello che è successo oggi ti sembri una passeggiata”
Killex lo agguanta per la nuca, sollevandogli il viso, poi tira fuori dalla tasca dei jeans una pinza da idraulico e gliela infila in bocca. Kristjan spalanca gli occhi biascicando qualcosa con espressione terrorizzata, mentre Mark stringe uno dei suoi incisivi nel becco della pinza e lo spezza con un movimento secco del polso. Godendosi l'urlo inarticolato che segue, il solitario stappa la bottiglia di gin con i denti e, senza togliere gli occhi dalla faccia di Ragnarsson contorta dal dolore, ne beve un lungo sorso. Gli uomini nel furgone aspettano in un silenzio impassibile, si sente la pioggia tamburellare sul tettuccio e sui vetri e Mark continua a stringere la nuca del suo rivale: prova ad infilargli di nuovo la pinza in bocca, ma Kristjan tiene i denti disperatamente stretti tra le labbra insanguinate.
“Non ho ancora finito con te” sorride il solitario assestandogli un pugno sulla tempia “Il primo era per quello che hai fatto a lei, il secondo è per quello che hai fatto a me”.
Killex siede placidamente sul divano rosso, allungandosi di tanto in tanto a prendere la bottiglia di gin sistemata sul tavolino di fronte a lui. Ubriaco e stanco, segue distrattamente la conversazione, pensando ai denti che tiene nella tasca dei jeans e guardando Penny, accoccolatagli accanto. Fisk e Dur stanno bevendo caffè e parlano quasi amichevolmente con Malone:
“Come vi stavo dicendo, il furgone era targato IQE9806 ed apparteneva ad una certa Extreme Bioengineering Lab. Il carico era destinato al Trapetium Shipping Centre, un aeroporto privato al settimo livello. Quando lo abbiamo fermato Killex e Fisk sono usciti sparando ed hanno falciato quasi metà della mia squadra. Io allora ho piazzato un colpo di shotgun nello stomaco di Fisk e sono scappato con una cassa. Ho trovato strano che non mi abbiate inseguito. Quanto al contenuto: non ho idea di cosa sia, non abbiamo bravi tecnici di laboratorio da queste parti…”
“E di chi erano i cadaveri che avete nascosto nel nostro magazzino?” chiede Dur, che sta registrando la conversazione
“Questa è una buona domanda. Sono stati recuperati da un gruppo dei nostri sotto coordinamento di Shimitzu, in una discarica al primo livello, amichevolmente chiamata Cimitero di North Hill. La parte interessante della faccenda è che, mente vi pedinavo, credo di aver visto l'assassino…”
“Tu ci pedinavi?”
“Beh, a tempo perso, s'intende. Avevate quasi sterminato una delle mie squadre e volevo sapere con chi avevo a che fare… Siete in gamba, questo è sicuro”
“Grazie. Fa piacere essere apprezzati” ghigna Fisk “Purtroppo nel nostro lavoro capita di rado”
“Eravate al Cimitero di North Hill, lo scorso novembre, e Dur ha scambiato una valigetta con dei tizi. Poi Killex ha sparato ad un uomo che provava a scappare e Fisk l'ha infilato in una pressa. Ve ne siete andati con un camion, e io stavo per seguirvi quando ho visto una donna scendere da una macchina e scaricare un corpo in una pressa”
“Sai chi è, questa tizia?” chiede Dur
“Non ci credevo nemmeno io, ma è Emma Kincaid”. Fisk e il tecnico si guardano: a loro quel nome non dice assolutamente nulla e, con gli impianti per l'hyperreality off line, non possono saperne di più. Al solitario viene in mente soltanto una Qualcosa Kincaid, attrice di film vietati ai minori molto in voga qualche anno prima.
“Intendi l'attrice porno?” chiede perplesso
“Quella è ENJA Kincaid, non Emma” lo corregge Dur, poi si volta verso il suo capo “Penny, sai chi è Emma Kincaid?”
Lei sbatte le palpebre, come se la domanda l'avesse svegliata all'improvviso, poi risponde:
“È l'amministratrice delegata del TraumaTeam per la sede di Nuova New York”
“In ogni caso” riprende Malone “Vi farò avere le foto che ho scattato al Cimitero di North Hill. Se avete bisogno di contattarmi nei prossimi giorni potete usare questo telefono. E diciamo che avete un giro di birra pagato al Blue Wrapped Bar: offre Kristjan”.