lunedì 30 aprile 2018
Mittermaier e Penny si guardano in silenzio per qualche attimo, poi l'uomo stringe gli occhi, colto da un improvviso sospetto:
“Forse” insinua “Questo casino è opera sua. Io le ho chiesto di mettersi in contatto con il mio uomo di fiducia, e, mentre ero chiuso qui dentro, lei ha fatto precipitare la situazione per… per derubarmi! Mirava alla mia cassaforte fin da subito! Chi ha corrotto? Avrei dovuto immaginarlo…”
“Non mi piace quando si mettono in dubbio le mie intenzioni: questo è molto maleducato da parte sua! Pensa DAVVERO che abbia delle mire sulla sua «azienda»?” lo interrompe lei sdegnata, lasciando chiaramente intendere cosa pensa dell'attività di Mittermaier “Comunque mi chiederà scusa più tardi. Adesso deve richiamare Freede prima che sia troppo tardi. Si stanno ammazzando lì fuori, vuole capirlo?”
La sicurezza di Penny sembra mettere il direttore in difficoltà: prova a balbettare ancora qualche accusa, ma finisce per zittirsi sotto lo sguardo esasperato di lei:
“Li fermi. Adesso!”
Mittermaier attiva una sorta di vecchio interfono sulla parete dietro la sua scrivania e ci balbetta dentro:
“Freede, ehm… contrordine: non occorre che finiate il lavoro…”
Dal tetto sopra l'ufficio Killex ascolta l'annuncio del direttore urlato da degli altoparlanti piazzati ai quattro angoli del centro demolizioni. Continua a tenere d'occhio il mucchio di rottami dietro cui si sono nascosti Freede e il suo complice: dal margine sinistro del cumulo sembrano provenire delle risate. Alza il fucile e spara tre colpi in rapida successione, tentando un colpo di rimbalzo: due proiettili tintinnano insaccandosi nel metallo, ma al terzo segue un grido di dolore. Il solitario si concede un sorriso compiaciuto, poi sistema il fucile sulla schiena e salta giù dalla parete posteriore del piccolo edificio. Il camion blindato intanto è lanciato contro l'ufficio e dalle feritoie sulle fiancate continuano a piovere raffiche di mitraglietta cui gli operai, riparati dietro i muri dei magazzini, rispondono a colpi di fucile.
Mentre i proiettili crivellano la cabina sbozzando i portelloni e finendo per far esplodere il parabrezza, Fisk rotola giù dal cruscotto, scosta il cadavere del guidatore e sferra un colpo alla parete che separa l'abitacolo dal cassone. Il suo pugno penetra facilmente la lamiera, ed il solitario allarga a mani nude l'apertura.
Tenendo alto il fucile, Killex raggiunge il cumulo di rottami dietro cui si erano riparati i quattro mercenari: fa appena a tempo a notare del movimento tra le lamiere che un proiettile lo centra su un fianco, lacerando la sua giacca rinforzata e facendolo crollare in ginocchio, mentre una macchia di sangue – densa, calda e appiccicosa – si espande sulla sua camicia. Disteso sul terreno fangoso, in mezzo ai cadaveri dei suoi complici, Freede sta indietreggiando tra i rifiuti e continuando a puntandogli alla testa un fucile a pompa. Ha stampato in faccia un largo sorriso. Reggendosi il fianco, Killex riesce ad alzare la sua arma quel tanto che basta per mirare alla testa del suo nemico: preme il grilletto e guarda esplodere il cranio di Freede, il suo corpo contrarsi tra i rottami. Poi tutto si fa nero.
Un urto violentissimo fa tremare le pareti del piccolo edificio, il soffitto si crepa ed una fitta polvere d'intonaco volteggia nella stanza. Miettermaier si rifugia con un grido inarticolato sotto la sua scrivania, mentre Penny si guarda intorno spaventata: la motrice del camion si è accartocciata contro il muro di cemento armato. Fisk, che stava facendo leva sulle braccia per aprirsi un varco, sente un improvviso strappo doloroso alle spalle e viene schiacciato all'indietro contro il cruscotto. Il cassone blindato si inclina e si solleva, finendo per schiantarsi sopra la cabina ed il tetto dell'ufficio.
Il silenzio scende sul centro demolizioni: un silenzio immobile e denso della polvere sollevata dallo schianto. Gli operai si sporgono timidamente dalle pareti dei magazzini e si guardano intorno prudentemente prima di uscire allo scoperto ed affollarsi intorno alla motrice del camion. Dall'interno della cabina accartocciata provengono dei colpi sordi: con un'ultima spinta disperata, Fisk riesce a scardinare quel che resta della portiera e si trascina fuori, dolorante e confuso:
“Chiamate il dottore… Mi sa che mi sono strappato la schiena” chiede faticosamente agli uomini che lo guardano ancora sbalorditi e preoccupati “E trovate il mio collega…”
Quando il secondo boato si placa – è stato forte almeno quanto il primo ed ha pericolosamente inarcato il soffitto della stanza – Penny si allontana dalla cornice della porta sotto cui si era riparata e si china davanti alla scrivania di Mittermaier. Dall'esterno non proviene più alcun rumore:
“Direi che è ora che lei si assuma le sue responsabilità ed affronti i suoi dipendenti”
Il direttore la guarda con gli occhi ancora spalancati dal terrore e scuote vigorosamente la testa.
“Va bene, vorrà dire che me ne occuperò io”.
La ragazza si aggiusta le pieghe della giacca, poi tira fuori dalla borsa uno specchietto ed impiega qualche minuto a spazzolarsi la polvere di intonaco dai capelli ed a controllare il trucco. Il risultato la lascia decisamente insoddisfatta, così richiude la borsetta con una smorfia ed attraversa la stanza che ospita l'ufficio delle tre impiegate di Mittermaier – sono tutte tremanti ed accoccolate sotto le loro scrivanie. Apre il pesante chiavistello che serra la porta e scopre con stupore che l'uscita è bloccata da quel che resta della motrice di un camion, così si stringe nelle spalle e guadagna l'esterno attraverso il passaggio nell'ufficio del direttore. Girando intorno all'edificio, si imbatte in un gruppo di uomini radunati intorno a Jacob Torsten che sta dando loro istruzioni per rimuovere i rottami; poco lontano nota Fisk disteso su una barella improvvisata: Rosenbringer è chino su di lui è gli sta sistemando le spalle, assistito da un operaio che regge una cassetta da pronto soccorso. Si sente un sonoro schiocco seguito da un'imprecazione piuttosto volgare:
“Per quanto riguarda le parti meccaniche non posso fare molto. Dovrà farsi dare un'occhiata da un buon tecnico”
Il solitario si alza faticosamente, il braccio destro che ciondola inarticolato lungo il fianco e borbotta sarcastico:
“Grazie dottore, ci è stato molto utile oggi”
Penny si fa largo tra gli operai che la guardano stupiti e si rivolge a Torsten:
“Credo che il vostro capo sia disposto a trattare, ora. A proposito: dov'è la mia guardia del corpo?”.
Killex rinviene guardando un soffitto di cemento grigiastro. Si sente intorpidito e così sfinito da non riuscire a muoversi. Un dolore attutito ma pulsante gli tormenta il fianco scoperto: qualcuno gli ha tolto i vestiti e buttato addosso una ruvida coperta di lana verde militare, ma nonostante questo trema dal freddo. Dall'esterno si sentono rumori di macchine in movimento ed il rimbombo metallico di lamiere spostate ed accartocciate. Ricorda vagamente di aver sparato a Freede, ma si chiede preoccupato cosa ne sia di Penny, di Fisk e degli operai del Cimitero di North Hill: con uno sforzo doloroso cerca di mettersi a sedere, ma viene preso da una fitta alla testa e da un attacco di nausea.
“Stia calmo Killex” dice la voce di Rosenbringer da qualche parte al di fuori del suo campo visivo “Le sue condizioni sono stabili, ma ha perso molto sangue e purtroppo non sono attrezzato per farle una trasfusione qui”
“Come stanno Penny e Fisk?”.
Mentre Mittermaier viene trascinato fuori dal suo ufficio da due operai che lo tengono sollevato per le braccia, Penny siede alla scrivania dell'ormai ex direttore accavallando con grazia le gambe e sorridendo ai suoi interlocutori. Jacob Torsten e Martha Owens – una robusta donna sulla cinquantina con corti capelli color grigio ferro spazzolati all'indietro e penetranti occhi azzurri – si accomodano di fronte a lei mentre una decina di lavoratori aspettano in piedi alle loro spalle. Penny fruga nella scrivania di Mittermaier fino a trovare le chiavi della cassaforte ed un ottimo scotch ancora sigillato: beve rabbrividendo un lungo sorso poi porge la bottiglia a Torsten:
“Brindiamo al pagamento regolare dei vostri stipendi, intanto…”
2 commenti:
Un fulgino esempio di kontrattazione kollettiva andato a buon fine! ;D
pensavo che le riunioni sindacali fossero più noiose XD
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