venerdì 27 aprile 2018
Accompagnato dall'operaio che gli ha aperto il cancello, Fisk si avvia lungo il sentiero che porta all'ufficio di Mittermaier, davanti alla cui porta sbarrata sono radunati una trentina di lavoratori: il centro demolizioni è immerso nel silenzio di una inattività innaturale e carica di tensione. I passi dei due uomini lasciano profonde impronte nel suolo fangoso ed a volte calciano inavvertitamente qualche pezzo di metallo che rotola via tintinnando.
“A proposito” dice il solitario tendendo una mano al suo accompagnatore “Io sono Fisk”
“Hughes” risponde questi dopo un attimo di esitazione, stringendo le dita metalliche di Fisk “Davvero ci aiuterai?”
“Sicuro! Solo, prima di incontrare Mittermaier vorrei trovare il mio collega: è qui dentro da qualche parte, ma le comunicazioni sono piuttosto disturbate e…”
Improvvisamente, dal fondo del lotto, si alza fischiando un razzo di segnalazione il cui arco luminoso si staglia vivido nell'aria sempre scura del primo livello.
“Che cazzo…?”
Killex intanto è stato condotto all'ufficio del direttore, fuori dalla cui porta sbarrata Jacob Torsten sta cercando di calmare i suoi colleghi, decisi a fare irruzione e linciare Mittermaier:
“Abbiamo sopportato abbastanza, Jacob!” urla uno degli operai che imbraccia un martello da demolizione “Quel figlio di puttana voleva farvi fuori, te e Martha!”
“Sì” fanno eco molte voci concitate “Adesso basta!”
“Io ho tre figli, Jacob, e un avviso di sfratto… E, anziché pagare gli arretrati, cosa fa quel bastardo? Assolda un mercenario per uccidere gli unici che ci danno una mano…”
Lo sfogo è interrotto da esclamazioni rabbiose, ed il gruppo compatto dei manifestanti avanza verso la porta dell'ufficio, brandendo piedi di porco e mazze. Pure c'è qualcosa in Jacob Torsten che riesce ad arginare la furia dei suoi colleghi – forse la serena autorità della sua voce ed il portamento tranquillo.
“Fermatevi” dice “Freede non può più fare nulla, ma se farete del male a Mittermaier passeremo solo dei guai: lasciate che gli parli ancora una volta”. Gli operai brontolano, ma si fermano abbassando le armi. Nel silenzio che segue, mentre cominciano a disperdersi, i manifestanti notano Killex fermo alle loro spalle, tra i due operai che l'hanno sorpreso tra i rottami.
“Chi cazzo è questo, Jack?” chiede dalla folla una voce . Una trentina di sguardi - alcuni perplessi, altri apertamente ostili - si fissano sul solitario e sull'aspetto incongruo del suo abbigliamento.
“Bah, dice di essere un cliente. Comunque abbiamo controllato: è disarma…”
Uno scoppio violentissimo, proveniente dall'ingresso del centro demolizioni, ne sradica le pesanti lastre di metallo e le proietta in avanti: gridando – ma le urla sono coperte dal boato – gli operai si gettano a terra o si acquattano contro le pareti dell'edificio.
“Bene, mi sa che sta per cominciare la festa…” commenta Killex, la cui unica reazione all'esplosione è stata chiudere gli ottiscudi, “Gradirei avere un arma per mia difesa personale e, a dimostrazione delle mie buone intenzioni, vi comunico che c'è un passaggio segreto sotto l'ufficio del direttore che sbuca dietro l'edificio”
“Stolte, Jiang! Andate a controllare che Mittermaier non se la dia a gambe” ordina Torsten, poi si rivolge al solitario “Immagino che lei non lavori per la direzione…”
“Effettivamente no. Sono qui per una fortuita serie di coincidenze, ma sarò lieto di aiutarvi”.
Torsten lo squadra per un attimo, poi strappa dalle mani di un collega che gli sta accanto un fucile d'assalto e lo lancia al solitario.
Dal sentiero si avvicinano correndo Hughes e Fisk:
“Ehi, Killex! Hai già fatto amicizia?”
“Direi di sì… Cosa cazzo era quell'esplosione?”
La risposta di Fisk è coperta dallo strepitare di una tromba-clacson: un grosso camion, che monta sul cruscotto una benna piatta, ed ha saldate sui lati delle lastre protettive, attraversa i cancelli divelti e si dirige a tutta velocità verso gli uomini radunati fuori dall'ufficio.
“Mettevi al riparo!” urla Mark e, gettatosi il fucile su una spalla, si issa agilmente sul tetto della piccola costruzione. I manifestanti fuggono in tutte le direzioni, cercando rifugio nei magazzini adiacenti, e quelli che hanno a disposizione delle armi aprono il fuoco contro il camion. Mentre i colpi tintinnano invano sulle sue fiancate blindate, il mezzo piomba su Fisk e Hughes: l'operaio si lancia di lato cadendo malamente su un cumulo di rottami, il solitario invece riesce ad aggrapparsi alla benna. Facendo leva sulle sue poderose braccia metalliche, Fisk si dondola di lato, si afferra al tettuccio della cabina e sradica con un colpo secco il portellone:
“Accosti per favore!”
Il guidatore, un tizio che esibisce una grossa pancia ed una canottiera verde fluo sotto una vecchia giacca di pelle, si volta a guardarlo a bocca aperta. Neanche gli occhiali da sole riescono a nascondere la fissità del suo sguardo da ubriaco: il camion devia pericolosamente verso sinistra prima che lui riesca ad afferrare il calcio di un fucile ed usarlo per assestare a Fisk una poderosa botta in faccia. È comunque troppo tardi per riprendere il controllo del mezzo prima che urti con il cassone contro uno degli escavatori da demolizione. Nonostante il colpo, il solitario riesce a mantenere la presa sul tettuccio della cabina e si lancia ringhiando all'interno dell'abitacolo.
Dal tetto dell'ufficio Killex cerca di prendere la mira sul guidatore, ma deve ammettere che il rischio di colpire Fisk è troppo grande. Guardandosi intorno con una certa frustrazione nota però quattro uomini – uno di loro è Freede – che sgattaiolano lungo la recinzione sul fondo del centro demolizioni: riesce ad abbatterne due, con due colpi in rapida sequenza dritti alla testa, prima che gli altri si gettino a terra coperti dai rottami.
Vedendosi piombare Fisk addosso, il guidatore sterza ed inchioda schiacciandolo contro il cruscotto: il parabrezza si incrina in una ragnatela di schegge. Sui fianchi del camion, intanto, si sono aperte delle feritoie dalle quali spuntano quattro mitragliette che cominciano a sventagliare in tutte le direzioni. I colpi mancano di precisione ma sono fitti come una grandinata di piombo e costringono gli operai a rimanere nascosti nei magazzini e dietro gli angoli degli edifici. Incastrato tra il cruscotto ed il volante, Fisk dà un poderoso colpo di reni e, ferito e furibondo, afferra l'autista per il collo. Le sue mani penetrano nella carne e nei muscoli dell'uomo contratti dal terrore, spezzandone le vertebre con uno schiocco.
Penny si acquatta contro la parete dell'armeria, ascoltando le esplosioni e le raffiche di arma da fuoco. Dopo qualche minuto di incertezza, dato il sospetto di essere causa del precipitare degli eventi, la ragazza apre con precauzione il portone e si guarda intorno. Nella confusione di urla inframezzate all'acciottolio dei proiettili nessuno sembra fare caso a lei: sguscia fuori dal piccolo edificio e, correndo da un cumulo di rottami all'altro, raggiunge incolume la facciata posteriore dell'ufficio del direttore. Un breve e scomodo tragitto sotterraneo la porta a sbucare dalla botola sul pavimento: seduto alla sua scrivania con il sigaro che gli pende dalle labbra tremanti e le mani che tamburellano sudate sul piano di finto mogano, Mittermaier la guarda con occhi sbarrati. Le pareti di cemento armato non riescono a soffocare il rumore degli scontri e, anche se la stanza è priva di finestre, si sentono chiaramente le raffiche delle mitragliette e le urla straziate dei feriti.
“Che ne è di Freede?” chiede il direttore con voce spaventata
“Ho fatto quello che mi ha chiesto” risponde Penny indignata “Ma adesso lei deve fermarlo! Stanno facendo una carneficina lì fuori, se ne rende conto?”
“M-ma cosa sta dicendo?” balbetta Mittermaier bianco in volto
“Lei è un irresponsabile!” esplode la ragazza schiaffeggiandolo “Non si trattano così i dipendenti!” L'uomo si porta una mano alla guancia: sembra sopraffatto dalla situazione e completamente incapace di reagire
“Non so di cosa lei mi stia incolpando, ma non sono stato io ad organizzare una cosa del genere… Volevo solo mettere a tacere Torsten e la Owens, non certo uccidere tutti i miei operai...”.
4 commenti:
Direi che la ricorrenza del 25 aprile ha pesantemente influenzato il titolo del post!
A dire il vero io ho sempre combattuto per la libertà. La MIA libertà
Che caso fortuito!
mi piace fare nuove amicizie... BLAM BLAM
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