lunedì 19 giugno 2017
Con il contratto firmato da William Jackson, Penny e Fisk tornano da Perea, ottenendo in cambio la liberazione di Debbie. Il proprietario del casinò li invita alle serate di combattimenti clandestini nel suo nuovo magazzino, e loro fingono di partecipare con entusiasmo fino a quando una sera, grazie ad una soffiata di Killex alla OCP, la polizia irrompe nel locale, arrestando tutti i presenti. Penny e Fisk passano un notte in prigione e poi vengono processati per direttissima, ottenendo di scontare la pena all'interno della loro azienda. Albino Perea e i suoi collaboratori invece vanno incontro ad un lungo iter giudiziario: rischiano vent'anni di reclusione.
Nguyen Thang e Debbie Cruz si fidanzano ufficialmente e vanno a vivere in un piccolo appartamento di proprietà della E.G.O. Inc; sotto la guida del dottor Carey, il giovane ricercatore riesce a sbloccare le ricerche su cui si era arenato l'ufficio Ricerca e Sviluppo. Killex cerca di ingraziarsi la signorina Symanski regalandole cibo a giochi per il suo adorato gatto, ed ottiene un nuova tessera del Trauma Team. Penny redige un rapporto della missione per Andrea, elogiando il lavoro della squadra: Andrea la rimprovera per il tono entusiastico – nessun sottoposto può essere definito fondamentale - ma poi convoca tutti al nono piano e concede loro una gratifica nella busta paga. Ellen Silva scrive il primo di una serie di articoli, parlando della dedizione al lavoro del gruppo e della loro capacità di cavarsela in qualsiasi situazione, ma lasciandosi la possibilità di sputtanarli nel prossimo pezzo.
“Si accomodi pure signor Fisk”.
Lo studio del dottor Rosenbringer è morbidamente illuminato dalle lampade a led ed odora di profumo per ambienti al mango. Ma perché proprio al mango? si domanda Fisk. Il dottore siede tranquillo sulla sua sedia dietro alla scrivania in “vero legno” Dubito che sia DAVVERO vero legno, almeno stando a quanto dice Miss Penny balza subito alla mente del solitario. Varcata la soglia dello studio, Fisk non trova il modo di sopprimere una forte sensazione di disagio, che dura solo un attimo. Non mi piacciono i dottori, pensa l’uomo, specialmente QUESTO dottore, l’ennesimo che vuole capire cosa c’è che non va nella mia testa. Che poi è al suo posto. Sulle spalle. Avanzando sul pavimento rivestito di moquette i pesanti anfibi da combattimento risuonano ovattati nella stanza: non appena Fisk afferra lo schienale di una delle due sedie di fronte alla scrivania si accorge che il dottor Rosenbringer gli indica con la mano un divano lungo rivestito in tessuto verde acqua.
“Sul divano?” domanda il solitario.
“La chaise longue” risponde il dottore.
“Ah, l’ottomana!”
Senza dire nulla Rosenbringer agita pigramente la mano come per dire continua pure a sparare stronzate, ma ti prego siediti su quel cazzo di divano. Divertito dalla reazione del dottore Fisk prende posto sulla chaise longue, sedendosi sul bordo e guardando l’uomo dietro la scrivania.
“Non così signor Fisk” dice mollemente il dottore “Si deve sdraiare. Si distenda”.
Senza dire nulla il solitario solleva le gambe e si distende. È una visione un po’ buffa, con le gambe che sporgono dal bordo del divano.
“Dottore” dice Fisk appena si sdraia.
“Sì?”.
“No. Intendevo dire che mi può dare del Dottore. Lei non mi sta sparando, quindi non siamo così in confidenza. Continui pure a darmi del Lei e mi chiami Dottore, grazie” dice il solitario, con la faccia seria e guardando il soffitto.
Visibilmente seccato, il volto di Rosenbringer si distorce in una smorfia di fastidio:
“Va bene dottor Fisk. Potrebbe iniziare col raccontarmi dove e in cosa lei ha ottenuto il suo dottorato” replica mentre prende da un cassetto un tablet ed inizia a prendere appunti sulla seduta. Con tutta tranquillità l’omone sulla chaise longue risponde:
“Art Academy di Londra. Sono dottore in Arte Contemporanea”.
Rosenbringer inarca un sopracciglio per lo stupore ma continua a pigiare sullo schermo del suo tablet. “E come mai questo interesse verso l’arte?”
Sbuffando per la domanda, Fisk dice:
“Bof. Mi è venuto naturale, ecco”.
“Ed i suoi genitori l’hanno supportata in questo percorso di formazione accademica?” chiede il dottore richiamando sul tablet il file personale di C. W. Fisk ed andando a spulciare le informazioni circa la famiglia. Riflettendoci il solitario risponde
“Suppongo di sì, anche se a malincuore”.
“Perché a malincuore?”
“Vede dottore, i miei genitori erano… lavoravano nel settore privato”.
“Sì” dice Rosebringer “Nel suo file personale vedo che i suoi genitori erano due criminali con un curriculum piuttosto vario”.
“Sì, vabbè” taglia corto il solitario “Immagino che sperassero di vedermi entrare nell’azienda di famiglia. Prima o poi”.
Infastidito dalle domande sul lavoro dei suoi genitori rimane per un po’ in silenzio. Il dottore interrompe la pausa del solitario interloquendo:
“Già. Ma poi c’è stato quello spiacevole incidente”
Come se l’avessero svegliato Fisk chiede:
“Intende dire quando i miei sono stati assassinati da una famiglia rivale?”
“Non l’avrei messa giù proprio in questi termini, ma sì, assassinati”
“Beh, vede dottore” continua Fisk stiracchiandosi “La sera dell’incidente mio fratello era venuto a prendermi all’università. Long story short durante il tragitto verso casa siamo stati speronati da un’auto, probabilmente appartenente ad alcuni sicari della famiglia rivale, e durante l’inseguimento entrambe le macchine sono finite fuori strada. Mio fratello era morto, io ero ancora vivo ma ferito ed i sicari morti. Credo. Comunque io da lì sono fuggito e, grazie a quel poco che avevo imparato dalla mia famiglia, sono riuscito a far perdere le tracce e rifugiarmi da un amico”.
Il dottor Rosenbringer pigia sullo schermo del tablet senza guardarlo, continuando ad osservare Fisk per registrarne i movimenti e le espressioni facciali. Alzando lo sguardo sullo psichiatra il solitario fa appena in tempo a cogliere il movimento della testa del dottore che torna a guardare fisso il tablet. La sua fronte si aggrottata in segno di fastidio a quella reazione repentina ma, prima che possa dire alcun ché il Rosenbringer riprende con le domande.
“E questo suo amico chi era?”
Mantenendo l‘espressione infastidita Fisk continua:
“Irving Spatz, il pittore. Era un compagno di università. Avevamo frequentato parecchi corsi insieme ed avevamo diviso un appartamento durante gli studi. Durante il mio dottorato lui aveva già completato gli studi e si era trasferito nell’Irlanda del Nord per “far decollare la sua carriera” come diceva”
“Mh mh” mormora il dottore continuando a prendere appunti sul suo pad “E mi dica, come mai un amico e non un’amica?”
Perplesso Fisk chiede: “Ma che razza di domanda è?”
“Sto solo sondando il terreno, dottor Fisk”
Ti sonderei io qualcosa con dei proiettili pensa il solitario ma trattiene la lingua
“Dottore, lei è mai stato in pericolo di vita?” domanda seccato tirandosi su e mettendosi a sedere “Ha mai dovuto fuggire da qualcuno che voleva ucciderla e non poter nemmeno contare sulla propria famiglia perché sono tutti morti?”.
Visibilmente alterato l’uomo alza il tono della voce. Mantenendo il suo aplomb, Rosenbringe lo ammonisce:
“La prego dottor Fisk, non si alteri. Posso comprendere il suo disappunto ma la invito nuovamente alla calma. Io sono qui per valutare il suo stato psicologico” cosa che ovviamente ho già fatto, scimmione corazzato “e questo mi obbliga a farle molte, moltissime domande. E non tutte le piaceranno. Sia gentile, mi lasci continuare e si controlli”.
La faccia di Fisk si corruga in un’espressione pensierosa e di sospetto. So cosa pensi, strizzacervelli incravattato, ma tanto sai a che gliene frega al capo?
“Dovrò fidarmi...”
“Ha problemi di fiducia? Ha sofferto per un tradimento?” interviene immediatamente Rosenbringer, con un luccichio negli occhi. Sospirando per controllarsi Fisk dice:
“Dottore, è così fondamentale per la seduta oppure posso tornare alla storia della mia vita? Se andiamo avanti così facciamo notte ed io ho una riunione di lavoro fra un po’”.
Battendo sul tablet il dottore dice
“Certo, certo. Approfondiremo nella prossima seduta”.
Un sorriso si allarga sulla faccia del solitario: No, se per mia fortuna tiro le cuoia nella prossima missione. Fisk si distende nuovamente sulla chaise longue e riprende a parlare:
“Ebbene come le avevo detto mi rifugiai da Irving sperando che si calmassero le acque. Siccome non voglio annoiarla troppo con i dettagli mi lasci dire che ho vissuto con lui per tre o quattro anni. Vede, Irvin era molto bravo nei concept e nel workshop ma aveva un carattere decisamente ostico”.
Rosenbringer inarca le sopracciglia.
“Sì, sì, lo so. Chi sono io per dirlo” dice il solitario mentre si mette a ridere “Così mi sono offerto di fargli da agente. Tenevo per lui i contatti coi committenti, gli prendevo gli appuntamenti per le serate eccetera”.
“Insomma, gli faceva da segretario”.
Sbuffando Fisk replica “Bah, segretario è riduttivo, ma se vogliamo semplificare allora mettiamola così”
“E le sue relazioni con Irving, erano buone?”
“Eravamo vecchi amici, sì”.
Rosenbringer guarda dritto negli occhi il solitario “Amici intimi?”
Fisk rimane zitto per un momento “In un certo senso…”.
Schioccando la lingua il dottore dice “Allora mi spieghi il senso, dottor Fisk. Avevate rapporti sessuali?”.
“Questa è una domanda molto personale dottore”.
“Sì, e questa è una seduta, cioè una conversazione molto personale... Nulla di quello che mi dice uscirà da questo ufficio” risponde sorridendo Rosenbringer.
Come no cervellone “Non voglio scendere nei dettagli, ma la sua ragazza era … espansiva. Ed una volta” più di una a dire il vero “Ci ha convinto a provare una cosa a tre” Mentre spiega la cosa Fisk non riesce a non arrossire.
“Mh mh, certo certo” mormora il dottore. Visibilmente imbarazzato il solitario rimane in silenzio, le braccia metalliche incrociate Riesco a spezzare braccia e gambe senza battere ciglio ma non riesco a raccontare una cosa simile senza imbarazzarmi. C’è davvero qualcosa che non va nella mia testa. “Ed il suo tatuaggio c’entra qualcosa con questo?”
Alzandosi di scatto Fisk guarda fisso il dottore e ringhia “Come fa a sapere del tatuaggio?”
“E’ scritto nella sua cartella clinica e nel documento di identità: tatuaggio di una donna sulla schiena” Deficiente. Colto in fallo l’uomo mantiene lo sguardo truce ma si rimette a sedere:
“Il tatuaggio è la commemorazione del… di quel momento. La donna del tatuaggio è proprio la ragazza di Irving: Alice”
“Perché è tatuata solo la donna?”
Nuovamente imbarazzato Fisk prosegue “Alice era quello che ci impediva di scannarci a vicenda nei momenti più duri”
“Allora mi racconti come mai la vostra collaborazione è terminata. C’entra per caso Alice?”.
Punto per me, impiccione impomatato pensa il solitario “No, dottore. Purtroppo Irving ha fatto un passo più lungo della gamba. Ha rifiutato di creare un’opera per un uomo ricco e potente. Ha rifiutato l’offerta più e più volte nonostante i miei consigli. Alla fine il cliente si è presentato nel suo studio accompagnato dalle sue due guardie del corpo. E si è occupato personalmente di Irving” Fisk sospira “Io per fortuna sono riuscito a cavarmela nascondendomi e fuggendo mentre gli uomini saccheggiavano le opere di Irving. Pochi giorni dopo, dopo aver avvertito Alice, mi sono rifugiato a New New York per farmi una nuova vita. A Nuova New York è stato difficile per i primi tempi, ma…”
Il tablet del dottore si mette a trillare “Dottor Fisk, il tempo a nostra disposizione è scaduto” Sollevato, il solitario si alza dal divano e, senza salutare il dottore, guadagna la porta dello studio.
“Ci vediamo martedì prossimo” gli ricorda Rosenbringer.
2 commenti:
Fisk, io non mi lamenterei della tua seduta. La mia è stata peggio... il dottore ha voluto sapere del mio primo incontro con Andrea.
... il ricordo fa ancora male. Fisicamente.
Quello che mi da fastidio è che il dottore si becca un bordello di eurodollari per una seduta che dura più o meno dieci minuti.
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