lunedì 14 maggio 2018
Killex, Fisk e Penny entrano in una sala da ballo larga come una piazza d'armi: il pavimento in marmo, a due colori, riproduce quello che a Fisk ricorda il motivo di qualche salone rinascimentale italiano. Se il solitario avesse il coraggio di alzare gli occhi dalle sue scarpe, si accorgerebbe che anche gli stucchi alle pareti ed il soffitto a volta sono decorati nel medesimo stile; sente invece chiaramente un delicato profumo d'estate entrare dalle portefinestre socchiuse, le cui larghe vetrate si affacciano su Central Park East, facendo ondeggiare i tendaggi di lino. Sul lato sinistro della sala sono apparecchiati con cristallo, argento e fiori freschi una ventina di tavoli rotondi intorno ad una pedana rialzata che ospita i posti d'onore. Ci sono già una cinquantina di invitati raccolti a conversare in piccoli gruppi, e le fiamme delle candele sui lampadari di Boemia fanno scintillare i gioielli e la seta dei vestiti delle signore. Killex si accorge con imbarazzo che il loro ingresso non è passato inosservato - forse i loro abiti sono giusti, ma ci deve essere qualcosa di sbagliato nel portamento o nella voce. Qualche azzimato milionario di mezza età scuote addirittura la testa al loro passaggio, ma gli occhi delle donne sono più benevoli: spalle così larghe e muscoli così compatti non si vedono tutti i giorni all'ottavo livello. Quella che si confonde meglio nell'ambiente è Penny, che ha saggiamente optato per un vestito discreto – una cosa azzurro polvere, liscia, che lascia solo le spalle scoperte. Con i tacchi più bassi del solito ed i capelli artificialmente allungati in una cascata di boccoli scuri, sembra più che mai una ragazzina, e nessuno le dedica altro che un rapido sguardo.
Penny ferma un cameriere ed ordina da bere per tutti poi, con un bicchiere di cristallo in mano, i tre raggiungono il fondo della sala: fuori dalle vetrate, al di là della Quinta Strada, svettano gli aceri e le betulle del parco immersi nel silenzio della notte.
“Conosce qualcuno miss Penny?” chiede Fisk lanciandosi intorno occhiate spaesate
“Beh, lì c'è il sindaco Bloomberg con la moglie. Quella invece è Jing Hsü, la regina dell'acciaio, con l'ultimo grido in fatto di amanti giovani. Il signore con la cravatta bordeaux è William Tovar, immobiliarista: sta parlando con Peter Henriksen, che da quindici anni gestisce la J&S. Uh, ho cenato con lui e mio padre una volta: c'era talmente tanta cocaina quella sera che non sono riuscita a dormire per due giorni… Comunque rilassati Fisk! Non farmi fare brutta figura! Ricordati che sei l'azionista di un azienda di successo e non…”. Penny si interrompe vedendo una giovane bionda che, staccatasi da un gruppetto di uomini e donne alla loro destra, si avvicina loro con passo deciso.
“Mi sto annoiando da morire: non vorresti offrirmi da bere?” chiede la ragazza posando una mano sottile sulla spalla di Killex. Lui la guarda stupito: dimostra al massimo diciannove anni ed è infilata in un vestito lungo, di un bianco scintillante, che lascia scoperta fino al coccige la schiena color miele.
“Volentieri” risponde poi, chiedendosi cosa significhi offrire da bere a qualcuno ad una festa in cui è tutto pagato. La ragazza sorride e fa a Mark un cenno perché la segua, poi si dirige ancheggiando dall'altra parte della sala.
Fisk si sta davvero annoiando a morte. Beve un secondo cocktail e si guarda intorno cercando almeno qualcosa da mangiare, ma i camerieri che girano tra gli invitati reggono solo sconfortanti vassoi carichi di sedano, carote, chayote e pastinaca. C'è anche qualche microtartina al caviale. Probabile costo sul mercato: millecinquecento eurodollari al chilo; potere saziante: zero.
“Mi scusi” si decide a chiedere ad un ragazzo in camicia bianca e cravattino, sul cui petto una targhetta lucida dice “Benjamin” “Non avreste qualcosa di più… ehm… corposo?”
Il cameriere lo squadra con una certa insolenza:
“Mi dispiace, signore: hot dog non ne serviamo”
Penny, che ha intavolato una gentile e vuota conversazione con l'anziano fondatore di una casa di moda, si volta allarmata. Gli fa cenno in direzione di un piccolo gruppo di fotografi che sono stati appena ammessi nella sala e che non desiderano altro che poter documentare l'aggressione ad un cameriere, ma Fisk si limita a stringere gli occhi e replicare in tono mellifluo:
“Grazie mille, Ben. Mi ricorderò di te”.
Lei si chiama Ava Hohmann e, se Killex ricorda bene la miro-incisione sulle braccia sintetiche di Fisk, deve avere qualcosa a che fare con la Hohmann Group, azienda che progetta e produce protesi biomediche all'avanguardia. Sorseggiando un cocktail e guardandolo di sotto in su, bianca contro il bianco di una tenda svolazzante, lo ascolta parlare per qualche minuto della E.G.O. Inc e delle sue promettenti ricerche bioingegneristiche, poi gli posa una mano sul petto e sorride:
“Fai molto esercizio, vedo”
Killex sente il suo profumo ed il tepore di quella mano attraverso la stoffa sottile della camicia. Si interrompe a metà frase:
“Ehm, cerco di tenermi in forma. Il nostro è un mondo di squali…”
“Già. Squali noiosi, purtroppo. Com'è che non ti ho mai visto in giro?”
“Sai, non sono un tipo mondano: sono qui oggi solo per fare un favore al mio amministratore delegato. E tu? Ti annoi spesso a queste feste?”
Ava infila il braccio sotto al braccio di Killex, poi gli si incolla addosso, sorridendo ai paparazzi che si stanno avvicinando. Segue una pioggia di flash: lei arriccia le labbra e mostra, con una studiata posa di tre quarti, la schiena nuda; Killex si sforza di non apparire troppo a disagio, domandandosi cosa ne sarà di quelle fotografie. Del resto, a rigore, lui non sta lavorando in incognito, e forse un po' di pubblicità farà piacere ad Andrea.
“Non vuoi dirci chi è il tuo accompagnatore, Ava?” chiede avidamente il giornalista di un settimanale scandalistico tendendo un microfono.
“Mark è solo un amico” risponde lei con un'indifferenza troppo marcata per essere credibile “La E.G.O. Inc entrerà presto in collaborazione con la Hohmann Group: stavamo parlando di lavoro” “Davvero hai altro da aggiungere per i nostri lettori?” insiste un altro giornalista, speranzoso. Lei lo liquida con un gesto annoiato:
“Niente di appassionante, mi dispiace. Ma vi terrò aggiornati”
Un po' delusi, i paparazzi sciamano verso quello che Penny ha riconosciuto come il sindaco Bloomberg. Lui e sua moglie stanno animatamente parlando con una donna bruna, vestita di verde, che Killex ha l'impressione di conoscere. Il solitario si sporge di lato, cercando di vederne il profilo, ma viene trattenuto dal braccio di Ava che gli sussurra:
“Queste pagliacciate servono a dimostrare al pubblico che ci si interessa. Si parla un po' di affari e stop. Il vero divertimento viene dopo, se si è tra i privilegiati invitati al party esclusivo a casa degli organizzatori… Magari ci rivediamo lì, straniero”.
Penny trascina Fisk tra i tavoli, cercando il suo nome sui cartellini segnaposto: ormai anche gli ospiti più ritardatari sono arrivati, la sala è piena e i giornalisti se ne sono andati. Il solitario continua ad arraffare piccole porzioni di tartare di pesce spada dai vassoi dei camerieri di passaggio, lamentandosi ad alta voce per la noia e la fame.
“Fisk, mi stai mettendo in imbarazzo!” lo rimprovera lei sbuffando
“Non posso farci nulla, miss Penny, se questa serata fa schifo. Non c'è nulla di decente da mangiare e gli invitati sono un branco di stronzi…”
Penny si guarda intorno, sperando che nessuno li stia ascoltando: per caso il suo sguardo si ferma su due uomini che, un po' isolati, parlano tra loro vicini ad una portafinestra. Uno di loro ha un occhio sintetico ed una larga cicatrice tra la tempia e lo zigomo; entrambi indossano completi scuri di sartoria in cui sembrano decisamente a disagio ed i loro capelli sono, rispettivamente, troppo lunghi e troppo corti.
“Vedi quei due laggiù? Vai a fare amicizia con loro, da bravo. E ricordati che siamo qui per lavoro”
Fisk osserva un attimo gli sconosciuti, poi ferma un cameriere e gli prende il vassoio carico di bicchieri di vino:
“Grazie” dice al ragazzo stupefatto, allontanandosi in fretta.
“Non si ringraziano i camerieri!” sospira Penny, sistemandosi avvilita i capelli.
Mentre ricomincia a sbirciare tra i tavoli, Penny sente una mano posarlesi sulla spalla:
“Come sta andando?” le chiede Mark
“Il tuo amico è un vero disastro. Almeno tu ti sei divertito con Ava Hohmann?”
Lui cerca nella voce del suo capo una traccia di gelosia, senza trovarla.
“Così così, ma ho scoperto una cosa interessante: la vera festa comincia dopo che la cena è finita. Dovremo riuscire a fare bella figura con la Kincaid e farci invitare a casa sua”
“Non sarà facile” risponde Penny, mentre la porta principale della sala viene aperta ed il brusio intorno a loro scende di parecchi toni. Gli invitati si voltano a guardare: impassibile e algida, scortata da due guardie del corpo, Emma Kincaid guadagna il centro della stanza.
2 commenti:
una delle missioni più difficili mai affrontate, non razziare il buffett XD
A volte le regole d'etichetta dell'alta società possono essere più complicate delle regole d'ingaggio militari! Ogni volta che i miei personaggi in qualunque ambientazione era costretti a muoversi in situazioni mondano - nobiliari come queste combinavano qualche gaffe!
Posta un commento