venerdì 23 marzo 2018
Nell'anticamera del nono piano sono schierate otto guardie in uniforme, con i fucili puntati sull'ingresso dell'ufficio di Andrea: sono completamente impotenti perché per accedere allo studio dell'amministratore delegato bisogna oltrepassare una porta composta da una doppia lastra di vetro antiproiettile acidato, con un'anima di ceramite. Quando Penny e Rosenbringer escono dalla cabina dell'ascensore, le guardie voltano la testa verso di loro, senza abbassare le armi.
“Signori, avete facoltà di occuparvi di qualunque altra cosa: fuori da questo piano” ordina il dottore. Gli uomini guardano Penny che tiene tra le mani un bonsai impacchettato in una confezione regalo e dice, sforzandosi di sembrare autoritaria:
“Potete andare. Vi chiameremo se ci sarà bisogno di voi”
“Sissignora”
Le guardie abbassano i fucili, rimettono la sicura e sfilano ordinatamente giù per le scale, non senza lanciarsi qualche occhiata preoccupata alle spalle. Penny si avvicina allora all'ingresso dell'ufficio:
“Posso entrare adesso?” chiede, mostrando il bonsai alla telecamera che sa essere montata sulla sommità della porta. Dopo qualche secondo di silenzio l'interfono sulla scrivania di Judith comincia a trillare. La ragazza si affretta a rispondere, attivando il viva-voce:
“Ciao” La voce è quella di Kristjan, che lei conosce così bene, pacata e gentile
“Ciao, perché non mi fai entrare? Ho portato un'offerta di pace…”
“Non sei sola, e non erano questi i patti”
“Sono disarmato e sono qui solo per valutare le condizioni di salute della signorina Shou” si intromette Rosenbringer
“Le sue condizioni di salute sono abbastanza buone” risponde Ragnarsson, e in sottofondo si sente la voce di Andrea sospirare:
“Sì, sto bene. Tu come stai, Penny? Kristjan mi copre quasi tutta la visuale, ma sembra che tu abbia in mano qualcosa…”
“Le ho portato un'offerta di pace, capo, un bonsai per il suo ufficio…”
“Un bonsai? Ma ti sembra il momento di pensare ai bonsai?”.
“Siamo dentro” esulta Dur, mentre sul tablet cominciano a scorrere le immagini riprese dalle telecamere ambientali nell'ufficio di Andrea: Yvette, Killex e Fisk si chinano sullo schermo. La situazione sembra momentaneamente tranquilla: si sente la cascata d'acqua gorgogliare sommessamente tra le piante in fiore, e si vede Kristjan Ragnarsson indolentemente appoggiato al grande tavolo bianco davanti ad un computer, con un revolver in pugno; accanto a lui, i polsi legati dietro la schiena e le caviglie bloccate contro la piattaforma della sua elegante poltrona di pelle, siede Andrea. Qualche ciocca di capelli, sfuggita all'acconciatura sobria, le ricade sulla fronte, ed un grosso livido si allarga sullo zigomo destro della donna, mentre un sottile rivolo di sangue le cola dal naso sulle labbra. La sua espressione, però, è quella composta e severa di sempre: non sembra sconvolta e nemmeno spaventata.
“Ottimo” dice Killex dando un ultimo sguardo allo schermo “Voi teneteli d'occhio, io vado ad infilarmi nella colonna di scarico dell'ottavo piano”
Mentre il solitario esce dalla sala riunioni, una lieve scossa agita l'intero edificio facendo ondeggiare i lampadari e traballare le tazze di caffè sul tavolo.
“Cos'è stato?” domanda Fisk alzando gli occhi dal tablet e guardandosi intorno
“Sembrava una scossa di terremoto” azzarda Dur
“Sembrava l'esplosione di una carica” lo corregge Yvette, preoccupata.
“Un momento! Ho una comunicazione dalla Sicurezza Informatica” esclama il tecnico digitando nell'aria “È appena partito un comando dall'interno dell'ufficio di Andrea, e ha fatto saltare qualcosa nella sala server. Stanno valutando i danni, ma sembra che il computer che conteneva il software di Sagara…”
“Adesso basta!” ringhia Fisk “Abbiamo aspettato anche troppo!”
Il solitario esce a passo deciso dalla stanza e scende di corsa le scale fino al garage: sulla parete di fondo, in una nicchia ricavata nello spesso muro di cemento armato, c'è l'ascensore privato di Andrea. Il mezzo è controllato da un tastierino alfanumerico sotto cui, al momento, è accesa una spia rossa. Fisk prova a forzare le due ante che chiudono l'accesso, ma non riesce a spostarle di un millimetro. Esasperato, sferra un pugno alla porta dell'ascensore ed il colpo – metallo contro metallo – rimbomba nel silenzio del sotterraneo.
“Jenkins? Saresti in grado si hackerare l'ascensore d'emergenza che arriva nell'ufficio al nono piano?”
“Fisk, siamo un tantino inguaiati in questo momento…”
“Me ne fotto! È un'emergenza, te ne rendi conto?”
Melanie sospira:
“Potrei anche provarci, ma bisogna che nessuno con un livello di autorizzazione superiore al mio se ne accorga. E voglio una liberatoria: non ho intenzione di giocarmi il posto”
“Jenkins, se non sblocchi subito l'ascensore userò la tua testa per sfondare questa porta!”.
“Dottore, scenda di un piano, così Penny potrà entrare” dice la voce di Andrea, in tono scocciato, dall'interfono “Allora magari Kristjan si degnerà di spiegarmi perché sono legata ad una sedia… Ho l'impressione che non si tratti di un gioco erotico… purtroppo”
Rosenbringer sospira e si avvia di malavoglia verso l'ascensore: non appena le ante della cabina si chiudono alle sue spalle, la porta dell'ufficio dell'amministratore delegato si apre con uno schiocco. Penny entra lentamente, e vede, al di là del tavolo, Andrea legata alla poltrona; inginocchiato alle spalle della donna, Ragnarsson le sta puntando il revolver alla tempia:
“Chiudi la porta, per favore” dice, e sorride “Avrei preferito averti qui in maniera meno plateale…”
“Bastava che mi facessi una telefonata”
Lui si alza, continua a sorriderle: Penny lo guarda, e cerca di sovrapporre all'immagine del suo amante quella dell'uomo che probabilmente ha fatto rapire il gatto della Symanski ed ha cercato di incastrarli con la faccenda del Maastricht Complex. E che adesso punta una pistola alla testa di Andrea. Il suo cervello rifiuta di collaborare: è uno scherzo, si ripete, è un incubo. Eppure sta succedendo veramente. Un dolore straziante le serra la gola, le schiaccia il petto: è un dolore così forte che le impedisce di fare alcunché. Rimane piantata davanti all'ingresso, il bonsai in mano, gli occhi attoniti. Kristjan attraversa la stanza, controlla che la porta sia chiusa, poi si rivolge a Penny, in tono quasi di scusa:
“Di certe cose è meglio parlare di persona. Sai, tu mi piaci. Non come quella stronza lì” dice, indicando Andrea con un cenno del revolver “Purtroppo ho un conto in sospeso con tuo padre. Avevo una bella vita, una specie di lavoro, molti amici, una ragazza… Poi qualcuno ha ordinato un assalto ad un trasporto Arasaka, assalto che è stato organizzato – in puro stile InfoCorp – senza tenere conto dei danni collaterali”
“M-mi dispiace” mormora Penny, ma così piano che nessuno ci fa caso. Ragnarsson si volta verso Andrea:
“Te la ricordi quella operazione, troia?”
Lei ricambia apertamente il suo sguardo. Più che preoccuparla, la situazione sembra eccitarla: ha gli occhi accesi, le labbra stirate da un mezzo sorriso.
“Sinceramente no”
“Sinceramente no. Io in una notte ho perduto le persone che amavo di più, semplicemente perché erano al posto sbagliato nel momento sbagliato. Di nuovo. E nessuno ha nemmeno pensato di chiedere scusa…”. La rivelazione di Ragnarsson viene interrotta da un “beep” sgraziato e metallico: sul pannello di controllo della porta si accende una lucetta rossa e compare la scritta “Access denied”. Kristjan sospira:
“Qualcuno dei tuoi amici sta tentando di entrare, quindi sarà meglio muoversi. Penny, la mia idea era quella di usarti per arrivare a tuo padre, purtroppo ho fallito. Magari non uscirò vivo di qui, ma voglio che tu sappia che ho preso le mie precauzioni… Della E.G.O. Inc non rimarranno neanche le macerie quando le informazioni che ho raccolto usciranno di qui…”
Andrea, che sta leccando il sangue che continua a scenderle sulle labbra, non riesce a trattenere uno sbuffo divertito. Ragnarsson si volta a guardarla, furibondo:
“Mi hai mentito, troia!” esclama, alzando il revolver e mirando alla testa della donna. Penny, senza nemmeno riflettere, si butta in mezzo: il proiettile buca la giacca di pelle e le entra nell'omero. La ragazza crolla a terra, reggendosi la spalla da cui si allarga una chiazza di sangue.
“Quanta fedeltà all'azienda…” considera Kristjan abbassando su di lei due occhi gelidi “In effetti mi basta una di voi due per uscire di qui: chissà se Simon Clarke verserà qualche lacrima sulla tomba di sua figlia…”.
4 commenti:
Ah... A quanto pare il biondo ha fatto i compiti a casa e si è preparato a dovere...
Ho anche il timore che l'esplosione in sala server non sia stata una coincidenza, speriamo di no.
In ogni caso ottima idea quella portare un bonsai ad Adrea per farle dire la parola in codice di sblocco! Complimenti a chi ha avuto la pensata! ;)
P.s.: intanto abbiamo scoperto che alla fredda e severa Andrea piace essere legata... XD
Molti stagisti e dipendenti incompetenti hanno scoperto cose anche peggiori su di lei
Non stento a crederlo...
leggende narrano ci fossero anche dei consenzienti ma come ho detto sono leggende XD
comunque su Ragnarsonn "io ve lo avevo detto" che non mi piaceva
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