lunedì 12 marzo 2018
Fisk, nel frattempo, ha finito il suo sigaro ed è rimasto all'ingresso del vicolo a guardarsi intorno, con l'aria imbronciata ed il collo imbottito della del giaccone di pelle tirato su per ripararsi dalla pioggerella. Il quartiere sembra tranquillo, e mancano i segni delle rafficate sui muri dei palazzi, tipiche di gran parte dello sprawl. Da quando è sceso dal furgone, il solitario ha visto passare sulla strada soltanto un paio di vecchie automobili ed una donna di mezza età infagottata di scialli e carica di buste di plastica, che gli ha lanciato un'occhiataccia ed ha accelerato il passo. Fisk si volta per tornare al furgone – i suoi capelli ormai stillano acqua e la barba è imperlata di pioggia – ma una voce lo ferma:
“Ehi, amico…”
La voce appartiene ad un uomo ancora abbastanza giovane, ma con il viso sporco e segnato, e la barba incolta. I vestiti sformati gli pendono addosso e cammina trascinando i piedi in un paio di scarpe da ginnastica sfondate.
“Che, ce l'hai qualche spicciolo?” chiede il barbone, fermandosi ad una decina di passi e guardando Fisk timoroso e speranzoso. Il solitario lo squadra domandandosi se riuscirà a cavarne qualche informazione utile.
“Magari possiamo fare uno scambio” propone
L'uomo sfodera un sorriso incerto, mettendo in mostra i denti rotti:
“Vuoi che andiamo in un posto appartato?”
“Ma che cazzo hai capito? coglione!” ringhia Fisk
“Beh, sei tu che hai detto…”
“Informazioni. Voglio informazioni”
“Ah! Potevi dirlo subito… Sai, di solito, da queste parti...” ridacchia
“Sto cercando una persona”
“Magari lo conosco” si illumina il barbone “Io conosco tutti qui. Senti: dammi dieci bigliettoni e…”
“No, no. Prima tu parli, poi io pago”
L'uomo scuote la testa:
“Mi dispiace, amico. Mi hanno già fregato troppe volte in questo modo”
“Vedi di non farmi incazzare” lo minaccia Fisk, mostrandogli il pugno chiuso “Lo vedi questo? Ha una brutta giornata”
Il barbone spalanca gli occhi, poi si volta e scappa correndo sotto la pioggia. Nonostante l'aria acciaccata corre dannatamente in fretta.
“Cazzo, cazzo, cazzo!” mormora Dur dirigendo il drone verso il soffitto: il gatto scatta con le unghie estratte, mancando l'insetto meccanico di un soffio. Il drone rimane a svolazzare a qualche centimetro dal solaio, mentre l'animale continua a tentare di catturarlo: lo punta, miagola e salta, graffiando la parete per arrampicarsi più in alto. Dato che il gatto non sembra intenzionato ad arrendersi, il tecnico fa volare il drone radente al soffitto fino al bagno pieno di vapore e poi di nuovo fuori. Dur finisce di fare il giro del quindicesimo piano: l'appartamento d'angolo a destra, che dà sul vicolo con le scale antincendio, ha tutte le finestre schermate da pesanti tendaggi neri e gli infissi, sebbene vecchi e scrostati, sono in alluminio rinforzato.
“Mi sa che abbiamo trovato l'appartamento di Malone” commenta il tecnico, poi guida il drone di sul tetto, dove, tra i sassi e gli uccelli morti, c'è un piccolo lucernario con il vetro sfondato: attraversandolo si accede ad un pianerottolo stretto e buio su cui danno cinque porte. Quella dell'appartamento a destra è di legno massiccio, con un pesante chiavistello, e accanto allo stipite un'etichetta incollata sul muro sporco recita “A. M.”.
“Controlla se ci sono contatti elettrici sulla porta” suggerisce Killex
“Non sembra esserci nulla” risponde Dur muovendo le telecamere del drone lungo la porta.
“Bene. Adesso prova a scendere di un piano: vediamo se c'è qualcuno di guardia sulle scale”.
Sbuffando, Fisk attraversa la strada e cammina lungo il marciapiede screpolato per una cinquantina di metri, fino ad un furgoncino blindato che vende hotdog. Il commesso è un omone con il cranio lucido ed un braccio meccanico, che tiene a tracolla un fucile a pompa.
“Hotdog? Hamburger? Patatine?”
“No, ma ho sete. Ce l'hai una birra fresca?”
L'uomo annuisce, apre uno scompartimento sul banco e tira fuori una bottiglietta di vetro. Fisk fa saltare il tappo con il pollice ed assaggia la birra: è scura, gelata, con un vago sentore di caffè e cioccolato. Un'ottima stout. Il solitario guarda l'etichetta che dice “STEADY” in lettere dorate.
“Buona” dice, allungando al commesso cinque eurodollari “A proposito. Ci sono qui altri dieci sacchi per te se mi dai qualche informazione sugli abitanti del condominio sopra il Blue Wrapped Bar…”
Qualcosa passa negli occhi dell'uomo, che sorride
“No, grazie. Ci tengo alla pelle”
“Sono così pericolosi?”
“Non i bikers” risponde il commesso con un cenno del capo “Questo è un quartiere sicuro, è per questo mi sono spostato qui”
“E chi gestisce la sicurezza?” chiede Fisk, fingendo di cadere dalle nuvole
“I Ghost Thirteen. Io non li conosco, mi faccio i fatti miei”
L'uomo tace, vedendo avvicinarsi un adolescente magro e pallido, con numerosi piercing sulla faccia ed un revolver infilato nei jeans:
“Fammi un hotdog con tutto, e due birre” dice il ragazzino appoggiandosi al bancone e lanciando a Fisk un'occhiata strafottente. Il commesso prepara l'ordine e poi dà uno schiaffetto sulla mano che il cliente allunga per prendere l'hotdog, facendogli cenno di pagare. Il ragazzino sbuffa, tira fuori una banconota e se ne va con sacchetto con la sua ordinazione.
“Vedi? Se non fosse per i Ghost Thirteen quello stronzetto era capace di spararmi per avere il cibo gratis. Mi avrebbe rovinato il baracchino ed avrei dovuto farlo fuori… La gente avrebbe sentito gli spari e si sarebbe messa a sparare, magari qualcuno avrebbe cercato vendetta e avanti così. Invece qui tutti sanno come comportarsi” il commesso ghigna “Sembra quasi di stare ai piani alti”.
Dur fa scendere il drone per le quindici rampe di scale di cemento del palazzone. Non incontra anima viva, anche se dagli appartamenti intorno giungono attutiti rumori e voci degli occupanti. Nell'androne che si apre accanto al Blue Wrapped Bar ci sono un gruppetto di adolescenti che si riparano dalla pioggia: bevono birra, chiacchierano ed ascoltano musica dai loro cellulari.
“Propongo di aspettare che venga buio e poi andare a dare un'occhiata” dice il tecnico, guidando l'insetto meccanico attraverso il piazzale, che a quell'ora è semi deserto.
“L'idea è buona, ma dovremo aspettare almeno quattro ore!” si lamenta Penny “Perchè intanto non facciamo un salto in quel bar? Sono curiosa…”
“Meglio non farci vedere qui intorno” risponde Mark “E poi non voglio che tu entri in quel posto. È pericoloso”
Lei lo guarda, stupita da tanta animosità, e sta per dire qualcosa, quando il portellone laterale del furgone si apre e Fisk entra, asciugandosi la barba dalla pioggia. Scola l'ultimo sorso di birra e si lascia cadere sul sedile:
“Avete finito con il giro di ricognizione? Qui è meglio stare il meno possibile: il terreno scotta. A quanto pare l'intero quartiere è sotto il controllo dei Ghost Thirteen”
Dur, che ha recuperato il drone, mette in moto
“Allora leviamoci di qui”
“Che dite, andiamo a fare un massaggio ayurvedico, nel frattempo? Conosco un centro estetico al sesto livello che, per qualche spicciolo in più, riceve senza appuntamento…”
“Non se ne parla, miss Penny. Passiamo in azienda, prendo la moto e cerco di conciarmi come un motociclista. Anche Killex e il dottore dovranno darsi una sistemata se vogliono passare inosservati”.
La porta a vetri scheggiati del Blue Wrapped Bar si apre scampanellando: il tintinnio è coperto dalla musica elettronica che riempie il locale, ma molti clienti si voltano a guardare i nuovi arrivati. Sono un colosso con le braccia metalliche ed una ragazza piccola e bruna che attraversano la sala diretti al bancone. Lei indossa dei pantaloni di pelle molto aderenti e degli stivali stringati con altissimi tacchi che ne mettono in evidenza il sedere sfacciatamente alto e rotondo. Si sentono parecchi fischi ed uno degli avventori, chino sul vecchio tavolo da biliardo, rinuncia al colpo che sta per tirare; si raddrizza ed esclama, diretto al colosso:
“Sei un fortunato figlio di puttana, amico!”
Il fortunato figlio di puttana ringrazia con un sorriso che gli scopre i denti stretti intorno ad un sigaro e circonda con un braccio le spalle della ragazza. Dopo uno scoppio di risate generale, ognuno torna alla sua occupazione: bere, giocare a freccette o commentare i risultati della partita di football trasmessa dal grande schermo piatto che occupa quasi tutta la parete destra del locale. Il bancone del bar è in legno, coperto da una lastra di vetro e circondato da sgabelli traballanti. Dietro, con alle spalle una parete coperta di bottiglie, stanno due baristi: un giovane muscoloso ed un uomo calvo e tarchiato con una lunga barba nera. Improvvisamente dal fondo del locale si levano delle esclamazioni concitate ed un capannello di clienti si raccoglie intorno a due uomini che si spintonano a vicenda: cominciano a volare i pugni ed la baruffa rischia di trasformarsi in una rissa quando si sente esplodere un colpo di fucile. Tutti i clienti del bar si immobilizzano, scende il silenzio. I due contendenti vengono separati e spinti fuori dal locale; il barista più giovane rimette il fucile sotto al bancone con aria compiaciuta e si rivolge a Fisk e Penny:
“Cosa bevete?”
“Due alla spina, grazie”.
5 commenti:
@ Andrea: il barbone prostituto mi mancava... :S
Cercavo informazioni, non fornicazioni!
deve essere un dialetto dello sprawl che confonde i due termini, solitamente dopo che hai venduto le informazioni in un modo o nell'altro lo prendi a bottega XD
Lo sprawl diventa peggio di giorno in giorno. Ricordo ancora quando la gente si limitava ad ucciderti o incularti. Metaforicamente parlando
@MrMist: cosa non si fa per qualche dollaro... =P
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